Il libro è una autobiografia della vedova del commissario Luigi Calabresi ammazzato dai sicari di Lotta Continua nel 1972; incontrando l’autrice, ho detto pubblicamente che è riuscita a trasformare una tragedia in poesia. Ho seguito con attenzione e anche commozione le sue parole ed oggi ho letto il suo libro. Sotto il profilo umano emerge una donna fragile e forte ad un tempo che ha trovato nella fede il superamento di ogni odio sicuramente comprensibile in una persona che perdette il marito all’età di venticinque anni. La Signora Calabresi è mia coetanea ed è anche torinese di origine: la nostra memoria quasi coincide ed ho sentito un’attrazione sentimentale verso questa donna che è riuscita a vivere due matrimoni tanto diversi uno dall’altro. Io ho conosciuto il figlio Mario Calabresi in alcune occasioni. Venne anche al ricordo di Carlo Casalegno che tenni nel luogo in cui subì l’agguato mortale delle Br. Posso dire che la vedova di Carlo Casalegno, Dedi nutriva sentimenti molto diversi da quelli della Signora Calabresi e di suo figlio Mario. Così debbo dire anche di un mio carissimo amico, il maestro Massimo Coco, figlio del Procuratore Generale di Genova Francesco Coco freddato dai brigatisti con la sua scorta. Massimo Coco ha scritto un grande libro destinato ad entrare nella memorialistica del Novecento “Ricordare stanca“ che ho presentato in diverse occasioni in cui dice anche con chiarezza che lui non è disposto a perdonare perché gli assassini di suo padre non sono mai stati identificati. Gemma Calabresi ha cercato invece nel suo libro di identificarsi nella vita dei responsabili della morte di suo marito , pensando a gente che avrebbe potuto anche fare del bene oltre che del male. Nel libro si parla anche dei suoi incontri con il pentito Leonardo Marino e degli “esuli” francesi condannati per l’omicidio Calabresi che non hanno mai fatto un giorno di carcere per l’accoglienza loro accordata da Mitterand e confermata di recente dalle autorità d’Oltralpe. La sua comprensione della vedova Calabresi è sicuramente rispettabile ma poco condivisibile. Con la stesso metro avrebbe accordato fiducia anche al pluriomicida Battisti. Sofri il mandante, il capo supremo di “Lotta continua “è difficile da perdonare non fosse altro perché mandò allo sbaraglio tanti giovani in anni in cui bastava una parola per uccidere. Ho chiesto alla Signora Calabresi cosa pensasse del delirante ed infame manifesto pubblicato su L’Espresso “nel 1971 che raccolse 757 firme di intellettuali o sedicenti tali, il Gotha della cultura oltre che del culturame. Persone come Giorgio Amendola firmarono il manifesto insieme a Bobbio che si dissociò molto tardivamente. Natalia Ginzburg interrogata anni dopo disse: ”Non so cosa si vuole da me, non ho niente da dichiarare“ Il famoso critico Giulio Carlo Argan disse di “non ricordare nulla e di non volerne più parlare“. A suo tempo mi sorprese che una storica dell’arte torinese stimata Anna Maria Brizio fosse stata tra i promotori del manifesto insieme a Musatti, Paci e Salinari, quell’agguato di Via Rasella. Ho raccontato in articoli e in un libro come fosse stata carpita da Moravia a Mario Soldati la firma. La signora Calabresi ha minimizzato il significato dell’appello di quasi tutta la cultura italiana che armò la mano agli assassini del marito, dicendo che molte adesioni vennero ricavate dagli indirizzari di alcune associazioni. Può essere vero, come è vero quanto scrivo io per Soldati, ma solo in pochissimi si dissociarono dopo parecchi anni. Bobbio espresse orrore per il testo sottoscritto. Comprendo benissimo che armare la mano degli assassini con delle parole deliranti non equivalga ad ammazzare qualcuno , ma speravo che la signora Calabresi si sarebbe espressa in un altro modo – pur perdonando tutti -nei confronti del meglio e del peggio della cultura italiana di allora che giudicò duo marito un assassino con le mani sporche di sangue dell’anarchico Pinelli. Io non riesco a dimenticare l’infame manifesto e non posso non ricordare che Gianpaolo Pansa ed Emilio Papa, come Sandro Galante Garrone ed Alberto Asor Rosa rifiutarono la firma: rari nantes in gurgite vasto del conformismo e della violenza che sfociò nel terrorismo armato su cui l’ammazzamento di Calabresi fu il tragico inizio. Non a caso anni dopo Emilio Papa rischiò la vita accettando l’incarico di difensore d’ufficio delle BR dopo l’assassinio dell’Avv. Fulvio Croce.
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