Quando la politica non è al servizio della comunità, di solito è altresì incapace di visione e anticipazione dei processi storici. Essa decide pertanto di dedicarsi alla bassa ideologia politica e sociale. Questa politica si dedica con passione a linguaggi facili e populistici, cerca compulsivamente chances di conquista del potere, e rischia di condurre la comunità al disastro. La storia è maestra di questi epigoni, ed è questa la ragione fondamentale per cui i sistemi statuali fortemente personalizzati sono un pericolo per la democrazia, e dunque la prospettiva di sistemi presidenziali, rappresentati al popolo come autorevoli e stabili, in realtà espone la democrazia medesima all’attacco del suo peggior nemico: l’irrazionalità della protesta plebea, della pancia profonda del popolo sospeso fra cattiva politica e umori inquinati e inquinanti della politica alta e produttori di false ideologie.
Un caso che inquieta il mondo è il caso Trump: un uomo pericoloso che ancora oggi ha serie chances di tornare a capeggiare gli Stati Uniti d’America, patria fra le patrie dell’avvento delle democrazie moderne. La personalizzazione del voto è pericolosa, mette in azione il protagonismo di personaggi ostili al sistema democratico, che sapientemente lavorano a saldare il loro protagonismo autoritario al malcontento non strutturato, alla spinta irrazionale delle fasce socialmente e culturalmente deboli della società, al bacino del non voto elettorale, spesso ostile alla democrazia per radicate, quanto antiche, ingiustizie sociali.
In Italia gli ultimi trent’anni hanno dimostrato che anche le democrazie parlamentari, nei periodi di crisi, sono esposte alla personalizzazione politica che si nutre di promesse irrealizzabili e di teatri di nuovi sistemi, stile seconda repubblica. Recentemente, in materia di aiuto alle fasce deboli, abbiamo constatato l’uso di argomenti che difficilmente potrebbero non essere apprezzati: “Sostituiamo l’assistenzialismo con posti di lavoro ricchi!”. Come non essere d’accordo? Peccato che tempi e modi per una simile ristrutturazione della società richiedano visione, capacità di governo, tempi utili, e che l’improvvisazione comprometta la coesione sociale, costringendo milioni di italiani alla povertà assoluta.
Negli ultimi trent’anni soltanto i pesi e i contrappesi del sistema parlamentare hanno salvato l’Italia dalla rovina. La personalizzazione berlusconiana ha avuto vita soltanto per l’effetto devastante delle divisioni del mondo democratico, ed essa è stata contenuta soltanto dai sani contrappesi della Costituzione repubblicana (Presidente della Repubblica, Corte Costituzionale, Magistratura), dalla lotta alle mafie, dal protagonismo dell’altra Italia profonda, quella che ha creato la Repubblica. Il leader del Centrodestra è peraltro andato al governo secondo due modalità che dimostrano che il Paese è più avanti della politica: la divisione dello schieramento avverso che ha consegnato la vittoria in chiave maggioritaria, pur possedendo una virtuale maggioranza proporzionale nel Paese; oppure per effetto della non tenuta dei governi democratici che pur avendo vinto le competizioni elettorali han dovuto presto cedere il passo all’avversario politico.
Oggi si discute di immigrazione ma lo si fa di nuovo da parte della Destra al governo (nuovamente malgrado il Paese si sia espresso proporzionalmente a favore del disunito e confuso fronte democratico) con argomenti che difficilmente trovano ancoraggio nella realtà. Lo si fa discutendo fra ideologia, razzismo, salvezza dei valori occidentali. Nessuna visione. Proviamo ad elencare i fenomeni con cui bisognerà fare i conti in Italia, ma non meno in Europa, rispetto al fenomeno inarrestabile dell’immigrazione africana e medio-orientale:
– il 70% della popolazione africana ha età inferiore ai 30 anni, vive fra guerre e povertà, ed è attratta dai modelli occidentali che conosce perché connessa tramite i social;
– l’Italia ha bisogno di giovani e di manovalanza, esiste una domanda di lavoro che va organizzata in termini di dignità e diritti; esiste altresì un problema di valorizzazione dei livelli alti di formazione, di riorganizzazione dell’orientamento agli studi, di riorganizzazione del mercato del lavoro;
– la questione demografica è gravissima, il mancato riequilibrio di una popolazione sempre più vecchia comporta: crescita incontrollata della spesa pensionistica, dell’assistenza sanitaria e delle politiche per gli anziani; lo stesso futuro pensionistico dei giovani è a rischio;
– risulta dai dati INPS un saldo attivo del sistema contributivo pensionistico dovuto alla crescita di immigrati nel sistema;
– la capacità di portare a soluzione i predetti fattori, di cogliere novità storiche che possono divenire opportunità, insieme a politiche autorevoli di lotta all’evasione fiscale e alla criminalità organizzata, costituiscono elementi decisivi al riequilibrio della spesa pubblica, al superamento della tendenza storica all’indebitamento che, a partire dai primi anni ’70 del secolo scorso, strangola la vitalità e la creatività dell’economia italiana.
Mettere in fila questi elementi di riflessione, abbandonando sciocchezze come la difesa della razza e dei costumi metterebbe il Paese nelle condizioni di intravedere il futuro, di organizzare la sua visione, di governare, e magari di investire su un mondo più giusto e su una politica di solidarietà internazionale.