Il 23 luglio 1844 la corte marziale borbonica di Cosenza pronuncia – dopo un processo sommario svoltosi in tre sole udienze, fra il 15 ed il 23 maggio – la sentenza di morte contro Attilio ed Emilio Bandiera, i due ufficiali della Marina austriaca impegnati, con altri sette compagni e in una desolata solitudine, nella generosa e disperata impresa di provocare l’insurrezione del Mezzogiorno, muovendo appunto dalle coste della Calabria. Un processo segnato, ma un’altissima testimonianza di fede patriottica che andava al di là del sacrifico della vita. Torna in mente il breve passo del primo interrogatorio cui era stato sottoposto Emilio:
D. Come vi chiamate?
R. Emilio Bandiera.
D. Siete barone?
R. Non me ne curo.
D. D’onde siete?
R. D’Italia.
D. Ma di che parte?
R. D’Italia.
D. Ma dove nato?
R. In Italia
Le risposte di Emilio Bandiera dimostrano in maniera chiara e inequivocabile che per i due fratelli esisteva una sola patria, una sola Italia: Italia senza distinzioni, senza confini interni, Italia idealmente unita secondo la religione di Mazzini, creatore di una patriottica società “GIOVINE ITALIA”. La maturazione delle idee di libertà e di riscatto non venne certo in famiglia per i due fratelli Bandiera. Il padre, il barone Francesco, contrammiraglio della Imperiale e Regia Marina Veneta, si era distinto nel 1831, per avere catturato i patrioti che fuggivano da Ancona dopo la capitolazione. Fu proprio durante un viaggio a bordo di una corvetta imperiale, intorno al 1835, che il maggiore dei due fratelli, Attilio, conobbe a New York Pietro Maroncelli, il futuro martire dello Spielberg, che ebbe un ruolo di rilievo nella maturazione di quelle idee. Fin dal 1839 i due fratelli, affiliati alla società segreta Esperia, furono impegnati nell’attività di propaganda delle idee patriottiche e liberali e prepararono un moto carbonaro in Calabria, destinato al pieno insuccesso secondo il parere di Giuseppe Mazzini. Soli, con un pugno di amici, un gruppo di eroi, il dramma si consuma. Le sorti e l’esito sono scontati prima ancora della partenza, nella notte dal 12 al 13 giugno 1844, da Corfù a bordo del trabaccolo San Spiridione. Sbarcati e abbandonati la sera del 16 alle foci del fiume Neto, vicino Crotone. Un tentativo di guerra per bande noto sia alla polizia austriaca sia a quella borbonica, definitivamente compromesso dal delatore Boccheciampe. Fino alla cattura dell’intera banda, il 19, nel territorio di San Giovanni in Fiore; la banda assalita dalle truppe e dai contadini; fino al processo, fino alla fucilazione nel vallone di Rovito, il 25 luglio. La grandezza dei fratelli Bandiera sta nella serenità fino in fondo conservata, nella certezza di un dovere che così e solo così andava compiuto, il quel grido estremo ”Viva l’Italia”. È la grandezza di un generoso e appassionato amore per la libertà, per l’indipendenza, l’unità, per quella certa idea dell’Italia che dal Risorgimento arriva intatta fino a noi. Il Mazzinianesimo diventa, coi fratelli Bandiera, leggenda popolare. Esce dal clima delle congiure e delle macchinazioni per entrare in quello dell’epopea. Senza la fallita spedizione di Calabria, non avremmo avuto, sedici anni dopo la vittoriosa spedizione di Mille. Pellegrini all’insegna del tricolore: questi furono i fratelli Attilio ed Emilio Bandiera, stroncati in giovane età dal piombo borbonico. Nelle originali vesti di pellegrini li ha presentati il Prof. Giovanni Sole, docente di Antropologia all’Università di Calabria, parlando a S. Giovanni in Fiore in un convegno di storia risorgimentale. Secondo la tesi del Prof. Sole “si può ben dire che l’azione dei due patrioti veneziani era si diretta a salvare la Patria, ma che essi, consci di affrontare un’impresa certamente destinata al fallimento, volessero in astratto (o meglio in chiave religiosa) dar prova di un sentimento d’amore per l’Italia. In ciò si comportavano come quei pellegrini che si mettono in cammino verso un luogo santo per ottenere l’aiuto divino nella realizzazione di qualcosa in cui credono. Sicché potremmo paragonare la foce del Neto nello Ionio (dove sbarcarono provenendo da Corfù) a Santiago de Compostela in Galizia o a Czestochowa in Polonia”. I fratelli Bandiera cercavano il sacrifico che servisse da esempio per imprese più meditate. Lo stesso Mazzini, che pure li aveva sconsigliati ad intraprendere quel viaggio, proclamava poi, in loro onore, che il “martirio non è sterile mai” e continuava dicendo che il sacrificio “per un’idea è la più alta formula che l’Io umano possa raggiungere ad esprimere la propria missione”. In questa nuova prospettiva i moti d’indipendenza falliti o sfortunati non sarebbero più tali, ma, al contrario, risulterebbero riusciti perché animati principalmente da uno spirito sacrificale ed altamente religioso.