Nelle varie civiltà la categoria del sacro è spesso declinata in maniera non razionalmente evidente, vale a dire in maniera misteriosa. La parola “mistero” deriva dal verbo greco muein, che significa “tacere”. Il mistero quindi è ciò di cui non si può parlare razionalmente. Nonostante questo suo lato misterioso, il sacro accompagna tutta la nostra vita. Per sacro gli antropologi intendono un momento particolarmente solenne della nostra vita che ci fa discostare dalla banalità del quotidiano. La famiglia, l’amore, l’arte sono tutte esperienze del sacro, quando sono tali da far vibrare le corde dell’anima. Anche la religione è sacra, ma questo sacro è formalizzato da norme religiose e riti ben specifici. La religione spesso sembra dimenticare il mistero del sacro e sembra imporsi agli altri come verità assoluta, contro la quale Nietzsche si scagliava con gli strali della ragione.  È significativo che alla fine delle preghiere ebraiche e cristiane si dica la parola Amen, che in aramaico significa “verità”. Ciò non toglie che anche la religione più razionale riconosca a volte un alone di mistero riguardo a ciò sul quale vuole predicare e argomentare. È significativo che un nome di Allah è Huwa, in arabo Egli. Dato che il Dio dei musulmani è indicato anche in maniera così generica, ciò spinge i teologi e i mistici dell’Islam a dire che Huwa indichi che la essenza di Dio rimarrà sempre occulta. Dio è Ghayb al-Ghuyub, Occulto degli Occulti.  Secondo l’Islam Dio ci è più vicino della nostra stessa aorta. Il sacro possiede le nostre vite e le determina. Noi ci muoviamo nel sacro e dal mistero del sacro traiamo la nostra ragion d’essere. Tommaso d’Aquino diceva che Dio infonde istante per istante in noi l’essere e se ci abbandonasse per un solo istante finiremmo di nuovo nel nulla. La mitologia celtica parla di Kalendaman, un luogo che sta in ogni luogo, l’energia sottile che permea di sé ogni cosa, un po’ come il Brahman degli induisti. Per certi versi sono discorsi analoghi all’Istante teorizzato da Platone, una delle concezioni più oscure di tutta la sua filosofia, che poi non è per nulla chiara. Questo Istante platonico è l’atopon per eccellenza, il non-luogo che sta alla base della realtà e che costituisce il rapporto che essa instaura con il divino. È il non luogo e il non tempo nel quale avviene ogni trasformazione, anche intellettiva. Quindi se nell’Istante c’è ogni luogo, anche nell’intelletto che conosce ci sarà ogni cosa. Questa idea è stata sviluppata anche dalla filosofia medioevale. Così Alberto Magno (De unitate intellectus, pars I, ventesima argomentazione): l’anima mediante l’intelletto è “immagine e luogo di tutte le cose”, imago omnium et locus.  Il mistero del sacro lo rende esprimibile imperfettamente con il simbolo. Per noi la migliore definizione di simbolo è quella di Langer: un simbolo è qualunque oggetto, atto, evento, qualità, relazione che serva come veicolo a un concetto, a esprimere il significato. Cioè si tratterà sempre di due fenomeni. C’è una differenza fra il simbolo come replica di una cosa e il simbolo come modello. Un simbolo inoltre può essere concepito a diversi livelli di astrazione. I desana (altro nome degli indigeni tukano del Vaupes: essi sono una tribù di circa mille individui nelle foreste pluviali del Vaupes nell’Amazzonia colombiana) distinguono fra diversi tipi di percepire: parola formata dai verbi vedere e sapere. Si sa ciò che si vede perché si conosce direttamente e si può classificare. Concepire: udire+sapere. È la mente che ascolta e riflette. Ciò che si ascolta è l’eco delle cose. Ascolta l’eco di una cosa si sa cosa essa simboleggia. L’idea del simbolismo è keorì: eco, ombra, immagine, essenza, come verbo significa misurare. L’eco è “la misura del suono”. Il verbo maxsiri significa sapere. Maxse è l’uomo, l’essere pensante. L’uomo è colui che vede, ascolta l’eco e sa. L’uomo è colui che conosce i simbolismo e sa creare simboli. La facoltà di concepire risiede nella mente, questo atto cognitivo è detto pesì k’ranyeari (udire+poggiarsi bene). Il mero intendimento invece è pesì turage si riferisce solo all’agilità intellettuale, memoria e eloquenza.  Concepire invece porta saggezza non solo conoscenza. Nel simbolismo desana esiste una sequenza di livelli di astrazione:

