Giuseppe Bedeschi si diletta a stendere elenchi di personalità liberali con criteri molto personali e anche questa volta nel libro “I maestri del liberalismo nell’Italia repubblicana“, edito da Rubettino, non si smentisce. L’ho conosciuto e gli ho anche fatto presentare un libro anni fa all’Università di Torino, ma l’uomo non è cambiato. E’ stato marxista in gioventù e il suo liberalismo è ancora incerto oggi che è ultra ottantenne. Spiace perché le cose che scrive non sono sgradevoli, ma risentono troppo di antipatie o simpatie o di rimozioni dovute a scelte culturalmente immotivate. Nel caso del nuovo libro parla ovviamente di Croce e di Einaudi, ma vi inserisce Salvemini che non si può certo considerare un maestro di liberalismo, a meno di considerare liberale anche l’ala radicale di Ernesto Rossi e di Pannella. Scrive del liberalsocialista Guido Calogero, ma tralascia Ugo La Malfa che fu repubblicano, ma sicuramente di convinzioni liberali. Si occupa di Carlo Antoni, ma non di Guido De Ruggiero, scrive molto opportunamente di Nicola Matteucci e di Giovanni Sartori, ma trascura Panfilo Gentile. Vede un nuovo liberalismo in Rosario Romeo che fu un grande storico risorgimentalista, ma non si può considerare un pensatore, definizione che lo avrebbe infastidito. Mette nella sua Galleria ideale Francesco Compagna e il
Gruppo di ”Nord e Sud” senza dare adeguato risalto a Vittorio de Caprariis e conclude con il suo maestro Lucio Colletti convertitosi dall’iniziale marxismo al berlusconismo. E’ assente Mario Pannunzio e il suo “Mondo“ che costituì la manifestazione più alta della cultura liberale dell’Italia repubblicana e che ospitò gli articoli di tanti tra quelli presi in considerazione dal nostro. Mette anche Giuseppe Maranini, ma ignora Giovanni Malagodi e “Libro aperto “, l’unica rivista sopravvissuta ad opera di Antonio Patuelli. Non una parola è dedicata a Raffaello Franchini e al suo allievo Girolamo Cotroneo che superò il maestro. Trascura anche Valerio Zanone che non fu solo un politico, ma un intellettuale e non da il minimo spazio a Marcello Pera che ha contribuito a far conoscere in Italia Popper ed ignora il maestro di Pera Francesco Barone, inequivocabilmente filosofo della libertà, quando Bedeschi era ancora sull’altro fronte. Anche Dino Cofrancesco merita attenzione perché è oggi uno dei maestri del pensiero liberale ed ha squarciato in passato i veli dell’azionismo illiberale. Appare paradossale mettere, come fa l’autore, tra i maestri del liberalismo due socialisti solo parzialmente liberali come Calogero e Bobbio, senza parlare della costante, vivissima testimonianza di Dino Cofrancesco. L’unica voce liberale femminile, quella di Luisella Battaglia, è anch’essa trascurata. Peccato, perché il libro sarebbe interessante, se non fosse lacunoso. Non dice nulla di nuovo, ripete cose risapute, ma in modo chiaro. Le voci mancanti penalizzano irrimediabilmente il volumetto di Bedeschi che è il frutto della rigovernatura di vecchi lavori. Un libro da sconsigliare a chi voglia avvicinarsi agli studi inerenti il liberalismo italiano che Grassi Orsini e le sue ricerche meticolose hanno fatto conoscere proprio attraverso le edizioni Rubettino.
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