L’uomo che piantava gli alberi (L’homme qui plantait des arbres), conosciuto anche come La storia di Elzéard Bouffier, è il racconto che ha dato notorietà allo scrittore italo-francese Jean Giono. Nato a Manosque, paese posto su un contrafforte delle colline del Luberon orientale in alta Provenza, da una famiglia di origine piemontese, emigrata in Francia dalla canavesana Valchiusella, vi morì cinquant’anni fa,il 9 ottobre del 1970. Pubblicato per la prima volta nel 1953, il racconto è di grande attualità se pensiamo allo stato di salute molto cagionevole dell’ambiente in cui viviamo e delle crisi climatiche. Jean Giono, membro dell’Académie des Goncourt, tracciò con questo suo lavoro un’efficace parabola sul rapporto uomo-natura, rammentando come ”gli uomini potrebbero essere altrettanto efficaci di Dio in altri campi, oltre la distruzione”. Potrebbero, appunto, ma raramente lo fanno forse perché distruggere è molto più facile che creare. La storia del pastore Bouffier ci rammenta, con leggerezza di stile e indubbia profondità, il valore degli alberi, del sistema boschivo e dell’attenzione che andrebbe posta nei confronti della natura. Quella dei Giono, come per tante altre famiglie dei territori piemontesi di confine, fu una storia di valligiani e montanari emigrati. Il bisnonno dello scrittore, Giovanni Domenico Giono, nacque l’8 ottobre 1763 a Meugliano (oggi Valchiusa, dopo la recente fusione di Meugliano con i comuni di Trausella e Vico Canavese). Quest’ultimo, dalla seconda moglie Maria Francesca Catterina Bertarione, ebbe a sua volta un figlio, Pietro Antonio , nonno di Jean Giono. E’ verosimile che Pietro Antonio, attratto dagli ideali della carboneria, prese parte ai moti insurrezionali del marzo del 1821 e, successivamente, fu costretto a riparare in Francia come molti altri ribelli. La radice piemontese è più che intuibile dalle parole dello scrittore che confidò come la felicità gli riempisse il cuore e l’animo appena sentiva “fremere un pioppo piemontese, o fischiare una marmotta, o i passi del vento degli alti pascoli del Viso, lo sgranellare del pietrame sotto i piedi del camoscio, o il grido dell’aquila”. Jean Giono scrisse saggi, dialoghi, poesie, commedie teatrali e circa trenta romanzi, tra i quali Il canto del mondo, Un re senza distrazioni, Il disertore, Le anime forti, Il ragazzo celeste, Lettera ai contadini sulla povertà e la pace e il celebre L’ussaro sul tetto. Proprio in quest’ultimo romanzo, dove il protagonista è un giovane ufficiale degli ussari, Angelo Pardi, fuggito in Provenza nel 1831 dal Piemonte dopo aver ucciso una spia austriaca, si avverte l’eco delle vicende della sua famiglia, dell’epopea risorgimentale, del desiderio di riscatto e libertà. Dal libro, pubblicato nel 1951 e considerato uno dei capolavori della narrativa francese, venne tratta la sceneggiatura dell’omonimo film nel 1995 di Jean Paul Rappenau con Juliette Binoche e Olivier Martines. Una pellicola nella quale, come scrive Morandini nel suo dizionario di cinema, “riecheggiano le idee del pacifista, anarchico, antimodernista Jean Giono, di origine piemontese”.
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