Lo scenario della vita politica italiana si va sempre più identificando in una realtà’ post partitica. I partiti politici tuttora formalmente sopravvivono, come sempre composti da correnti e capeggiati da leadership. Ed esprimono al loro interno gruppi dirigenti atti a garantire la sopravvivenza dei loro apparati di potere interno. E tuttavia nei Paesi nei quali non esiste una repubblica di tipo presidenziale, od un gruppo di potere che può dirigerli sul piano autoritario, raro è destinato a divenire il fenomeno democratico della conquista elettorale di una maggioranza popolare che governi in un contesto dialettico quale imposto dalla esistenza di una opposizione formata da partiti contrapposti. La via del potere, nei casi migliori, resta viva a livello di politica sul territorio, a livello di amministrazione locale, se pur dominata da egemonie personali  e da connesse clientele politiche. È una realtà quest’ultima la quale per emergere a livello statale è favorita da una storia politica nazionale politicamente impegnata  attorno a massicce contrapposizioni organizzative, le quali si reggono su contrapposizioni di massa. Sarà questa la via dell’avvenire nel nostro Paese? Nel quale i partiti hanno perduto la loro identità ideologica sul piano storico, per sommergersi  sotto provvisoria copertura, sotto la ”formula Draghi”. E’ capitato ad un personaggio di tutto rispetto sul piano della rappresentanza politica effettuale( e professionale nel campo della gestione oltre che amministrativa, politico-economica) di presiedere un governo nel quale i partiti dan vita ad una gestione tecnica e politicamente governata dal capo del governo. Tanto, per scongiurare la extrema ratio del ricorso alle elezioni, per loro scomodo. Eccetto che per il partito di punta dello schieramento di destra, ch’è in irrefrenabile ascesa per via del carisma del suo leader, Giorgia Meloni e non per la resurrezione di afflati ideologico- politici nazionalistici intolleranti. C’è chi spera  di avere un ruolo primario nel governo Draghi, per riverberarlo nel dopo-Draghi. È questo un caso di debole riflessione politica. Ci viene in mente – e ci si perdoni tanto spropositato riferimento-un episodio dalla vita di Dante, il quale venne invitato a ricoprire una cattedra prestigiosa di insegnamento linguistico latino nella Università di Bologna(l’Alma Mater Studiorum!). Chi tanto gli offriva, disponeva di grande dottrina nella citata materia e di assoluta autorità, e di questa faceva ampio uso in quel della università bolognese. Dante ricordò tuttavia un episodio dell’Odissea, di quando Ulisse trovò una grotta dotata di ottimi cibi, e di comodità di alloggio per se e per i suoi compagni, i quali gridarono al miracolo. Ma il loro sogno cadde quando nella grotta entrò il padrone Polifemo.