E così sia. Dio salvi la regina. E possibilmente anche i sudditi. Ma soprattutto salvi i tabloid, i media, le trasmissioni del pomeriggio … tutto quel carrozzone di intrattenimento gossiparo che la monarchia inglese ha alimentato negli ultimi cinquant’anni. Chissà se i sudditi di sua maestà e gli hooligans degli stadi si abitueranno mai a cantare ‘God save the king’… La regina è sempre esistita, difficile da sostituire financo nell’inno. Anche perché ‘the queen’ è musicalmente più dolce, preferibile. Ma sì che si abitueranno, tutti ci abitueremo, the show must go on, basterà una campagna mediatica ben orchestrata e l’opinione pubblica accetterà di buon grado il nuovo re, la consorte, l’ordine costituito, i tempi delle gerarchie ereditarie, ecc. … chi avrà la scena avrà ragione mentre chi sarà lontano dai riflettori avrà torto. Chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato. Sono le regole dello showbiz e della royal family. Politicamente occorre osservare che Queen Elizabeth non ha lasciato un segno pari alla durata interminabile del suo regno, e neppure lontanamente paragonabile, per dirne una, a quello lasciato dalla sua omonima di fine Cinquecento, la regina vergine. Altri tempi si dirà, adesso l’ordinamento inglese è l’esempio universale delle monarchie costituzionali, democratiche. Vero, rimane il fatto che Elisabetta non si è mai fatta carico di responsabilità politiche e con imparzialità notarile ha sempre preso atto nelle investiture dei Premier dei risultati elettorali. Mai si è intromessa nelle decisioni politiche, nelle scelte degli innumerevoli governi guidati dal numero 10 di Downing Street. Ha sempre rispettato i suoi doveri formali di simbolo dell’identità britannica, con attenzione e dedizione, attraversando con dignità i decenni della decadenza dell’Impero. E si è dovuta occupare della famiglia, forse suo malgrado. Perché problemi famigliari ne ha avuti non pochi, parecchi anche definibili come ‘rogne’. E ha dovuto farlo sotto i riflettori, con una famiglia nella quale (come in molte casate regnanti di oggi e di ieri) nessuno pensava al bene comune e ognuno andava per conto proprio, creando problemi a ripetizione. Elisabetta II non è riuscita a prevenire queste situazioni. Le ha sempre tamponate alla meno peggio, con la forza del proprio carattere e con quella della tradizione istituzionale. E così sono state via via superate le intemperanze di Filippo, di Anna, di Carlo, di Diana, di Sarah, di Harry, di Andrea. Gli strascichi e i danni di immagine e prestigio a carico dell’istituzione monarchica inglese sono difficilmente valutabili in questo momento. Rimane l’eco di una vita spesa tra Windsor, Balmoral, cani, cavalli, viaggi internazionali. Forse, ma solo forse, in Inghilterra come altrove, c’è chi si chiede in queste ore quanto è obsoleta una istituzione di questo tipo.
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