  • 4-energia cosmica
  • 3-energia sessuale della biosfera
  • 2-fisiologia sessuale personale
  • 1-metafora-metonimia

 Prendendo un oggetto/atto reale lo si può trasformare con una metafora per dargli senso figurato. Si passa dalla metafora al riferimento ai livelli 2,3,4. Esempio: buya=un ciuffo di cotone, un ornamento, seme. Sciupare il cotone=spreco del cotone proibito come l’atto sessuale perché si riduce il potenziale complessivo della biosfera. Cotone del sole= è espressione dell’energia solare, che è vista sessualizzata.

 “Sono andati a pescare”: solo gli uomini vanno a pesca. I pesci metaforicamente sono le donne. Le donne desana sono ritenute discendenti di tribù di pescatori. Il fiume e I pesci hanno valore femminile. “Andare a pescare le donne del fiume”: significato erotico poiché le donne sono naturalmente parte delle tribù dei pescatori. A livello della biosfera pescare =rispettare regole dell’esogamia. A livello cosmico= partecipare all’equilibrio universale. “sono andati a pescare” assume attitudine sacra.

Nelle varie civiltà della terra il sacro è spesso concepito in maniera ambigua: Bene e Male, Yang e Yin, Sacro e Profano, Angeli e Demoni, Dio e Satana.

 Per il cristianesimo il Male è un essere personale, chiamato Satana. Secondo la teologia cristiana medioevale il Male è una privazione di Bene. Dio non ha creato Satana né il Male, ma è stato Satana assieme agli altri angeli a ribellarsi a Dio per superbia, diventando tutti diavoli, mentre gli altri angeli rimasero fedeli. Paolo VI argomentava che Satana non è solo una deficienza (privazione di Bene) ma anche una efficienza, cioè un essere personale altamente evoluto ma malvagio. Satana quindi è un angelo creato buono ma che ha deciso di diventare malvagio opponendosi a Dio. Tommaso d’Aquino (Quaestio I De malo, art. 1) argomentava che il Male non è qualche cosa di sussistente in sé, infatti:

  • Agostino (Città di Dio XI, cap. IX) lo diceva espressamente, essendo il Male una privazione di Bene;
  • Vangelo di Giovanni 1, 3: Tutte le cose sono state fatte per mezzo del Verbo. Ma il Male non è stato fatto per mezzo del Verbo divino, quindi il male non è qualcosa.

Continuava Tommaso d’Aquino: “Come il bianco, anche il male si dice secondo due accezioni. In primo luogo quando si dice bianco si può intendere ciò che è soggetto alla bianchezza; in secondo luogo viene detto bianco ciò che è bianco in quanto bianco, cioè l’accidente stesso. similmente il male può essere inteso in primo luogo come ciò che è soggetto al male, e questo è qualcosa; in secondo luogo può essere inteso come il male stesso, e ciò non è qualcosa, ma è la stessa privazione di qualche bene particolare, set est ipsa privatio alicuius particularis boni”. Tommaso d’Aquino (De ente et essentia, cap. 1) affermava più chiaramente che la privazione fa parte di quelle cose puramente logiche che non possiedono un’essenza, entia que essentiam non habent.

Dio ha creato tutto (angeli, uomini, animali, cose) come Buono. Ogni cosa creata risponde a un progetto di Dio Creatore e partecipa della sua essenza. Confrontiamo anche quello che argomentava Plotino (Enneadi II, 2): “Ogni essere infatti, ovunque sia, abbraccia Dio … per necessità naturale”, ekaston gar, ou esti, perieilēphos ton theon agalletai … phusikais anagkais

