Il 4 gennaio si è spento a Bolzano, ad 86 anni (era nato a Padova nel 1935), Waldimaro Fiorentino, una grande perdita per la cultura italiana in Alto Adige. Io perdo un grande amico, ma tutta la comunità dell’Alto Adige perde un operatore culturale di grande valore. Qualcuno ha parlato delle “mille vite” di Fiorentino, poiché egli ha fatto davvero tanto nel corso della sua intensa esistenza: dirigente industriale, fondatore della squadra di pallacanestro “Savoia”, che diresse per 34 anni dal 1960, consigliere comunale monarchico a Bolzano per 19 anni, giornalista per molte testate, alcune delle quali da lui fondate (penso, tra tutte, al mensile “L’Incontro”, divenuto presto molto popolare in tutto l’Alto Adige), così come fondò la prima radio privata in zona, Radio Bolzano Dolomiti. Ma qui voglio ricordare la sua attività intellettuale, soprattutto di storico. Citare tutti i suoi libri risulterebbe addirittura noioso. Qui intendo parlare solo di quelli più importanti, sottolineando come egli abbia messo in luce tanti particolari dei fatti storici ignoti ai più. Alcuni tenuti volutamente tenuti ignoti perché vanno a cozzare contro l’ignobile filosofia del “politicamente corretto” oggi imperante. E Waldimaro mai attaccò l’asino dove voleva il padrone e fu sempre orgogliosamente “politicamente scorretto”. Una delle sue opere migliori è stata, indubbiamente, “Italia patria di scienziati”, una sorta di enciclopedia degli scienziati ed inventori italiani, uscita sotto l’egida della Società Italiana per il Progresso delle Scienze che, notoriamente, non sponsorizza il primo venuto. Si tratta di un’opera di referenza che non potrà non essere tenuta presente dai futuri studiosi. Almeno due libri, inoltre, egli dedicò alla storia dell’operetta, sottolineandone le sconosciute e dimenticate origini italiane. Sempre per rimanere nell’ambito della cultura musicale, vanno ricordati i due volumi dedicati alle “Donne in musica in Alto Adige”, sul contributo femminile all’arte di Euterpe in provincia di Bolzano, e anche una biografia del Maestro Fernando Limenta, direttore dell’orchestra EIAR di Bolzano, nonché intimo di Mussolini: egli ebbe una parte importante (e ovviamente sconosciuta ai più) nel matrimonio tra il futuro duce e Rachele Guidi. Per quanto riguarda la storia propriamente locale, da segnalare una ricerca sui rapporti tra Casa Savoia e l’Alto Adige nel corso della storia (soprattutto prima dell’annessione di questa terra all’Italia), la storia del quotidiano “Alto Adige”, nato come organo liberalnazionale e filo irredentista, un volume su un aspetto sconosciuto di Alcide Degasperi, sindacalista cattolico nel Trentino e nell’Alto Adige ancora austriaci, che nel corso della guerra di Libia (1911), “faceva il tifo” per l’Italia. Notevoli anche una ricerca sulla cultura italiana in Egitto e un grosso tomo che fa il punto sulle differenze tra federalismo, decentramento amministrativo e autonomie locali, libro che dovrebbe essere letto da tanti nostri uomini politici, che spesso danno l’impressione (talvolta è più di un’impressione…) di non aver neppure sfogliato il più semplice manuale di educazione civica, almeno a sentire le castronerie che sparano quando pretendono di intervenire sull’argomento. Potrei citare ancora altre opere ma temo, l’ho già scritto prima, di diventare noioso. Ciò che è certo, è che la cultura italiana in Alto Adige ha perso un personaggio di notevole spessore, un uomo dalla schiena dritta di cui si sentirà la mancanza. Ai figli Elena e Maurizio le più sincere condoglianze da parte del Centro Pannunzio.