Si continua ad agitare lo spettro del parlamentare “ricco”, del parlamentare “che pensa ai fatti suoi”, del parlamentare appartenente alla “casta” e quindi si passa al “parlamento inutile” come di fatto è stato recentemente suggellato con il taglio della rappresentanza parlamentare. Sono ormai decenni che la dialettica politica è questa, nata e cavalcata da un certo populismo che non è da definire soltanto “disfattista” ma che sullo sfondo può anche contenere germi ben più pericolosi. La cosa dunque è seria. Seria perché su questa volgare dialettica si sono costruite diverse carriere politiche ma soprattutto per le conseguenze già operanti sulla Costituzione e sulla struttura delle Camere.
Ha ragione Mattia Feltri che, in un suo articolo, ricorda il fatto che simili esternazioni contro parlamento e i partiti, con il loro relativo clima di calunnia che hanno generato, nella storia hanno potuto portare agli autoritarismi, come per il fascismo.
Partendo dalla polemica innescata a seguito delle dichiarazioni di Piero Fassino c’è da sottolineare che il problema vero non è il parlamentare “che guadagna troppo”. Il parlamentare ha il diritto di percepire un compenso adeguato. Il ruolo del parlamentare è un ruolo di alta responsabilità ed è un ruolo quindi in cui tale responsabilità risulta essere anche più elevata rispetto a quella insita in altre mansioni ben retribuite. Ci sarebbero poi tanti altri aspetti da approfondire e occorrerebbe farlo con capacità di analisi e di confronto e non ad un livello superficiale.
Mi soffermo in particolare su un’ultima questione. Si parla poco o nulla, ad esempio, del tema della qualità degli eletti. Dei meccanismi, anche elettorali, che nel tempo hanno di fatto svuotato la funzione del parlamentare, sempre meno legato al territorio e ai collegi e sempre più alle segreterie di partito. L’ultimo taglio degli eletti con la modifica costituzionale è andato esattamente in questa direzione. Ma l’art. 67 della Costituzione sancisce: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. L’eletto dunque non rappresenta il partito ma la Nazione. I Costituenti lo avevano previsto, altrimenti non si sarebbero sentiti in dovere di specificarlo. E se il prossimo attacco ancora più deciso fosse sull’art. 67 della Costituzione?
C’è tanto in gioco. Occorrerebbe una grande opera di informazione a partire dalle scuole magari riproponendosi di rivisitare i programmi scolastici in senso critico. Al Paese come nel resto del mondo serve un clima unitario di conoscenza, un clima di difesa della democrazia, un clima generale dunque che aiuti in questo senso anche ad analizzarne pregi e difetti per proseguire nel cammino della civiltà e delle garanzie di libertà.