La morte del Papa emerito a 95 anni ha consentito di usare tutti i coccodrilli preparati da tempo. Ma essi si sono rivelati attardati su pregiudizi che oggi appaiono evidenti. Molti di noi hanno avuto su Benedetto XVI delle prevenzioni negative dure a morire . Io, ad esempio, non accolsi bene la nomina di Benedetto XVI, ritenendo errata e contraddittoria la sua affermazione relativa alla “dittatura del relativismo“, in quanto il relativismo per la sua stessa natura appare tollerante e non può quindi generare dittature. Successivamente mi sono via via ricreduto perché la prevalenza del soffocante pensiero unico ha generato un sempre più pesante conformismo e ha imposto linguaggi tutti eguali che sono diventati delle vere e proprie litanie sedicenti laiche. Certamente esso ha generato un nichilismo in cui la verità viene soffocata e la coscienza annullata . Il male e il bene si confondono e si mescolano, generando indifferenza etica, se non cinismo. Il pensiero debole non ha aperto nuove vie alla libertà di pensiero, ma ha tentato di togliere di mezzo ogni visione etica della vita, quelle che Bobbio definiva le etiche laiche. Questo è il messaggio laico del Papa che proveniva dall’ex Santo Uffizio e sul quale non appare oggi possibile dare un giudizio storico non foss’altro perché nella vita della Chiesa la storia è scandita attraverso i secoli. Ho avuto modo di conoscere da vicino attraverso le sue opere Papa Benedetto e ho avuto la possibilità di intermediarlo attraverso l’amicizia con Marcello Pera, il liberale che con lui scrisse un libro che andrebbe ripubblicato. Molti sedicenti laici hanno irriso al suo pensiero, giungendo ad impedirgli di parlare all’Università di Roma. Era stato un illustre accademico in Germania e a Roma, la città di cui era vescovo, gli impedirono di tenere una conferenza. Fu un episodio di “squadrismo “intellettuale di cui furono responsabili dei professori e non i soliti facinorosi del movimento studentesco. Basterebbe questo episodio per capire certi ambienti intellettuali nostrani, intolleranti verso chi non la pensa come loro e incapaci di un confronto rispettoso. Il modo dignitoso e silenzioso con cui prese atto del divieto accademico romano dice molto di quest’uomo umile e aperto al confronto che ha dimostrato di riconoscere i propri limiti, rinunciando alla Cattedra di Pietro. Non era una scelta semplice, ma essa sottintendeva anche la piena e lucida comprensione della crisi di una Chiesa che nel Concilio Vaticano II aveva in parte smarrito la forza della sua tradizione e necessitava di una guida più forte al timone della navicella di Pietro. In quella scelta che non fu di viltà ,ma di amara consapevolezza di una situazione drammatica di cui il Papa era ben consapevole ,vi è una grande lezione di vita. Dirà la storia se Papa Francesco abbia posto anche solo parziale rimedio alla crisi della fede e della Chiesa, ma certo la rinuncia di papa Benedetto si rivelò più eloquente di una enciclica. Anche il suo discusso discorso di Ratisbona che toccava i temi cruciali dell’Islam e dell’Occidente va riletto come un prezioso contributo per capire i tempi in cui viviamo e la incompatibilità di ogni fede religiosa con la violenza. Allora suscitò polemiche aspre e ingiuste. Oggi non è ancora il momento di trarre bilanci, ma è il momento di riconoscere il valore innanzi tutto umano di un protagonista del nostro tempo che, scegliendo il silenzio e la preghiera, ha continuato a indicarci senza imposizioni ed asprezze dogmatiche uno stile di vita in un mondo che ha smarrito quasi tutti i suoi valori etici per accogliere come modello anche il turpiloquio estremista del politicamente corretto. Il raffinato studioso che si era confrontato con l’Esistenzialismo e il Marxismo quand’erano trionfanti, ha saputo indicarci dei motivi di riflessione validi per i nostri grigi tempi di crisi e di indifferenza, meritevoli di attenzione anche ai non credenti. Tutta la retorica LGBT, ad esempio, trova nel pensiero del Papa una smentita su cui andrebbe aperto un discorso, se non ci fossero delle censure pesanti che impediscono a chi dissente di parlare pena la scomunica laicista.
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