Duns Scoto (De primo principio 11) ammetteva che un “effetto” non può essere tale se non è “finito”. Questo vuol dire che una cosa che viene ad essere, cioè che è causata da una causa efficiente, non può non essere causata da una causa finale. La causa finale, cioè qualcosa dotata di uno scopo, è la prima delle cause, quindi è anteriore anche alla causa efficiente, anzi determina la causa efficiente, in quanto la causa finale viene prima della causa efficiente. Scoto usava questa argomentazione per sostenere che Dio è il Fine ultimo di tutte le azioni. Dio sta al principio di tutti i fini, quindi è al principio di tutti gli effetti. Dio è anche al massimo grado di perfezione. Le sue perfezioni sono così cantate da Basilio Magno (Omelia I): “Colui che è la natura beata, la bontà esente da invidia, l’oggetto d’amore per tutti quelli che posseggono la ragione, la bellezza a cui tende ogni desiderio, il principio degli esseri, la fonte della vitala luce spirituale, la sapienza inaccessibile”, che in greco suona ē makaria phusin, ē aphthonos agathotēs, to agapēton pasi tois logou meteilēphosi, to polupothēton kallos, ē archē tōn ontōn, ē pēgē tēs zōēs, to noeron phōs, ē aprositos sophia. La sapienza è un attributo di Dio, ogni altra conoscenza deriva da quella divina, che comunque la precede. Anche il Corano (2, 29) afferma: Dio “di ogni cosa è a conoscenza”, che nell’originale arabo suona bikulli shayin ‘alīmun. Quindi si può concludere che Dio, essendo massimamente perfetto ed essendo al principio di tutte le azioni, crea tutto in maniera perfetta, cioè simile a sé. Lettera ai Romani 1, 20: “Le sue perfezioni invisibili, la sua eterna potenza e divinità si rendono visibili all’intelligenza delle creature del mondo dalle opere da lui compiute”, ta gar aorata autou apo ktiseōs kosmou tois poiēmasin nooumena kathoratai, ē te aidios autou dunamis kai theiotēs.

 Gli angeli e i demoni non hanno nomi propri, quelli adottati dagli uomini per indicarli sono simboli della loro azione. La parola “angelo” deriva dal greco “messaggero”. Satana significa in ebraico “accusatore”, mentre “diavolo” significa in greco “colui che divide”.

Per la teologia cristiana il Male è venuto tra gli uomini perché i progenitori dell’umanità, Adamo e Eva, peccarono dando ascolto alle parole del serpente satanico (peccato originale). Da questo primo peccato è venuta sulla terra una peste di errori e vizi che gli uomini stanno pagando ancora oggi. In questa chiave si spiega la Redenzione offerta da Cristo. Cristo è Dio fatto uomo che è venuto a salvare gli uomini dalle opere di Satana e dei diavoli, che si aggirano sulla terra per far perdere gli uomini. Tuttavia gli uomini sono liberi di scegliere tra Dio e Satana in quanto Dio, essere supremo che non conosce nessuno pari o superiore a sé, ama talmente tanto gli uomini da non trattarli come automi. La stessa cosa avviene con gli angeli, che per libertà possono anche ribellarsi a Dio. Solo che gli angeli scelgono Dio o rifiutano Dio in un istante, mentre gli uomini ci impiegano tutta una vita in quanto questi ultimi sono aggravati nel giudizio mediante il corpo.

Nell’uomo questa libertà di scelta e di giudizio è detta libero arbitrio. Tommaso d’Aquino (Summa Theologiae I, 83): “L‘uomo possiede il libero arbitrio: altrimenti sarebbero vani i consigli, le esortazioni, i precetti, le proibizioni, i premi e le pene. Per averne l‘evidenza dobbiamo osservare che alcuni esseri agiscono senza alcun discernimento o giudizio, come la pietra che si muove verso il basso; e così tutte le cose che sono prive di conoscenza. — Altri esseri invece agiscono con un certo giudizio, che però non è libero, come gli animali bruti. Infatti la pecora, al vedere il lupo, giudica, con discernimento naturale e non libero, che è necessario fuggirlo: e tale giudizio non proviene da un confronto [tra vari oggetti], ma da un istinto naturale. E lo stesso si dica del discernimento di tutti gli animali. — L‘uomo invece agisce in base a un [vero] giudizio, poiché giudica mediante la facoltà conoscitiva se una cosa vada fuggita o seguita. Ora, siccome un tale giudizio non mira per un istinto naturale a una cosa determinata da farsi, ma dipende da un raffronto della ragione, nelle realtà l‘uomo agisce con giudizio libero, avendo di conseguenza il potere di portarsi su oggetti diversi. Infatti nelle realtà contingenti la ragione ha la via aperta verso termini opposti: come riscontriamo nei sillogismi di probabilità, o dialettici, e negli accorgimenti della retorica. Ora, le cose particolari da farsi sono contingenti: quindi il giudizio della ragione su di esse rimane aperto verso soluzioni opposte, e non è determinato a una sola. È necessario pertanto che l‘uomo possieda il libero arbitrio, proprio perché egli è razionale”.

