L’amore è una parola dal significato polivalente, alla quale si possono accostare molti termini: vita, luce, energia, fiamma, unione, passione, tenerezza, affetto, amicizia, stima, speranza, eros, filia, agape, caritas. La parola che lo definisce è sempre la stessa, ma il significato cambia da soggetto a soggetto, da a storia a storia e da oggetto a oggetto: l’uomo, la donna, il Prossimo, Dio. Per gli antichi greci l’amore comprendeva l’Eros, che rappresenta l’unione di anime e corpi; la Filia, che esprime un rapporto di disinteressata amicizia; e infine l’Agape, che implica la donazione totale di sé all’altro senza chiedere nulla in cambio. Leggendo le più belle storie d’amore che hanno vinto il tempo (Narciso ed Eco, Elena e Paride, Ettore e Andromaca, Ulisse e Penelope, Lancillotto e Ginevra, Paolo e Francesca, Giulietta e Romeo), quelle definizioni perdono la loro rigidezza e ognuna sembra volersi integrare nell’altra. L’Agape si insinua nell’Eros e la Filia nell’Agape. Nell’ottavo secolo a.C. uno dei più antichi poeti greci Esiodo, presenta nella sua Teogonia (poema mitologico che narra la nascita degli dei e l’origine dell’universo) Eros, dio dell’amore, come il principio della generazione universale. Così scriveva Esiodo; “All’inizio vi era solo il caos; in seguito nacquero la Terra dal largo petto, dimora sicura per sempre di tutti gli immortali che abitano le cime del nevoso Olimpo, ed il Tartaro tenebroso nei recessi della Terra dalle larghe vie; quindi venne Eros, il più bello tra gli dei immortali e che degli dei e degli uomini doma i cuori e confonde le menti”. Oltre ai poeti furono anche i filosofi ad interrogarsi sull’amore, primo fra tutti Socrate che ne mise in luce l’aspetto legato all’amicizia, alla filia, condizione indispensabile per procedere insieme nella ricerca e nel raggiungimento del Vero e del Bene. Fu però Platone che più di ogni altro filosofo considerò l’amore nella sua essenza e complessità. Secondo Platone, oggetto di Amore è l’idea del Bene che coincide con quella del Bello; soggetto di amore è infine l’anima umana che aspira alla bellezza. L’idea di amore per Platone supera completamente l’attaccamento alla materia per vivere totalmente nella spiritualità. L’attrazione tra corpi è considerato il primo livello di amore da superare per raggiungere il livello superiore, ossia l’amore tra anime. Nel mondo latino vi furono molti autori che parlarono di amore nei loro scritti. Il Liber di 116 carmi di Catullo è quasi tutto incentrato sull’intensa passione che il poeta, nella sua breve vita, visse per una donna fatale: Clodia o Lesbia. Cicerone scrisse addirittura un trattato sul tema dell’amore che evolve verso l’amicizia, il “Laelium di de Amicitia”. Poeti come Lucrezio, Virgilio, Orazio, Tibullo, Properzio, Ovidio, riservarono grande spazio all’amore nelle loro opere, presentando coppie di amanti destinati a diventare famosi, come Enea e Didone, Narciso ed Eco, Orfeo e Euridice, Elena e Paride, Arianna e Teseo e tanti altri ancora. Omero, con l’Odissea, racconta dell’amore di Ulisse sotto svariate forme, partendo proprio da quello per la patria la sua decantata Itaca, nella quale lo aspettavano la fedele moglie Penelope, il suo cane fidato Argo ed infine il figlio Telemaco. Tra il 1000 e il 1100 nasce la concezione dell’amore Cortese che e’ in grado di rendere nobile ed affinare l’uomo. Nell’amor Cortese la donna viene vista come essere divino, quasi irraggiungibile e l’uomo si vede quasi sottomesso alla figura femminile. Nell’amor Cortese, l’adulterio è all’ordine del giorno, quasi normale. Basta pensare alla vicenda di Lancillotto e Ginevra, in cui il valoroso Lancillotto è disposto a rischiare la vita oltrepassando le inferriate del castello, a costo di vedere la sua amata. Nel Medioevo l’amore era un sentimento fondato sulla sublimazione della donna come un impulso frenetico in grado di esaltare tutte le migliori qualità spirituali di una persona. L’amore cantato dai trovatori era amore vero e sincero verso la donna. Il trovatore cantava alla donna il suo desiderio e si mostrava a lei come vassallo al suo servizio. Molte volte la donna oggetto di amore era sposata è quindi il sentimento poteva sfociare nell’amore adultero. L’amore cantato dagli antichi poeti e dai trovatori fu definito da Dante Alighieri blasfemo e bruto. Il sommo poeta, principale esponente del Dolce Stil Novo, decantava l’amore come un movimento spirituale che vedeva la donna come creatura angelicata, filo conduttrice con Dio. La visione della donna angelo, sicuramente nelle opere dei poeti Stilnovisti (Cavalcanti, Guinizzelli, ecc.), ha lo scopo di avvicinare l’uomo all’Altissimo con un amore spirituale e non lussurioso come quello dei secoli precedenti. Un autore che dà molta importanza all’amore nelle sue poesie è Francesco Petrarca. Il poeta dedica addirittura una intera opera, “Il Canzoniere”, a Laura, la sua donna amata. In quest’opera Laura non viene descritta completamente e materialmente, ma viene idealizzata ed esaltata in mezzo alla natura, dove è lambita dalle acque, coperta di fiori e circondata di cielo. A contrastare le ideologie di amore proprie del Dolce Stil Novo e del Petrarca, ci pensa Boccaccio, totalmente contrario all’idea di donna angelo. Per Boccaccio l’amore deve essere fondato totalmente sul piacere e la soddisfazione carnale. Un altro autore che parla di un amore sublime e romantico è Ugo Foscolo. Ne “Le Ultime Lettere di Jacopo Ortis”, dice che dopo un bacio il cuore si apre, tutto intorno si abbellisce al proprio sguardo. Dice anche che se non ci fosse amore ci sarebbe solo odio e terrore.
Alessandro Manzoni descrive l’amore immenso tra i due promessi sposi, Renzo e Lucia, affermando che l’amore è tanto più grande e più vivo quando educa gli animi alla sapienza, alla fiducia, alla sofferenza alla fortezza. Nella pedagogia manzoniana il vincolo porta il sigillo della sacralità. Il matrimonio diventa la più completa espressione dell’amore, unione che non si dissolve con la morte di uno dei coniugi, perché è destinato a sublimarsi nell’amore divino. L’amore manzoniano non ammette incertezze e distrazioni, non prevede separazioni e divorzi, ma comprensione e aiuto reciproco, tolleranza, riservatezza, e sapienza. Col diffondersi del cristianesimo l’amore acquistò una dimensione nuova, estranea a quella del mondo antico, in quanto ad una prospettiva “orizzontale”, rivolta cioè verso altri uomini o donne, se ne aggiunge una seconda “verticale” orientata verso Dio. “Dio è amore”. “Amatevi gli uni gli altri” si legge nei Vangeli. Questo amore di Dio non conosce limiti e calcoli, è gratuito e spensierato. È l’amore Agape, che è ben diverso dai due tipi di amore elaborati dalla concezione greca, l’Eros o desiderio sessuale e la Filia o amicizia. È l’amore Agape che rende l’uomo capace, anche all’interno di un rapporto di coppia, di amare come ama Dio. È questo l’amore di cui parla S. Paolo nella sua Prima Lettera ai Corinzi chiamandolo “Carità”, laddove afferma che “la carità è paziente, è benigna, non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si compiace della verità; tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.