Malagodi e Pannunzio furono fieri avversari, perché Malagodi fu segretario del PLI dal 1954 e già nel 1955 Pannunzio uscì da quel partito, per poi dare vita al partito radicale.  L’urto frontale in effetti  non fu tra Pannunzio e Malagodi, ma tra quest’ultimo e il conte Niccolò Carandini che accusò il nuovo segretario di aver affittato il “nobile partito di Cavour all’Assolombarda“, un ‘esagerazione polemica perché Carandini, ricco proprietario terriero, non venne eletto deputato nel 1953. Sulla lunga distanza la sinistra liberale fece naufragio, si spaccò, ma soprattutto non ebbe consensi elettorali, pur alleata prima con i repubblicani e poi con i socialisti. Fu una sinistra liberale dignitosa e coerente che non finì con i comunisti come capitò ad altre sinistre liberali come quella di Franco Antonicelli che passò dall’idolatrare Benedetto Croce,  a solidarizzare  con Lotta Continua  dopo il ‘68 quando venne eletto senatore con il PCI.
Pannunzio impedì il cannibalismo interno  dovuto all’insuccesso e uscì dignitosamente  dal partito radicale che aveva contribuito a fondare. In quel momento si ruppe il rapporto anche personale tra il maestro Pannunzio e il sedicente allievo Scalfari che cominciò a navigare verso i comunisti. “Il mondo“ ,” L’Espresso“, “Repubblica“ sono realtà distinte e distanti che non possono essere confuse.
Pannunzio nel 1966, resosi consapevole che il centro- sinistra aveva fallito, chiuse il suo giornale.
Arrigo Olivetti, amico intimo di Pannunzio e cofondatore con me  e Soldati del Centro Pannunzio, mi disse  più volte che egli era pentito di aver sostenuto la nascita del centrosinistra. DC e PSI non si rivelarono all’altezza  del disegno giolittiano a cui lui pensava e Pannunzio che amava Cavour e il Risorgimento – mi disse Olivetti – considerava un  grave errore le Regioni a statuto ordinario. Malagodi si era battuto strenuamente contro le Regioni insieme ad Aldo Bozzi e quella battaglia è forse il suo più grande merito politico e patriottico. Io, a trent’anni dalla sua morte, immagino, anzi voglio immaginare,  cosa sarebbe stato il liberalismo italiano se Pannunzio e Malagodi non avessero preso strade diverse. Qualcuno potrà considerare un’eresia  questa mia ipotesi, ma il liberalismo “non oligarchico“ di Malagodi, quello della Carta di Oxford, riscritta da Malagodi  nel 1967, non è lontano dalla liberal- democrazia di Pannunzio che guardava a Tocqueville. Io me li immagino rappacificati e immagino in un angolo, accigliato, il conte Carandini che non divenne deputato neppure nel 1958 con i radicali .