L’edizione nazionale degli scritti di Giuseppe Mazzini (Scritti editi e inediti di Giuseppe Mazzini s’intitola, appunto) consta di ben 106 volumi pubblicati dalla Cooperativa Tipografico-Editrice Paolo Galeati di Imola, prima  tra il 1906 ed il 1943 e poi tra il 1965 ed il 1998. Sono sicuramente pochi gli studiosi che hanno letto e studiato tutti i volumi, men che meno li hanno letti tutti quei mazziniani di Romagna che ho frequentato nel corso della mia attività politica e che tenevano al posto d’onore nelle loro case, spesso modeste, l’intera serie. Essa era non di rado conservata anche nei circoli repubblicani sparsi tra Ravennate e Forlivese, dove quella frazione della classe popolare, sanguigna ma sicuramente non ottusa, che li frequentava, opponeva alla predicazione marxista il Verbo (così, frequentemente, veniva definito…) dell’Apostolo dell’Unità. A chi volesse avvicinarsi al pensiero mazziniano non si potrà certo indicare quella pregiata e meritoria edizione, bisognerà pure fornirgli qualcosa di più immediatamente accessibile e questo è rappresentato dal libro Doveri dell’Uomo, pubblicato a Lugano con la falsa indicazione di Londra nel 1860, ossia 160 anni fa. Il libro rappresenta la sintesi, la quintessenza, oserei dire, mutuando la definizione dal linguaggio ermetico-alchemico poi passato alla scienza moderna, del pensiero mazziniano. Nello stesso anno 1860, in autunno, ne uscì a Napoli una seconda edizione. Terenzio Grandi ne riscoprì una terza edizione nel 1860, probabilmente milanese, che fu una sorta di edizione “pirata”, rimasta probabilmente sconosciuta allo stesso Mazzini, così come l’edizione sicuramente milanese del 1868 (e mi riferisco solo a queste due perché pubblicate quando l’Apostolo era ancora vivente). Ora è disponibile presso vari editori, sia in forma cartacea sia in forma di libro elettronico (io stesso ne curai un’edizione del genere per la casa editrice flower-ed, www.flower-ed.it ). Si tratta di un libro “politicamente scorretto” sin dal titolo e dalla dedica, quest’ultima agli operai italiani, un libro quindi non scritto per i cosiddetti “signori”, come allora si usava (gli unici che fossero sicuramente in grado di leggere e scrivere, stante la diffusione dell’analfabetismo), ma per le classi più umili del popolo. Che poi si parlasse di “Doveri dell’Uomo”, quando dal 1789 era fatto obbligo ad ogni demagogo di porre l’accento solo ed esclusivamente sui “Diritti”, questo era davvero un atteggiamento rivoluzionario ed anticonformista. Vi è da dire che il Risorgimento non prese mai come riferimento ideologico la Rivoluzione Francese (che venne, anzi, molto criticata, non solo dal Mazzini), né si ritenne in qualsivoglia maniera erede di quelle che, peraltro impropriamente, vengono definite come “repubbliche giacobine”, ossia quegli organismi statali sorti in Italia in seguito all’invasione francese. Va da sé che il 1789 rappresenta, più di tante altre date, un vero e proprio spartiacque storico, poiché fu la rivoluzione francese ad introdurre prepotentemente nella lotta politica il concetto di Nazione, senza il quale non sarebbe mai potuto nascere il movimento per l’unità nazionale italiana (né qualsiasi altro movimento per l’unità nazionale modernamente inteso). Ma i profeti del Risorgimento, forse perché non ancora adeguatamente istruiti dagli studiosi venuti dopo, sembravano non  curarsi molto di ciò…  Poi, da subito, quasi a guisa di biglietto da visita, Mazzini, dopo aver parlato dei Doveri, vuole parlare di cose che definisce “sante”, ossia Dio, l’Umanità, la Patria e la Famiglia: da rivoluzionario difende convintamente quei valori eterni che gli stolti hanno sempre attribuito ai conservatori! Se questo non significa voler far saltare il banco a tutti i costi… Ed il primo capitolo dell’opera, subito dopo l’introduzione, parla di Dio. Per Mazzini, che definisce degni di compianto gli atei, l’ordine dell’Universo è la prima prova dell’esistenza di Dio. Cielo e Terra sono una cosa sola, solo un Popolo che crede in Dio potrà vincere la lotta per l’unità nazionale. La dimensione verticale dell’esistenza, quindi, caratterizza il pensiero mazziniano, una concezione religiosa della vita intensamente sentita, quella stessa concezione religiosa che diede a molti suoi seguaci la forza di compiere imprese all’apparenza impossibili, la forza di affrontare con serenità, se non con il sorriso sulle labbra, l’ergastolo, il patibolo, il plotone d’esecuzione. Mazzini, a differenza di Garibaldi, non appartiene alla cultura anticlericale, benché le sue concezioni religiose difficilmente riescano ad incastrarsi negli schemi, sovente angusti, che ci presentano i teologi delle varie religioni rivelate. Mazzini ebbe una sorella suora che trattò sempre con profondo rispetto, la fede in Dio non lo abbandonò mai, neppure nei momenti più cupi della vita (e quanti ne ebbe!) ed in tutta la sua opera non si potrà trovare un rigo che possa suonare irriverente (men che meno blasfemo!) nei confronti del messaggio spirituale di