I teologi e i mistici cristiani sostengono che Dio crea tutto per amore. Dio era stanco di essere solo e crea un universo vivente per poter condividere la propria esistenza con esseri da amare. È dall’amore di Dio per angeli e uomini che nasce la libertà. Soprattutto due autori biblici, Osea e Ezechiele, avevano rivelato il forte amore di Dio per l’uomo, usando immagini erotiche inequivocabili. La Prima Lettera di Giovanni (4, 8) proclamerà che Dio è Amore. Questo amore era già presente in parte nelle culture vicine, pensiamo al fatto che un epiteto del faraone egiziano era meriamon, “amato dal dio Amon”. Tuttavia gli dei pagani volevano soprattutto essere amati. Pensiamo al Motore Immobile di Aristotele, una realtà amata che muove il mondo (Metafisica XII, 7). Il tema dell’amore come base della creazione lo si ritrova anche nella mitologia vedica. I Veda sono i testi sacri dell’induismo: sia che si tratti del dio Prajāpati che crea gli esseri o dell’Uno che emerge dal Non-essere entrano in scena due principi cosmici, kāma e tapas, rispettivamente “amore, desiderio” e “ardore”. Quest’ultimo è il fervore primordiale, il fuoco originario, la suprema concentrazione, l’energia ultima, la forza creativa che dà origine a tutto il movimento cosmico. Ordine e verità (ṛta e satya) sono nati da tapas. Invece kāma  è lo sviluppo originario dell’Uno che è il primo seme (retas) della coscienza (manas). Tapas e kāma sono complementari. L’amore/desiderio è il fervore che dà il potere di creare e tapas è l’energia dell’amore che produce il mondo.

 In ambito cattolico esiste la mariologia, una disciplina teologica e storica che studia Maria e il suo culto. Maria, o Madonna, è la Madre di Gesù Cristo, che per concepimento operato dallo Spirito Santo, Terza Persona della Trinità, lo ha dato alla luce verginalmente. Maria è restata vergine prima, durante e dopo il parto di Cristo, è detta infatti Sempre Vergine: la chiesa ortodossa esprime questo mistero raffigurando tre stelle sul manto della Madonna. Il dogma cattolico della Trinità rivela che c’è un solo Dio ma costituito da Tre Persone: Padre, Figlio e Spirito Santo. Una sola sostanza divina in tre Persone: è un mistero che non si può esprimere perfettamente in maniera razionale. Cristo è il Dio Figlio fatto uomo: questo fatto è detto incarnazione. Anche la incarnazione è un Mistero della Fede, una realtà insondabile, che l’uomo non potrà mai capire, così come la croce, la morte e la risurrezione di Cristo.  In merito all’incarnazione di Cristo e al suo sangue versato dalla croce Agostino (De Trinitate IV, 2, 4) scriveva: “Noi eravamo veramente inadatti e ben poco idonei (alla partecipazione della natura divina in Cristo mediante la redenzione) a causa della immondizia dei nostri peccati. Ora la sola purificazione dei peccatori e dei superbi è il sangue del Giusto e la umiltà di Dio; affinché, per poter giungere alla contemplazione di Dio che per natura noi non siamo, venissimo purificati da Dio stesso fattosi quello che per natura siamo e quello che per il peccato non siamo. Infatti non siamo Dio per natura, siamo per natura uomini, non siamo giusti per il peccato. Dunque Dio, fattosi uomo giusto, ha propiziato Dio per l’uomo peccatore. Non c’è infatti rapporto tra peccatore e giusto, ma tra uomo e uomo. Dunque sommando a noi la sua umanità uguale alla nostra, ha sottratto a noi la disuguaglianza della nostra peccaminosità e, fattosi partecipe della nostra mortalità, ci ha reso partecipi della sua divinità”.    

             Dionigi l’Areopagita (Epistola VIII) scriveva: “Accogliamo in quiete i raggi benefici che vengono da Cristo essenzialmente buono e superiore alla stessa bontà e lasciamoci da lui illuminare verso le opere della sua bontà divina. Non è forse per effetto della sua bontà ineffabile ed inconcepibile che egli fa esistere tutti gli esseri e li ha condotti tutti all’essere e vuole che tutti siano sempre simili a lui, panta aei genesthai paraplēsia autōi, e che comunichino con lui ciascuno secondo la propria attitudine?”.     

