Al Tff di Torino fuori concorso è stato presentato il docufilm “Lotta continua“ liberamente tratto dal libro di Aldo Cazzullo “I ragazzi che volevano fare la rivoluzione”. Nelle intenzioni dei realizzatori si tratterebbe di un documentario storico a tanti anni distanza dalla  nascita e e dello sviluppo di un movimento tra lo studentesco e l’operaio guidato da personaggi che sono stati implicati e condannati in processi per atti di violenza e uccisioni durante gli anni di piombo. Io che ho vissuto quegli anni come una possibile vittima di quei movimenti che ritengo ancor oggi più sovversivi che rivoluzionari, non ho il distacco critico che lo storico deve avere per giudicare fatti recenti che grondano ancora sangue. Fui già in forte dissenso da Cazzullo per  suo libro che considero dei ragazzi idealisti, delle belve umane dominate dal ricorso alla violenza alimentata dal fanatismo ideologico più intollerante. Lo sono ancora di più per questo docufilm che vorrebbe spacciare per storia una riabilitazione a senso unico di “Lotta continua” in cui Erri De Luca dichiara con improntitudine  di non rinnegare nulla e si vanta di essere stato l’ultimo rivoluzionario del secolo scorso, senza il minimo dubbio autocritico  sulle scelte di quarant’anni fa. Lo storico di quegli eventi luttuosi per la storia della Repubblica e la democrazia deve ancora venire. Oggi sono troppi i reduci in circolazione, a partire da Gad Lerner che recentemente si è dato alla ricostruzione, anche lui storica,  della Resistenza, senza di fatto mai aver detto con chiarezza che il movimento partigiano non appartiene all’albero genealogico dell’estremismo e del terrorismo rosso ,come vollero far credere allora, suffragati dal consenso di storici e partigiani come Guido Quazza. Non erano neppure lontanamente gli eredi di nessuna Resistenza, invece sono stati portatori di un odio politico che è giunto all’assassinio. Il ricorso alla violenza in uno stato democratico non è mai giustificabile e il PCI di allora ne fu pienamente consapevole sia pure non subito. Solo l’episodio  drammatico di Via Rasella, come disse  Marco Pannella, poteva accomunarli a certa storia. La lente d’ingrandimento delle ideologie ,anzi delle sbornie ideologiche, deforma e continua a deformare la storia, a renderla non praticabile da chi ritiene che  sia necessario ascoltare oltre ai carnefici anche le vittime, le vittime non pentite, direbbe il mio amico Massimo Coco, che confondono il facile, deamicisiano perdonismo, con  un giudizio equanime sine ira ac studio.