Col termine Olocausto o meglio Shoah (shoah significa in lingua ebraica distruzione, catastrofe) a partire dalla seconda metà del XX secolo, si indica il genocidio perpetrato dalla Germania nazista nei confronti degli ebrei d’Europa. Esso consistette nello sterminio di un numero compreso tra i 5 e 6 milioni di individui di ogni sesso ed età. La distruzione di circa i due terzi degli ebrei d’Europa ebbe inizio nel 1933 con la segregazione degli ebrei tedeschi, proseguì estendendosi a tutta l’Europa occupata dal Terzo Reich durante la seconda guerra mondiale, con il concentramento e la deportazione, e quindi culminò, dal 1941 in poi, con lo sterminio fisico per mezzo di eccidi di massa da parte di reparti speciali. Il 27 gennaio 1945, anniversario della liberazione da parte dei soldati sovietici dell’Armata Rossa dei sopravvissuti del campo di concentramento e sterminio di Auschwitz, viene commemorato nel mondo come ” Giorno della Memoria ” in cui ricordare la Shoah, vale a dire il genocidio della popolazione ebraica d’Europa. Coltivare la memoria dell’olocausto è un dovere di ogni società’ che voglia dirsi civile. La memoria è una componente indispensabile per potersi muovere meglio nel presente, per vedere meglio i pericoli e vivere in un mondo libero, pacifico e democratico. La storia di chi è stato nei campi di sterminio è stata per molti anni relegata ad un semplice incidente e sepolta nell’oblio. In Israele ed in Europa non si voleva ricordare il massacro e la disumanizzazione, la distruzione fisica e la distruzione morale, messe in atto dai nazisti nei confronti delle loro vittime. Perciò prima di quella della memoria c’è stata la lunga stagione dell’oblio. Alla fine della Seconda Guerra mondiale, dimenticare era più’ importante che ricordare. I troppi dolori, i troppi lutti, le guerre civili tra italiani e italiani, francesi e francesi e tra i popoli degli altri stati d’Europa, l’orrore della SHOAH erano profonde ferite destinate a durare nel tempo. L’oblio finì nel 1961 con il processo contro Adolf Eichmann, durante il quale i ricordi, le testimonianze le grida di dolore delle vittime sopravvissute ai lager, alimentarono una memoria presto dilagante. Col tempo quella memoria è ancora cresciuta fino a diventare celebrativa, al punto che ogni anno, il 27 gennaio, anniversario della liberazione di Auschwitz da parte delle truppe sovietiche, viene commemorato nel mondo come ” Giorno della Memoria ” in cui viene ricordato il genocidio della popolazione ebraica dell’intera Europa. Il giorno della memoria in una società che fatica a trovare punti di riferimento alti, serve alla costruzione del “ricordo” e di una “coscienza civile” che siano dalla parte delle vittime, di chi si è sacrificato e di chi continua a lavorare e a rischiare per difenderci e creare una società’ civile, libera e democratica. Il tema di onorare la “memoria” non è ricerca di vendetta, ma rispetto e riconoscenza per i caduti che hanno versato il loro sangue per la Patria, la libertà’, il dovere, la difesa della democrazia e della sicurezza sociale. La memoria guarda avanti e si porta con sé il passato per salvarlo ed additarlo alle nuove generazioni. L’ignoranza sull’Olocausto, al pari dell’antisemitismo, sta crescendo in particolare tra i giovani. Un recente sondaggio in Europa ha rilevato che circa 1/3 degli intervistati europei in 12 Paesi ha dichiarato di sapere “solo qualcosa” a proposito dell’Olocausto. In Francia quasi il 20% dei giovani tra i 18 e i 34 anni, ha affermato di non averne mai sentito parlare. Negli Stati Uniti, un sondaggio fatto all’inizio del 2018, ha mostrato che il 66% della popolazione non aveva alcuna conoscenza di Auschwitz. Nel complesso questi studi rivelano un dato inquietante: le lezioni da trarre dal genocidio nazista di sei milioni di ebrei sono completamente ignorate e quindi non potranno essere adoperate per affrontare le sfide contemporanee poste alla nostra civiltà’. Non si può ignorare la correlazione tra l’aumento dell’antisemitismo e la diminuita consapevolezza nei confronti dell’Olocausto. Nel 2017, secondo l’F.B.I., i crimini di odio contro gli ebrei hanno raggiunto un picco del 37%. Sempre nel 2017, in Europa, il 30% degli ebrei ha subito molestie di ogni genere. Non c’è una sinagoga attiva in Europa che non sia presidiata dalla polizia. Di fronte all’aumento dell’antisemitismo non vi è che una sola necessità’, quella di insegnare l’Olocausto nelle scuole. La democrazia è fragile, i diritti umani possono essere facilmente indeboliti, calpestati o demoliti. Quello che è successo agli ebrei nella Germania nazista è una delle peggiori atrocità’ della storia. Non è stata l’ultima, come testimoniano la Serbia, il Ruanda, il Myanmar, l’attacco alla sinagoga di Pittsburgh, con l’assassinio di 11 fedeli e tantissimi altri episodi di cieca violenza contro gli ebrei di tutto il mondo. L’antisemitismo, ovvero l’odio e la discriminazione nei confronti delle persone di fede e di famiglia ebraica, esisteva in Germania e in Europa da molto prima dell’avvento del Nazismo. Si trattava di un fenomeno antico, risalente al Medioevo, ma che nel corso del XIX secolo si è acuito fino ad esplodere specialmente in Russia ed in Germania. Nel 1920, con la Repubblica di Weimar, gli ebrei tedeschi avevano raggiunto una piena libertà ed una eguaglianza sociale totale, ed erano perfettamente integrati nel mondo lavorativo tedesco. Ma perché, allora, Hitler odiava gli ebrei? Hitler odiava gli ebrei perché li considerava una razza inferiore rispetto alla razza ariana, a cui appartenevano i tedeschi; perché erano considerati portatori di malattie e morte; perché incarnavano il male assoluto sotto ogni punto di vista; perché erano coloro che avevano crocefisso Gesù’ di Nazareth. Le atrocità commesse dalla Germania nazista sulla popolazione ebraica costituiscono una delle pagine più’ crudeli e dolorose della nostra storia, che non dovrà mai più ‘ essere dimenticata né dalle generazioni presenti, né da quelle future.