            Per la teologia cattolica l’incarnazione di Cristo è l’evento più importante della storia in quanto porta alla salvezza dell’umanità. Per questo il parto di Maria riveste una importanza fondamentale per la storia della salvezza. A questo scopo Maria è stata preparata da Dio all’Annunciazione, cioè alla visita dell’angelo che le preannuncia che sarà Madre di Dio.

             Innanzitutto la Santa Trinità ha preservato Maria dal peccato originale, è il dogma della Immacolata Concezione (Pio IX, 8 dicembre 1854). Maria è nata senza peccato per poter accogliere in sé il Verbo di Dio, Cristo Gesù. Il peccato originale condanna tutti gli uomini a nascere in uno stato di condanna permanente che il battesimo toglie, fermo restando che alcune conseguenze ci saranno sempre, come la inclinazione al male e la morte. Maria, quindi, essendo nata senza il peccato originale, non ebbe l’inclinazione al male né la condanna alla morte. Essa nacque come furono nati i progenitori Adamo e Eva prima di commettere la colpa originale. Ma ciò che i progenitori ebbero per creazione, Maria lo ebbe per redenzione. Prima ancora che Cristo si incarnasse, Egli la preservò dal peccato originale con i suoi meriti futuri.   

              Poi lo Spirito Santo ha fatto crescere Maria in virtù per prepararla a dire il Sì dell’Annunciazione, quando Maria accolse di divenire Madre di Dio. Maria è nata, infatti, in una famiglia santa: i suoi genitori, Anna e Gioachino, sono due santi che la presentarono al Tempio all’età di tre anni. Inoltre lo stesso Spirito Santo fece sorgere in Maria virtù importantissime. Ella fu educata da Dio alla Verginità, alla fede, all’umiltà. In Maria risplendono tutti i doni dello Spirito Santo. Parliamo di questi doni: la Sapienza (gli apostoli non capirono le vie di Dio, come la croce, cosa che invece fece Maria, che stette sotto la croce di Cristo assieme a Giovanni), l’Intelletto (per capire le verità della fede, si dice che Maria ha preceduto la chiesa nella fede), il Consiglio (nelle nozze di Cana prepara i commensali all’evento miracoloso), la Fortezza (nella lotta contro il dolore e le tentazioni), la Scienza, la Pietà, il Timor di Dio, la Prudenza, il Coraggio (incinta andò a trovare la cugina Elisabetta sfidando i pericoli del tempo).

            Dopo il Sì di Maria, lo Spirito Santo concepisce in lei il Verbo, poi lo unge facendolo diventare il Cristo. Cristo resta nove mesi nel grembo di Maria santificando quel periodo e pregando per quello stadio della vita umana, come insegnano gli autori mistici. Quando Cristo nasce si manifesta al mondo grazie a Maria: Maria è la causa della teofania definitiva, quando Dio si manifesta non negli elementi naturali ma nell’umanità.

              Maria accompagnò Cristo nella vita terrena e poi, al termine, vide per prima Cristo risorto, come vuole una lunga tradizione. Maria, essendo stata preservata dal peccato originale e dalle sue conseguenze, tra cui la morte, non è deceduta ma alla fine del suo transito terreno è stata assunta in Cielo in anima e corpo senza passare per la condanna di tutti gli uomini. È il dogma della Assunzione di Maria (Pio XII, 1 novembre 1950). Come Cristo è risorto dai morti, così anche Maria è risorta dai morti. La risurrezione consiste non solo nell’anima salvata in Paradiso ma anche nella partecipazione del proprio corpo alla salvezza. Tutti gli altri salvati attendono la risurrezione del corpo alla fine dei tempi. Non solo, ma Maria è stata proclamata Regina del Cielo e della Terra.

              La chiesa cattolica ha proclamato quattro dogmi mariani, cioè verità della fede definite dal Magistero ecclesiastico sotto il carisma della infallibilità:

  • Maria Madre di Dio (Concilio di Efeso del 431);
  • Maria Sempre Vergine (Concilio di Costantinopoli del 553);
  • Immacolata Concezione di Maria;
  • Maria Assunta in Cielo.

              Da Maria procedono tutte le grazie che Dio riserva agli uomini. Come Cristo è venuto al mondo mediante Maria, così la salvezza giunge a tuti gli uomini mediante l’intercessione di Maria. Esiste questo sillogismo (Grignion de Montfort):

  • Tutti sono chiamati alla santità;
  • Per pervenire alla santità è necessaria la grazia di Dio;
  • Per avere la grazia è necessario giungere a Maria.

