Luigi Mazzella, esperto di cinematografia, dedica a Federico Fellini il saggio Federico Fellini. Il visionario realista – editore L’Istituto Culturale del Mezzogiorno – che racconta le caratteristiche dell’opera e la genialità dell’ispirazione del grande regista. Luigi Mazzella segue il cammino del lavoro cinematografico del maestro distinguendo cronologicamente i periodi della sua produzione, dai temi di carattere neorealistico di “Luci del varietà”, “Lo sceicco bianco”, “I vitelloni”, a quelli che provano a rappresentare l’incomunicabilità umana in una società che perdeva progressivamente valori e sentimenti espressi in film come “La strada”, “Il Bidone”, “Le notti di Cabiria”, “La dolce vita”, sino a quella che sarà la sua personale concezione della vita, dell’arte rappresentata dalle pellicole successive, da “Otto e mezzo” a “Amarcord” e “La voce della luna”. “Nulla si sa, tutto s’immagina”, ha spesso ripetuto Fellini, trasformando sogni e incubi, paradossi e immaginazioni in atmosfere capaci di narrare il mondo piccolo borghese, aspettative e finzioni, vizi e virtù del suo tempo. Nato a Rimini, il trasferimento nella grande città, lo aveva messo di fronte al grande inganno della realtà dell’epoca che rubava all’uomo la propria autenticità. L’Italia del dopoguerra, dietro al boom economico e alla voglia di ricostruzione, svelava il degrado civile e morale, l’arrivismo e la mollezza dei costumi, la corruzione e la volgarità del pensiero e della nuova comunicazione: – Dopo la guerra dominava il sentimento della rinascita, della speranza: tutto il male era finito, si poteva ricominciare. Adesso, non so se quest’ombra che si allunga sull’Italia preveda una resurrezione…-.Fellini non cederà né alla contestazione né alla nostalgia, da artista ribadirà: “Non voglio dimostrare niente, voglio mostrare.”. La creatività dunque, come antidoto all’appiattimento, al recupero delle relazioni con gli altri, l’ispirazione poetica per comprendere la realtà, il mondo e, soprattutto, il mistero dell’esistenza. “Federico Fellini è colui che più si apparenta con una chiara visione letteraria, o per meglio dire è l’autore che può interpretarsi agevolmente in chiave poetica. – afferma nella Prefazione Antonio Filippetti, saggista e critico letterario – E se si fa riferimento appunto alla poesia, la filiazione più diretta e immediata è con l’opera di Giacomo Leopardi.” Basta pensare all’ultimo film, La voce della luna, dove il rimando è immediato perché il protagonista della storia è egli stesso un poeta e l’astro notturno rappresenta un luogo dell’anima. Tuttavia, sono diverse le fonti d’ispirazione letteraria che avrebbero influenzato, direttamente o indirettamente, Federico Fellini. Si è parlato di Kafka, Proust, Simenon, di Dante, sul cui Inferno il regista aveva in cantiere una sceneggiatura, e di James Joyce, per l’interesse verso la memoria, l’infanzia, la satira grottesca, le culture più basse. “Joyce è il sognatore più esatto di tutti”, scriveva Italo Svevo e, quindi appare evidente come rilevato da Federico Sabbatini, che il punto di maggior contatto con lo scrittore irlandese, sarebbe “la costante commistione di realtà concreta e realtà onirica, una commistione talmente stretta e inestricabile da rendere il confine tra le due sfere dell’essere a dir poco labilissimo”. Il titolo del volume di Mazzella rimanda proprio a una famosa affermazione di Fellini secondo la quale “il visionario è l’unico vero realista” e questo ritratto affascinante e accurato del personaggio e dell’artista permette al lettore di riscoprire la magia felliniana, con le sue immagini evanescenti, i personaggi incredibili dei quali è difficile dire se sono uomini o fantasmi, maschere di un’interiorità contraddittoria e complessa. In attesa del “Museo internazionale Federico Fellini”, la cui apertura era prevista nel 2020 per il centenario della nascita, sospesi tra realtà e illusione, è facile lasciarsi catturare dall’emozione nello scorrere, tra le pagine titoli, testimonianze e citazioni. Luigi Mazzella scrive una tappa importante del viaggio, mai interrotto, nell’ironia fantastica del regista, una sorta di piccolo monumento letterario che scolpisce gli aspetti salienti e li restituisce alla contemporaneità per rilanciare il valore poetico e contingente della lezione dell’uomo e dell’artista.
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