Tra la frazioni di Orta San Giulio spicca, per pace e bellezza, Corconio, arroccata sulle pendici che sovrastano il borgo, appena dopo Legro. Qui, tra il 1934 e il 1936, i due Marii, Soldati e Bonfantini, si autoesiliarono, alla ricerca di un luogo che potesse rigenerarli in un momento difficile. In un racconto apparso su Lo Strona, 1/1979, Soldati scrisse che Corconio offrì “quell’autoconfino rigeneratore, quel delizioso paradiso perduto e ritrovato che accogliendo lui e me, Mario il vecchio e Mario il giovane, ci salvò in extremis da strazianti, estenuanti, storte vicende sentimentali e restituì all’uno e all’altro il suo vero se stesso”.
Mario Soldati vi giunse a seguito di una serie di sfortunate vicende lavorative; aveva infatti scritto la sceneggiatura di Acciaio, da un soggetto di Luigi Pirandello, ma il film si rivelò un vero insuccesso, rendendolo peraltro sospetto agli occhi del Regime. Decise così di andarsene da Roma e, dopo essere arrivato a Novara da Bonfantini, con lui, in bicicletta si spostò a Corconio. Sempre nel racconto citato si legge: “Verso i primi di settembre del 1934 mi trovavo a Nizza, più morto che vivo. Cercai rifugio una notte a Juan-Les-Pines, da Giacomo, che era ugualmente amico a Mario e me. Il giorno dopo partii per Novara. Mario sapeva ogni cosa. Avvertito adesso da un telegramma, mi aveva preparato una sistemazione provvisoria. Alloggiai per tutto il mese in un piccolo albergo del centro. Prendevo i pasti in casa Bonfantini, via XX Settembre 6, con Mario e con i suoi, il papà, la mamma, la sorella Vera, i tre fratelli Corrado, Sergio, Cino. E quello straordinario calore famigliare, l’allegria, l’intelligenza, la generosità di tutti loro insieme rapidamente mi rimisero al mondo. Proprio in quegli stessi giorni anche Mario, come me, era riuscito a troncare una relazione che altrimenti sarebbe stata catastrofica. La ragazza viveva a Novara e lui perciò aveva deciso di allontanarsi. Una casa editrice di Firenze gli aveva promesso di assumerlo, ma purtroppo non si sapeva per quando, e il suo lavoro, intanto, era sempre a Novara, lezioni private. Non iscritto al partito, non poteva insegnare nelle scuole, neanche come supplente. Quanto a me, da mesi avevo perso il mio impiego alla Cines, lasciato Roma, pressoché consumato gli ultimi risparmi: il solo modo, ormai, per risolvere la crisi, era quello di ritirarmi in qualche posticino di campagna dove mi fosse stato possibile vivere coi pochi soldi dei pochi articoli che riuscivo a collocare. Nell’attesa di essere chiamato a Firenze – si parlava di febbraio, di marzo – Mario allora pensò di rinunciare alle lezioni, intaccare a sua volta i modesti risparmi, e ritirarsi con me in un villaggio sul Vergante del Lago Maggiore o sul Vergante del Lago d’Orta: una camera a due letti sarebbe andata benissimo, così avremmo speso meno. Per uno di quei fortunati sincronismi che a volte decidono di un’intera vita, i nostri due destini coincidevano: non restava che partire”. Nel 1935, sul lago, Soldati scrisse America primo amore, rielaborazione delle esperienze vissute in America tra il 1929 e il 1931; vi si era recato con l’intenzione di ottenere la cittadina, ma fu costretto a rientrare e il libro divenne la rielaborazione di quel lacerante distacco.
A Corconio la vita scorreva lenta; ospiti dell’albergo Rigotti, condivisero con la comunità un’esistenza serena e lontana dalle beghe cittadine, a contatto con personaggi singolari e pittoreschi, ma ricchi di umanità.
Sempre Soldati scrive “Eravamo felici, come sicuri che la nostra vita avvenire, anche se cambiava, non sarebbe mai stata troppo diversa. Felici, come sicuri che non saremmo mai stati troppo tempo lontani da Corconio … Ma no, eravamo felici proprio per la ragione opposta: perché sentivamo che quel momento aveva qualcosa di supremo, e il nostro cuore ci diceva che non sarebbe tornato mai più”.
Soldati ritornò a Roma nel 1936, richiamato dal regista Mario Camerini, ma il lago rimase sempre nel suo orizzonte. A metà degli anni Cinquanta, vi ritornò come “villeggiante fuori stagione” e proprio sul lago d’Orta e sul Maggiore nacquero i racconti de La Messa dei villeggianti. A Orta e Corconio, venne anche per girare nel ’59 il cortometraggio Orta mia, anche se già nel 1941 le scene conclusive di Piccolo mondo antico erano state realizzate sul lago. Orta mia si chiude sulla terrazza di una vecchia osteria, a ricordo del vecchio albergo divenuto casa, quasi suggello di una fase della sua esistenza; anche Mario Bonfantini, ne Il lago d’Orta del 1961 concluse il racconto con la descrizione dell’albergo Rigotti: “Una modesta casa di belle linee dove era fino a non molti anni fa una cortese locanda: v’è chi sostiene che dalla sua lunga terrazza si gode, in ogni stagione, la più bella vista del lago”, quella che, sicuramente, unì in un unico respiro due anime grandi.
Federica Mingozzi
Luglio 2021