Sfogliando l’opuscolo del mese di maggio del Circolo dei lettori di Torino, ho colto una chicca davvero significativa. Si tratta di un corsetto di storia della libertà e del liberalismo (!) in tre lezioni in cui si parla di Pericle accomunato in modo bizzarro ai maestri del liberalismo anglosassone: Hume, Locke, Smith, mentre tra i liberali francesi viene accolto insieme a Montesquieu, Diderot, Voltaire e Rousseau, che fu il maestro del giacobinismo illiberale e si ignora totalmente Tocqueville, il vero e unico ispiratore del pensiero liberal-democratico dopo il fallimento della Rivoluzione Francese. Molti dei nomi citati più che liberali erano illuministi ed anche molto diversi tra loro, come avrebbe detto Franco Venturi. Nel terzo incontro altra piccola follia si mettono i padri fondatori degli USA: Franklin, Washington, Jefferson, con Piero Gobetti, ignorando totalmente Cavour, Luigi Einaudi e Benedetto Croce, per non parlare di Popper e degli altri liberali austriaci. Se Nicola Matteucci avesse letto delle vere e proprie aberrazioni storiche così gravi si sarebbe rivoltato nella tomba. Il liberalismo non ha una Bibbia di riferimento ma tante scuole di pensiero che sono il pregio ed insieme la fragilità del liberalismo che, pur storicamente vincente sulle ideologie presuntuose ed assassine del secolo scorso, non riesce più ad esercitare un ruolo politico vero, perché relegato per ora solo in ambito culturale. Se poi in questo ambito non si chiamano gli studiosi ma i dilettanti, si fanno delle frittate davvero indigeste come quella proposta dal Circolo dei lettori di Torino. Possibile che nessuno si accorga che chiamare in causa Pericle rappresenti un anacronismo del tutto fuorviante non foss’altro perché – come diceva Constant, incredibile assente – esistono le libertà degli antichi e dei moderni? Pericle fu un democratico, secondo la visione di Aristotele, un mecenate delle arti, non un liberale; addirittura c’è chi, con termine altrettanto improprio, lo definisce un populista ante litteram. Cosa c’entri Gobetti con i fondatori degli Stati Uniti è un altro dei quesiti che si impongono. Gobetti stesso fu solo in parte un liberale perché finì di subire il fascino gramsciano e di vedere nella Rivoluzione russa un che di liberale. Il suo pensiero è quello di un giovane, è un pensiero in nuce che può rappresentare se non marginalmente il liberalismo. Ignorare Popper, invece, che ha ridato vita al liberalismo contemporaneo, identificandolo con l’antitotalitarismo, appare un infortunio di notevole gravità. Non voglio infierire ma credo di dover dire che sarebbe bene che ciascuno si limitasse a fare il suo mestiere: la storia delle dottrine politiche è una scienza e non può diventare un trastullo domenicale.
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