1932 -2022: ricorrono i novant’anni dalla spaventosa carestia provocata che causò sette milioni di morti
«Il più colossale e impressionante occultamento della storia contemporanea».
La commemorazione, in tutto il mondo, sarà sabato 26 novembre.
Holodomor è un termine di difficile traduzione, che può ricondursi a “sterminio per fame”: perché quella che nei primi anni ’30 del Novecento colpì l’Ucraina non fu una semplice carestia. Ricerche di storici scrupolosi come R. Conquest e N. Werth, ma pure di italiani (E. Cinnella, A. Graziosi, F. Argentieri), hanno fatto emergere gli elementi qualificanti di questo colossale crimine. Non solo non fu per cause naturali ma neppure per sole inefficienze o negligenze: fu una carestia pianificata. È stato genocidio di classe, per schiacciare i contadini indipendenti, riducendo tutti a salariati (fucilazioni o deportazioni per chi si opponeva). Ed è stato anche, per l’Ucraina, genocidio nazionale, per la contestuale repressione degli intellettuali e delle chiese, ortodossa e cattolica. Una tragedia che ci interpella come europei e come italiani: perché per tanti decenni questa ignoranza e misconoscimento? Le cose si potevano sapere ma c’è stata reticenza: col negazionismo fin che si è potuto, poi con il riduzionismo (negando l’entità numerica del disastro), infine con il giustificazionismo (“ma era per un bene superiore…”).
Difficile, in questo tempo di abbondanza alimentare, pensare alla fame. Una fame che fa diventare pazzi, che trasforma gli uomini in bestie.
da Tutto scorre di Vasilij Grossman
«Dapprima la fame scaccia di casa, perché in un primo tempo ti brucia, ti strazia come il fuoco, ti strappa le budella e l’anima – allora l’uomo scappa di casa. La gente estrae i vermi dalla terra, raccoglie l’erba; hai ben visto, fino a Kiev strariparono. Tutti si allontanano da casa, se ne vanno tutti. Ma poi arriva il giorno che l’affamato torna indietro, trascinandosi alla sua capanna. Questo significa che la fame lo ha sopraffatto, ormai quell’uomo non si salva più: si mette a letto e là giace. Una volta che la fame lo ha sopraffatto, quell’uomo non lo rialzi più, non solo perché non ne ha la forza: è che gli manca l’interesse, non ha più voglia di vivere; sta lì steso, zitto zitto, e non si muove, e non ti venga in mente di toccarlo. L’affamato non vuole mangiare, piscia ogni momento, ha la diarrea; diventa sonnolento, non vuole essere disturbato: vuole che lo lascino in pace. Così distesi si avviano alla morte. […] A certi invece dava di volta il cervello, non si calmavano fino alla fine. Li riconoscevi dagli occhi, lucidi. Erano loro quelli che facevano a pezzi i morti e li cuocevano, uccidevano i propri figli e li mangiavano. Si risvegliava in loro la belva, quando l’uomo moriva in loro. Ho veduto una donna, l’avevano portata sotto scorta al centro distrettuale. Il suo viso era di un essere umano, ma aveva gli occhi di un lupo. Dicono che questi li han fucilati tutti quanti. Ma non erano loro i colpevoli, colpevoli erano quelli che riducevano una madre al punto di mangiare i propri figli. Ma credi che si trovasse, il colpevole? Hai voglia a cercarlo… è per fare il bene, il bene dell’umanità che loro hanno ridotto le madri a quel punto».
«UNO STATO CONTRO IL SUO POPOLO» N. Werth
Urss 1929, la collettivizzazione forzata delle campagne: i contadini dovevano rinunciare alla proprietà e conferire tutte le terre con il bestiame e gli attrezzi alle cooperative (kolchoz). “Liquidare i kulaki come classe”. Chi erano i kulaki? Per essere classificati come kulaki bastava «l’utilizzo di un operaio agricolo per una parte dell’anno, il possesso di macchine agricole un poco più perfezionate del semplice aratro, di due cavalli e quattro mucche» (N. Werth); in pratica da noi sarebbero i “coltivatori diretti”. Dapprima un’opprimente tassazione, poi l’esproprio delle terre, poi la deportazione; e la fucilazione per chi si opponeva. Ci furono estese ribellioni, molto bestiame fu macellato dagli stessi contadini. Lo Stato continuava a chiedere grano che non c’era, basandosi su stime completamente inventate a tavolino. Così che le continue e sempre maggiori requisizioni di frumento per l’esportazione, unite alla repressione (milioni di deportati, decine di migliaia di fucilati) che prevedeva la pena di morte per chi occultava anche modeste quantità, precipitarono la campagna ucraina in una gravissima carestia, aggravata poi da ulteriori richieste, impossibili da soddisfare, che provenivano dal governo sovietico. Nonostante i dirigenti del partito bolscevico ucraino avessero esplicitamente segnalato che erano eccessive e irrealizzabili, le quote furono comunque rese obbligatorie. E quando i dirigenti ucraini fecero notare la situazione di carestia, insomma la verità venne fatta conoscere, le requisizioni continuarono. Nelle città vennero distribuite razioni di pane ma nei villaggi no. Furono dati ordini di impedire ai contadini l’ingresso nelle città e di espellerli qualora vi fossero entrati. E furono dati ordini di impedire che generi alimentari, pur se ottenuti legalmente, fossero portati in Ucraina».
