Il 2021 è stato un anno importante e prolifico per la narrazione della storia attraverso la biografia di figure femminili di primo piano, dimenticate o, comunque, sottovalutate in quanto donne. Dopo Cristina Trivulzio da parte di Pierluigi Vercesi e Faustina Roero di Cortanze da parte di due ricercatrici del Centro Studi Piemontesi di Torino, con il bellissimo libro della Professoressa  Benedetta Craveri è stato possibile conoscere meglio una donna straordinaria, protagonista di spicco  del Risorgimento italiano che, come scrive l’autrice nella prefazione, ha mantenuto intatta “La sua forza incendiaria e che ancora oggi disturba, sconcerta, scandalizza”: Virginia Oldoini, a tutti noi nota come la Contessa di Castiglione. In questo breve scritto, tuttavia, in omaggio allo spirito libero e indipendente di Virginia, utilizzerò sempre il suo cognome da nubile e non quello di Verasis di Castiglione, derivante dal suo matrimonio con Francesco Verasis Asinari, nono Conte di Costigliole d’Asti e sesto Conte di Castiglione Tinella. Le parole sopra citate dell’autrice sono un’efficace sintesi di ciò che è stata Virginia Oldoini, nata a Firenze da nobile famiglia nel 1837 e sposatasi a 17 anni con un uomo che non amava, Francesco Verasis di Castiglione, dal quale ebbe un figlio, Giorgio. Infatti, Virginia, fu una donna che non si attenne alle regole del suo tempo, che non condusse la vita che ci si aspettava da una signora del suo rango, preferendo a tutto questo una vita libera, dispendiosa, anticonformista, votata al lusso, alla mondanità e all’arte, con la realizzazione di album fotografici le cui scenografie che la vedevano protagonista erano studiate, oltre che a legami sentimentali discontinui e fondati più sul potere della seduzione, che sull’amore e sul sentimento. Potere della seduzione che, per Virginia, non necessariamente doveva coincidere con il sesso. La storia ufficiale, scritta tradizionalmente da uomini, ci ha raccontato Virginia come una  seduttrice  di gran classe,  bellissima, ammirata  e votata, sin da giovanissima,  al culto della propria persona e del proprio corpo e che, dopo aver conquistato, secondo gli accordi con il Camillo Benso Conte di Cavour, nientemeno che Napoleone III ed essere divenuta la regina dei salotti del Secondo Impero, si chiuse in una casa senza specchi, isolandosi dal mondo e chiudendosi nel dolore  ossessivo della malattia e della decadenza fisica. Tuttavia, il libro della Professoressa Craveri, ci restituisce una Virginia diversa, la donna autentica che era, delineandone in modo magistrale il suo profilo psicologico, attraverso una importante ricerca di documenti e materiale epistolare inedito, in modo che sia Virginia stessa a raccontare se stessa, i suoi pensieri più intimi, i sorrisi e l’apparente felicità dietro ai quali si celava, spesso, profondo dolore e senso di ribellione verso una società che costringeva le donne, e quindi anche lei, a ricoprire un ruolo che non le appartenevano, per non subire il  disprezzo e l’oblio della storia. Dai documenti analizzati dall’autrice del libro emerge, così, gradualmente, il ritratto di una donna che seppe si, usare il suo fascino, ma anche la sua intelligenza politica, il coraggio di sfidare pregiudizi e la prepotenza maschile, la sua volontà di dominio e la sua straordinaria abilità comunicativa, al fine di raggiungere un obiettivo all’epoca negato al suo gnere: essere sé stesse. La vita parigina di Virginia e la riuscita, anche grazie a lei, dell’avvicinamento della Francia al Regno di Sardegna, che condusse all’appoggio francese al capolavoro politico di Cavour e del Re Vittorio Emanuele II, vale a dire la sconfitta austriaca e la proclamazione del Regno d’Italia, il 17 marzo 1861, fu forse l’unica parentesi di vera celebrazione e autocelebrazione di Virginia. La vita familiare della Contessa, infatti, fu costellata di tristezza e delusioni, oltre che di una