            I santi insegnano come Maria sia un canale continuo di amore e di grazia. È la strada facile per giungere al traguardo della salvezza della propria anima e di quella degli altri uomini. Il santo Rosario è una preghiera efficacissima per diventare santi. Pio da Pietralcina lo chiamava l’Arma per sconfiggere il demonio.

           Maria non è solo la Madre di Cristo ma anche di tutti i figli di Dio, che sono il corpo mistico di Cristo. Come Maria genera il Capo, cioè Cristo, così genera anche le membra del corpo mistico. Maria infatti è Madre della Chiesa.

            Infatti, secondo una dottrina che affonda le sue radici nelle parole di Cristo (parabola della vite e dei tralci), in Paolo e che Agostino chiamerà Christus Totus, Gesù Cristo è presente effettivamente in tutti i cristiani, i quali sono in questa maniera le sue membra. Ad Emmaus Gesù risorto scompare dopo aver spezzato il pane: questo vuol dire che bisogna cercare Cristo nella chiesa, segno sacramentale di Dio fatto Uomo già di per sé stessa. Quando il sacerdote sull’altare, dopo aver consacrato il pane eucaristico, dice “fate questo in memoria di me”, vuol dire che i cristiani, corpo mistico di Cristo, sono chiamati a dare la vita per i fratelli come il Capo, Gesù, la ha data duemila anni fa e continua a darla in ogni Santa Messa sino alla fine dei tempi. Come è possibile? Anche questo è un Mistero della Fede che non bisogna cercare di capire razionalmente, ma accettarlo per amore di Dio e della sua chiesa che lo tramanda da sempre.

             Maria quindi genera misteriosamente ogni credente che diventa figlio di Dio con il battesimo. Maria è la mistica collaboratrice dello Spirito Santo sia nell’incarnazione del Verbo di Dio sia nella nascita dei fedeli. Tutti i credenti sono misteriosamente racchiusi nel grembo di Maria e raggiungono la nascita nella grazia solo quando questa Madre lo permette. Maria esercita la sua maternità su ogni cristiano non all’esterno ma all’interno dell’anima, quindi Maria è in ogni cristiano, allora essa è lo stampo che Dio usa per far nascere e crescere ogni figlio di Dio. Chi viene plasmato da questo meraviglioso stampo riceve la fisionomia interiore di Dio.

             Maria inoltre è la più alta delle creature. Nessun altro santo, nessun angelo ha ricevuto da Dio grazie così speciali come Maria, definita nel vangelo “piena di grazia”. Dato che la santità consiste nella partecipazione alla natura divina, allora Maria è la creatura più partecipe della natura divina. Essa è intimamente partecipe della Santa Trinità perché ha trovato grazia presso il Padre, è stata preparata dallo Spirito Santo e ha generato il Figlio. Ci sono due correnti teologiche che cercano di spiegare questo mistero grandissimo: secondo alcuni Maria è così connessa con Dio tanto da potersi definire Paradiso di Dio; secondo un’altra corrente, Maria si colloca esattamente nella Santa Trinità, fatta eccezione per la sua natura umana.

             Il sacro come entità misteriosa si può ravvisare anche nella sua nozione contradditoria. Il sacro è sia positivo sia negativo, cioè puro e impuro. È impossibile cerare di conciliare come una cosa sacra possa avere una doppia valenza. Uno dei maggiori contributi offerti da Robertson Smith è di aver osservato come in tutte le civiltà il sacro abbia questo doppio aspetto. Abbiamo sia gli angeli sia i demoni, sia gli sciamani guaritori sia gli stregoni che fanno fatture a morte. In ambito cristiano abbiamo sia le Vergine Maria sia le streghe di campagna che uccidono i neonati. Abbiamo visto Dio e Satana.