SETTE MILIONI
Tra il 1932 e il 1933 la carestia causò nella sola Ucraina cinque milioni di morti e due milioni in altre regioni dell’Urss: Caucaso settentrionale, Kuban, Basso-medio Volga, Kazakistan. I resoconti delle testimonianze non lasciano alcun dubbio: le guardie bolsceviche sorvegliavano le campagne, ai giornalisti europei e americani veniva negato il visto per transitare nella regione; i centri diplomatici, tuttavia, inviarono ai rispettivi paesi rapporti anche dettagliati sulle gravissime condizioni dell’Ucraina. L’originalità dello Holodomor sta in questo: «l’uso sistematico dell’arma della fame» (S. Courtois). Ma perché questo accanimento? «Poiché tenevano in pugno le scorte alimentari, i contadini rappresentavano, pur in modo primitivo e spontaneo, un centro di potere distinto e indipendente. (…) Con la collettivizzazione venne annientata questa indipendenza economica dei contadini e venne garantito il controllo assoluto dello Stato sulla campagna». (J. Barrington Moore). Per la dirigenza sovietica si trattava di una guerra, una guerra contro il mondo delle campagne e la sua cultura. Rivelatore quanto disse il secondo segretario del Partito per l’Ucraina, Kathayevich: «Fu la prova: la nostra forza [contro] la loro capacità di resistenza. C’era voluta la carestia per far loro capire chi era il padrone. Il costo è stato di milioni di vite umane, ma il sistema delle fattorie collettive ha resistito. Abbiamo vinto la guerra». Sì, «Uno Stato contro il suo popolo».
PORTATI A VALICARE LA SOGLIA DELL’UMANO: MANGIARE I PROPRI SIMILI.
Questa “carestia terroristica” trascinò nell’orrore, prima che alla morte, una terra fra le più floride. Un po’ di fumo che esce da un camino, quando si alzava un filo di fumo da una casa, era prova inequivocabile dell’orrore ultimo e assoluto: i contadini impazziti per la fame si riducevano a cucinare i loro simili. Ecco cos’è stata la carestia che oggi si ricorda, il momento in cui gli uomini, non solo sono stati privati della libertà o uccisi, ma in cui sono stati portati a valicare la soglia dell’umano.
LA VERITA’ SI POTEVA SAPERE
Malcom Muggeridge, del “Manchester Guardian” inviò articoli in forma anonima, attraverso corriere diplomatico. Ancor meglio fece Gareth Jones, coraggioso reporter gallese, che percorse in incognito, in treno e a piedi, le zone interdette; appena uscito tenne una conferenza stampa a Berlino: «Ho attraversato molti villaggi e dodici fattorie collettive. Ovunque c’era il grido: “Non c’è pane. Stiamo morendo …ditelo all’Inghilterra”. Il console italiano a Kharkhov e poi a Kiev, Sergio Gradenigo inviò rapporti dettagliati su ciascuna fase della carestia. Così pure fece il console tedesco Karl Walther. Arthur Koestler, George Orwell, Viktor Kravčenko, Vassilij Grossmann, nelle loro opere parlano della tragedia ucraina. Tuttavia, anche per ragioni di equilibri internazionali, un silenzio generale coprì la vicenda per molti decenni.
MOLTI ANNI DOPO: L’EMERSIONE DELLA VERITA’. IL RISARCIMENTO MORALE
L’opera più autorevole e completa sulla carestia organizzata del 1932-33 è quella dello storico anglo-statunitense Robert Conquest, frutto di un lavoro di ricerca che richiese otto anni (1979 – 1986): The Harvest of Sorrow (Raccolto di dolore). Ma il pubblico italiano ha dovuto aspettare molto per poterlo leggere. La casa editrice che ne acquistò i diritti per l’Italia (così impedendo che altri lo pubblicassero), sembra a causa di sopraggiunte difficoltà di bilancio, non lo fece mai uscire. Solo 18 anni dopo, la Fondazione Liberal poté darlo alle stampe. E in Italia, a tutt’oggi, è ancora insufficiente e ambigua la trattazione della vicenda che troviamo sui manuali di storia dei nostri licei. Nel 1984 il presidente degli Stati Uniti R. Reagan chiede al Congresso una Commissione bicamerale di studio. La Commissione lavora cinque anni e termina con la pubblicazione di tre volumi di testimonianze di sopravvissuti. Finalmente, nel 2008 il parlamento dell’Ucraina e diciannove nazioni indipendenti hanno riconosciuto le azioni del governo sovietico come atti di genocidio. In Ucraina si è deciso di commemorare ufficialmente lo Holodomor ogni anno il quarto sabato del mese di novembre.
SABATO 26 NOVEMBRE: NON LASCIAMO SOLI GLI UCRAINI A COMMEMORARE
La ricorrenza è una opportunità per aiutare gli italiani a conoscere meglio la storia di quel paese.Come dice lo storico A. Graziosi, lo Holodomor è l’evento identitario su cui si fonda la legittimazione dello stato ucraino: ciò che sono per noi il Risorgimento e la Resistenza.
Bibliografia minima.
R. Conquest, Raccolto di dolore, Liberal edizioni, 2004.
E. Cinnella, Ucraina, il genocidio dimenticato, Della Porta, 2015
A cura di A. Graziosi, Lettere da Kharkov – La carestia in Ucraina e nel Caucaso del Nord nei rapporti dei diplomatici italiani 1932-33, Einaudi, 1991.