battaglia legale contro il marito per l’affidamento del figlio Giorgio, in quanto il Conte Verasis, offeso per il comportamento mondano della moglie, contrario alla morale e alle aspettative del tempo nei confronti delle donne, decise di tornare con il figlio a Torino, separandosi da lei l’anno successivo e riprendendo le sue mansioni di gentiluomo di palazzo presso la corte piemontese. Il distacco dal figlio, seppur possa sembrare inverosimile per una donna così libera  e indipendente nei costumi sessuali, tanto da avere 43 amanti nel corso della sua vita, tra i quali vanno annoverati Costantino Nigra e lo stesso Re Vittorio Emanuele II, la segnò profondamente, tanto da combattere per lui una dura battaglia che la vide, comunque, vincitrice, in quanto ottenne, prima della partenza per Parigi, di poter tenere con sé il figlio all’estero, “concessione” che, all’epoca, dipendeva esclusivamente dalla volontà dei mariti. La morte del figlio Giorgio a soli 24 anni, per vaiolo, in Spagna, fu l’ultimo grande dispiacere della sua vita, quello di una madre che perde un figlio, nonostante l’indole ribelle di Giorgio, sin dalla giovane età per le carenze affettive subite, che si unì ad una continua instabilità sentimentale e ad un culto ossessivo per il proprio corpo e per l’aspetto esteriore. Dunque, perché appassionarsi alla storia di una donna così egoista e descritta dai suoi amanti e dai suoi familiari come fredda, arcigna, possessiva, libera nei costumi, nonché poco attenta alle esigenze del proprio figlio, tanto da non occuparsene e da lasciarlo vivere, spesso, con mezzi minimi di sussistenza? E perché appassionarsi al libro della Professoressa Craveri che ci racconta tutto questo? Ci sono diversi motivi e, su tutti, quello che accomuna Virginia a Cristina Trivulzio ed a Faustina Roero di Cortanze: l’essere donne intelligenti e colte, spesso usate e non considerate per le loro qualità intellettuali, ma soprattutto anticonformiste e non piegate al volere del genere dominate, quello maschile ed agli stereotipi alle quali la società le costringeva, per godere di un minimo di considerazione e rispetto. Furono donne che ebbero il coraggio di essere sé stesse, pagando un altissimo prezzo per questo. E il volume della Professoressa Craveri ha il grande pregio di raccontare Virginia come donna, ancora prima che come grande e importante protagonista del Risorgimento italiano, accanto ai grandi uomini dell’unità d’Italia. Sebbene la storia  abbia relegato Virginia, una donna, ad un ruolo di secondo piano, la verità è  che fu una protagonista così scomoda del Risorgimento italiano che la polizia francese, alla sua morte, avvenuta a Parigi nel 1899, si premurò di distruggere il carteggio con i suoi amanti, con il Re Vittorio Emanuele II, e con l’Imperatore Napoleone III, onde evitare che potessero emergere fatti che avrebbero potuto recare scandalo o situazioni sconvenienti, per non dire veri e propri incidenti diplomatici. Peraltro, Virginia fu un’attenta osservatrice politica del tempo, ed espresse tutto il suo disappunto, dopo l’Unità d’Italia, per la classe dirigente post cavouriana, a suo dire non più all’altezza di quella che aveva portato casa Savoia a riunificare, dopo tre guerre di indipendenza, un Paese da sempre diviso. Tuttavia, se, oggi, il genere femminile, gode di maggiore libertà e considerazione, sociale, nonostante una situazione ancora inadeguata, in relazione alla parità di genere, grande merito è anche di Virginia e di tutte le donne come lei che non hanno rinunciato ad essere quello che volevano essere, come dice la stessa Contessa: “Io sono io, e me ne vanto; non voglio niente dalle altre e per le altre. Io valgo molto più di loro. Riconosco che posso non sembrare buona, dato il mio carattere fiero, franco e libero, che mi fa essere talvolta cruda e dura. Così qualcuno mi detesta; ma ciò non mi importa, non ci tengo a piacere a tutti”.