          Durkheim stilò un importante studio sulle forme elementari della religiosità in Australia e anche lì riconosceva questa doppia valenza. Pure in questo contesto il padre della sociologia ravvisava che a volte un oggetto puro o impuro si può trasformare nell’altra faccia della medaglia quando le circostanze esterne cambiano: per esempio l’anima del morto prima è temibile poi, terminato il lutto, si trasforma in un nume protettore. Durkheim tentava di spiegare a suo modo il perché della ambivalenza del sacro: esso sarebbe espressione della comunità, quindi quando una comunità è triste perché muore il sovrano o i nemici oppure i bianchi rubano un oggetto sacro, essa sente l’esigenza di soffrire e di infliggersi punizioni e per questo esprime entità malevole che nuocciono alla comunità; al contrario quando la società è lieta, proietta fuori di sé questi sentimenti positivi e esprime quelle entità che sono benefiche verso tutti e che mai e poi mai recherebbero nocumento, se non provocate. “Poiché queste due specie di forze hanno un’origine comune, non è sorprendente che, pur essendo dirette in direzioni opposte, esse abbiano una stessa natura, che esse siano egualmente intense e contagiose, e perciò interdette e sacre”.

           Spesso i moderni che studiano le culture del passato tendono ad avere degli stereotipi, tra cui quello di tradizione. Si pensa che il sacro sia qualcosa di tradizionale e usano la parola “tradizione” come sinonimo di una realtà passata compatta rispetto alla quale la modernità può misurare la propria innovazione. Oppure parlano di una tradizione come di un insieme continuo di trasmissione di pratiche inveterate nel tempo. Anche in questo caso la modernità sarebbe caratterizzata da trasformazioni inaudite nel passato.

          In entrambi i casi si tratta di letture non storiche del passato. Spesso, infatti, ciò che i moderni hanno interpretato come tradizionale non nasce né da equilibrio storico duraturo né da una trasmissione durevole nel tempo. Nell’Ottocento in Giappone è stato inventato di sana pianta il concetto di scintoismo, che oggi si trova ancora nei manuali occidentali di storia delle religioni. Ma lo scintoismo non è mai esistito come religione unitaria del Giappone, si tratta di una “tradizione inventata” per dare stabilità alla società.

        Qualcosa del genere si può ravvisare nell’antico Egitto dove quando i sovrani non avevano abbastanza legittimità di discendenza evocavano la figura di Maat, una divinità protettrice dell’ordine sociale, con riti e iconografie specifiche. La figura di Maat riscosse un enorme successo nell’epoca tarda dell’Egitto faraonico e ancora oggi se ne parla persino nei libri a fumetti per bambini. Ma si tratta di un concetto inventato di sana pianta per coagulare la società attorno a sovrani dalla poca credibilità.

           Anche in questo caso, cioè in relazione alla “tradizione inventata”, il sacro esprime uno dei suoi aspetti più contraddittori e quindi misteriosi a spiegarsi. Il sacro è una energia che fa vivere lo psichismo dell’uomo, gli uomini sono alla ricerca di momenti sacri, siano essi religiosi o meno, dalla preghiera al dio ai vari riti di passaggio che scandiscono le società antiche ma anche quelle occidentali moderne, come il rito della patente, il rito del diploma, il rito della prima volta, il rito del primo lavoro. Ma, nonostante questa importanza del sacro, esso può anche comparire all’improvviso, inventato da astuti rappresentanti del potere.

            Il Tao dei cinesi risponde in qualche maniera all’idea di sacro che abbiamo noi occidentali. Il Tao, insegnava Liezi, ci accoglie quando nasciamo, ci fa uscire quando moriamo. Tutta la nostra vita è dominata dal Tao, dalla legge dell’armonia dell’universo. Ma il Tao non risponde né alla dualità Yin-Yang né all’Unità. Cosa è allora il Tao? Rispondeva Liezi: “Si tratta del Tao che è così di per sé. È qualcosa che neanche il saggio è capace di comprendere”.  

Bibliografia

  • E. Durkheim, Le forme elementari della vita religiosa. Il sistema totemico in Australia, Milano 2013;
  • L. M. Grignion de Montfort, Il segreto di Maria, Ancona 2001;
  • L. M. Grignion de Montfort, Trattato della vera devozione a Maria, Ancona 1995;
  • S. Lavecchia, Istante. L’esperienza dell’Illocalizzabile nella filosofia di Platone, Milano 2012;
  • Liezi, La scrittura reale del vuoto abissale e della potenza suprema, Torino 2008;
  • R. Panikkar, I Veda Mantramanjari, 2 voll., Milano 2001;
  • M. Raveri, Itinerari nel sacro. L’esperienza religiosa giapponese, Venezia 2006;
  • G. Reichel-Dolmatoff, Il cosmo amazzonico. Simbolismo degli indigeni tukano del Vaupes, Milano 2014.