Tra i tanti personaggi che soggiornarono sul lago Maggiore uno dei più importanti, tra gli uomini di lettere e di cultura, fu senz’altro Ernest Hemingway, Nobel per la letteratura nel 1954 e indimenticato autore de “Il vecchio e il mare”. Hemingway venne più volte in Italia e proprio sulle sponde del Verbano ambientò la parte finale del romanzo “Addio alle armi“, in cui racconta l’esperienza della prima guerra mondiale e l’amore per l’infermiera Agnes Hanna von Kurowsky. Il giovane protagonista del romanzo, il tenente Frederic Henry, dopo Caporetto fuggì dal fronte e raggiunse a Stresa Catherine, la donna che amava e dalla quale aspettava un figlio. Alloggiarono al Grand Hotel des Iles Borromées, dove era arrivato in carrozza (“L’ albergo era molto lussuoso. Percorsi i lunghi corridoi, scesi le ampie scale, attraversai i saloni fino al bar. Conoscevo il barman e mi sedetti su un alto sgabello e mangiai mandorle salate e patatine. Il Martini era fresco e pulito”). Hemingway trasmise la sua passione per la pesca al protagonista del romanzo, immaginandolo mentre s’avventurava sul lago in compagnia del barman: “Io remavo mentre il barman sedeva a poppa e lanciava la lenza con un’esca a cucchiaino e con un peso al fondo per pescare le trote del lagoRemai verso l’Isola Bella e mi avvicinavo ai muraglioni, dove l’acqua diventava improvvisamente più fonda e si vedeva il muro di roccia scendere obliquo nell’acqua, e poi risalii verso l’Isola dei Pescatori, dove c’erano barche tirate in secco e uomini che rammendavano reti “. Frederic e Catherine, nel racconto, furono costretti ad abbandonare l’Italia poiché la polizia militare era sulle tracce del giovane, con l’intento di arrestarlo per diserzione. Decisero così di riparare in Svizzera. Partirono di notte in barca nonostante la pioggia, che per fortuna cessò. “Non pioveva più e il vento respinse le nuvole finché apparve la luna e guardando indietro vidi la punta nera della Castagnola ( a Pallanza, ndr) e il lago con frangenti bianchi e più in là la luna sulle alte montagne di neve“. Dopo alcune ore arrivarono a Brissago, località svizzera del Canton Ticino, sulla sponda destra del Verbano, appena varcato il confine con l’Italia. “Era un villaggio simpatico. C’erano molte barche da pesca lungo la banchina e reti stese sui rastrellieri..Spinsi forte sul remo sinistro e mi avvicinai. Poi mi raddrizzai quando fummo vicino alla banchina e portai la barca ben aderente al muro. Rientrai i remi, afferrai un anello di ferro, scesi sulla pietra bagnata ed ero in Svizzera“. “Addio alle armi” (A Farewell to Arms) venne pubblicato nel 1929. La storia narrata si basava, almeno in parte, sulle esperienze personali dello scrittore che negli ultimi mesi della prima guerra mondiale aveva prestato servizio come conducente di ambulanze nella Croce Rossa Americana ed era stato ferito nella notte dell’8 luglio 1918 nell’ansa del Piave al Buso Burato di Fossalta, colpito dalle schegge causate dall’esplosione di una bombarda austriaca. La storia d’amore e di guerra si svolge prima di quell’episodio autobiografico, durante e dopo la dodicesima battaglia dell’Isonzo. Il romanzo non poté essere pubblicato in Italia fino al 1948 perché ritenuto dal regime fascista lesivo dell’onore delle Forze Armate sia per la descrizione della disfatta dell’esercito italiano, sia per una certa vena antimilitarista sottointesa nell’opera. In realtà la traduzione italiana era stata già scritta clandestinamente nel 1943 da Fernanda Pivano, che per questo motivo fu arrestata a Torino. Ernest Hemingway ritornò al Grand Hotel des Iles Borromées di Stresa trent’ anni dopo, nell’ ottobre del 1948 e lasciò scritto sul libro delle firme di essere “An old client”, un vecchio cliente.