qualsivoglia confessione religiosa. E’ stato per questo deriso dai materialisti e da chi crede che il cuore sia soltanto un muscolo, ma lui rimase coerente con quanto credeva e testimoniava. Combatté anche l’individualismo moderno, foriero di danni materiali e morali, se portato oltre il segno. L’Associazione era per lui il rimedio per combattere gli eccessi dell’individualismo e la Patria era ciò che faceva da tramite tra l’individuo e l’Umanità. La Patria italiana (uso le maiuscole proprio perché usate dal Mazzini stesso) era la meglio definita d’Europa, quindi Mazzini ribaltava il senso della definizione metternichiana di Italia quale “espressione geografica”. Proprio perché con confini geografici così ben definiti, l’Italia poteva trasformarsi in “espressione politica”. Nizza e la Corsica devono indubitabilmente far parte dell’Italia e nei Doveri indicherà come confine orientale d’Italia l’Isonzo, mentre almeno dal 1866 rivendicherà anche il possesso dell’Istria. Ma la Patria non deve essere solo un territorio, il patriottismo di Mazzini non è materialista, non si riduce al “sangue e suolo” tipico di certi nazionalismi nordici. No, la Patria è un sentimento d’amore e di comunione che sul quel territorio sorge. E l’Italia deve guardare a Roma per compiere una nuova missione civilizzatrice, la terza grande missione civilizzatrice dopo quelle compiute dalla Roma classica e dalla Roma cristiana: la Roma del Popolo (questo sarà anche il titolo del suo ultimo giornale) avrà il compito di creare l’Unità morale d’Europa. Dopo Dio e la Patria viene la Famiglia, definita la Patria del core, destinata a durare anche quando, forse, la Patria politica potrà sparire, fusa nell’Umanità unita. E la Donna svolge nella Famiglia ruolo fondamentale, per questo nobilissimo ruolo la Donna non deve essere trattata come un essere inferiore, concetto tipico delle civiltà semitiche e derivato al cristianesimo dalla Bibbia mosaica, secondo cui Dio avrebbe creato l’uomo e da esso la donna. No, secondo Mazzini, Dio creò l’Umanità che si manifesta nella donna e nell’uomo, uguali nella vita civile e politica. Nel pensiero mazziniano si trovano già risolti tutti i problemi posti dal femminismo (che anche tante corbellerie, mi sia lecito l’affermarlo, ha voluto spacciare per verità, rendendo la donna una scimmiottatura dell’uomo, magari nei suoi aspetti peggiori, invece di esaltare la divina e naturale complementarietà tra i sessi). E l’idea di società del Mazzini ha come modello proprio la famiglia, per questo predicò non la lotta di classe, bensì la collaborazione tra le classi e combatté Marx sin dagli inizi, prima ancora che il filosofo di Treviri pubblicasse il suo famoso Manifesto del Partito Comunista. Sia il liberismo sfrenato sia il comunismo portano alla tirannia e l’unione del capitale e del lavoro nelle stesse mani sarebbe l’ideale economico mazziniano. Proprio per questo molti vedono in Mazzini un grande teorico del pensiero cooperativistico e, mi si perdoni se mi cito, il 16 marzo 2011 io iniziai nella mia città, Bolzano, i festeggiamenti per il 150° dell’Unità Nazionale parlando del pensiero economico di Mazzini presso la sede di un’organizzazione di cooperative e le conclusi esattamente un anno dopo, parlando sullo stesso tema, presso la sede di altra analoga organizzazione. Non ho ritenuto le coincidenze prive di significato. Leggere i Doveri oggi ce li fa trovare più freschi e attuali che mai, anche se un secolo e mezzo è passato da quando la tipografia luganese (non si sa bene quale sia stata di preciso) fece uscire dai torchi la prima copia dell’opera. Viviamo in un’epoca di grande confusione, morale e spirituale, soprattutto, non solo materiale e ritengo che, finita la pandemia, troveremo la situazione peggiorata da ogni punto di vista, mi auguro francamente di sbagliare. L’individualismo sfrenato, il relativismo etico, il liberismo confuso con la libertà di ammazzare il proprio simile impunemente in nome del dio denaro, l’egoismo elevato a virtù e tante altre brutte cose che sono sotto gli occhi letteralmente di tutti in questo mondo divenuto davvero un “villaggio globale”, hanno scosso molte certezze. Sovente le risposte alle domande che la globalizzazione ci pone, sono davvero difficili da dare e difficile è anche sapere qual è la direzione giusta da imboccare. Un grande aiuto ci può venire dalla lettura di questo libretto scritto da un protagonista della storia italiana ed europea del XIX secolo, da un profeta (profeta del Terzo Millennio lo definì il mio grande amico Angelo Sofia, studioso del Risorgimento siciliano, il quale ha lasciato un manoscritto inedito dallo stesso titolo che vorrei pubblicare o l’anno prossimo, centenario della nascita di Angelo, o l’anno successivo, 150° della morte di Mazzini), da un maestro spirituale che l’Italia non ha ancora riconosciuto come tale, il cui corpo riposa nel cimitero genovese di Staglieno, ma il cui spirito è ancora vivo e può donare forza a chi voglia effettivamente combattere per un mondo migliore.