Alle  11,30  del 15  dicembre 1840 , sopra un  grande carro  imperiale, più trionfale che funerario, trainato  da ben sedici cavalli , il feretro contenente  la salma  di Napoleone , Imperatore e Re, entrava  in Parigi  dalla porta dell’Etoile, concludendo  così  il lungo  viaggio, iniziato  per nave , sulla fregata  francese “Belle-Poule, il 18 ottobre, da  Sant’Elena, che il giovane allievo ufficiale , ancora Buonaparte , aveva definito “piccola isola” nei suoi studi di geografia,  terminato , dopo 40 giorni,  il 30  novembre a  Cherbourg,  proseguito  su altra nave fino alla foce della Senna, poi  risalita, fino alle porte della  città, ed infine proseguito  nel tratto finale  sulla  via terrestre. Così  giungeva  al termine  l’iniziativa della  monarchia orleanista , politicamente  intelligente  e  sentimentalmente  valida , di riportare in terra di Francia la salma, come  dal  desiderio espresso a Sant’Elena ,   dallo stesso  Napoleone “che le mie ceneri  riposino  sulle rive della Senna, in mezzo al  popolo  francese che ho tanto amato” ,  e non le “ceneri”, anche se  cosi si era espresso  e  l’operazione del rientro  aveva avuto  la denominazione  “retour  des cendres”. Il 12 maggio ,infatti , alla Camera dei Deputati , era pervenuto  un messaggio del Re Luigi Filippo  in cui il Sovrano , rivendicando una continuità  monarchica, di cui dal 1830 , si  affermava  erede, auspicava il rientro della  salma  di Napoleone “Imperatore e Re, legittimo  sovrano della Francia”, non a San Dionigi, ma nell’imponente  edificio , l’ “Hotel des Invalides”,voluto e  realizzato dal  “Re Sole”, Luigi  XIV, per  gli invalidi, e  dedicato  poi  ai  grandi  militari francesi. E per  rendere questa operazione  di alto significato patriottico e simbolico  il comando della nave, che avrebbe riportato in Francia, le spoglie napoleoniche,  era affidato ad un esponente della casa reale , il   terzogenito del Re , Francesco-Ferdinando, Principe  di Joinville, che dopo l’approvazione  entusiasta ed unanime dei Deputati  partiva da Tolone , il successivo  7 luglio , gettando infine l’ancora nel porto di  Sant’Elena , l’8 ottobre .Di concerto  con le autorità britanniche  si diede  così inizio alle delicate pratiche di  riesumazione della salma ,con  ‘ l’ apertura  di due minuti, della cassa”, che consentì  a tutti i numerosi presenti , di visionare  lo straordinario stato  di conservazione della stessa, per poi trasferirla  sulla  nave “Belle-Poule”, all’ancora nel porto, nella nuova  cassa  predisposta. Così , definitivamente, Napoleone  tornava  in quella  Parigi , che aveva dovuto abbandonare  due  volte , il  1814  ed il 1815  e la sua salma  sarebbe stata posta successivamente al centro della “Dome”, già  “Chapelle Royal”,  dove avrebbero preso posto  anche quelle de fratelli Giuseppe  e Gerolamo , e  del figlio , Napoleone  II,  il  Re di Roma , e dove avrebbe avuto  per compagni  il grande Turenne, Roger de Lisle  ed i suoi fedeli marescialli Bertrand , Bugeaud, e poi  successivamente  i  Canrobert ,Mac Mahon, Lyautey, per  finire con Foch, Nivelle, i generali della  Grande Guerra , ed infine il maresciallo  Juin, che forse non avrebbe meritato tale  onore. I  festeggiamenti  furono grandiosi , statue , archi , ed altri apprestamenti rievocativi ,tribune  gremite, il Re , la Regina , tutta la Famiglia Reale, centinaia di migliaia  di parigini lungo il percorso  e specialmente  i soldati , tra  i primi  quelli napoleonici  con le loro antiche divise , i superstiti  della “Vecchia Guardia”, che si era  sacrificata  a Waterloo , ed i suoi granatieri . Forse tra questi erano anche  i  famosi  “I due granatieri” , della bellissima  romanza   di  Heinrich Heine, così intitolata ,musicata da Robert Schumann , due tedeschi  che ,come tali, nulla  dovevano a Napoleone, ma che  erano rimasti soggiogati  dalla sua  persona, assunta  a livello di “mito”, mettendo  nelle semplici  parole dei  due soldati una  fede  appassionata  per l’Imperatore ,  che andava oltre il  loro sacrificio e la  morte. E  la fama  del mito  si era diffusa fuori della Francia , per cui , ad esempio, vediamo  che a Torino, nel 1841 , regnando  Carlo Alberto , forse non immemore  del titolo comitale , che a lui , povero orfano del padre, era stato elargito dall’Imperatore ,da un locale stabilimento tipografico , Fontana, veniva stampata  e diffusa  anche fuori del Piemonte , all’incredibile prezzo pel l’epoca di  due lire, la traduzione  della relazione “officiale” della traslazione della salma e del funebre corteggio, “illustrata  con appositi intagli disegnati dal vero”, di cui, un  esemplare è  conservato, quasi  religiosamente, nella  biblioteca di famiglia.    Ora  sono passati  duecento  anni da quel  5 maggio 1821 . Dopo le statue , i dipinti , le stampe  dedicati  al Generale , poi  Primo Console , infine  Imperatore  e , non dimentichiamolo,  Re d’Italia, anche  se  un’Italia  dagli strani confini, del  periodo che lo vide “folgorante in solio”, anche  dopo  memoriali, memorie, romanzi , poesie  successive  alla  sua scomparsa, ed al “bonapartismo”, vivo  ancora per  gran  parte del diciannovesimo secolo, ,sono  seguiti successivamente , in Francia ed anche in Italia  , decine e decine  di  libri , studi ,   saggi ,  articoli ,manifestazioni celebrative , e francobolli , a  testimonianza  del fascino  e del “mito”  rimasto, e di un giudizio storico  che  non ha più quell’aspetto negativo, che  le guerre  napoleoniche , che  interessarono tutta  l’Europa , fino alla  grande Russia , con  il  grande numero di morti  ed invalidi , sembrava, aver  decretato , quasi senza appello. Oggi, anche se  vi  sono  giudizi  ancor più severi  per le mutate condizioni storiche, da  altri storici  con maggiore serenità  si  sono ricordate  le conquiste civili  del suo Codice che dalla Francia si diffuse nel resto  dell’Europa , le altre modernizzazioni nella amministrazione  delle città  e nella  struttura dello stato  e  per quanto ci riguarda  aver  resuscitato, in Italia ,  lo spirito  ed il valor  militare , che era  rimasto  vivo  solo nel piccolo Ducato e poi Regno Sabaudo, dopo secoli d’inerzia  in tutti gli altri stati e staterelli della nostra  penisola .E se  dal passaggio delle sue armate  erano  seguiti  lutti , era  stato anche sparso  un seme  che  qualche frutto  ancora acerbo dette nel 1820  e nel 1830 , ma giunse a maturazione nel 1848 , aprendo la stagione del nostro  Risorgimento.