Mai avrebbero creduto le generazioni cresciute nel dopoguerra di dover affrontare la lettura di ‘Mattatoio N.5’ di Kurt Vonnegut in una chiave diversa da quella artistico-letteraria, come di una testimonianza partecipata e trasfigurata di un tragico evento bellico. Il reduce che torna con la mente a tratti sconvolta dalle durezze della guerra e lancia il suo doveroso grido di protesta antimilitarista, nel caso specifico attraverso un racconto di fantascienza dominato dalla prima all’ultima pagina dall’angoscia reale, vissuta, sofferta, del bombardamento di Dresda del febbraio ’45. “Così è la vita. Così è la guerra”. rE invece è necessario riprendere in mano la testimonianza di Vonnegut, soldato prigioniero a Dresda in quei giorni, per conoscere da un lato la materiale distruzione delle cose, delle vite, delle menti, e dall’altro la visione di quei fatti di ‘guerra totale’ elaborata da un soldato americano che si trovò a vivere quei giorni e quegli eventi da una prospettiva diversa da quella mainstream dei vincitori della guerra. “La ragione per cui avevo la morte nel cuore, allora come oggi, riguarda un incidente al quale venne dato poco spazio sui giornali americani. Nel mese di febbraio del 1945 la città di Dresda, in Germania, fu distrutta e con essa centomila esseri umani. Io c’ero” (Vonnegut – Ricordando l’apocalisse – Feltrinelli 2008). “Dresda, ci dissero, era l’unica città tedesca scampata ai bombardamenti fino a quel momento… ospedali, fabbriche di birra, ceramiche, strumenti musicali… ‘una città aperta’ pensavano le migliaia di profughi provenienti dalle macerie fumanti di Berlino, Lipsia, Breslavia, Monaco, Chemnitz… Dresda era tra le più belle città del mondo. Monumenti, chiese, giardini pubblici, musei, biblioteche, teatri, una celebre università… Dresda parlava con eloquenza delle splendide cose della civiltà europea”. I B-17 cancellarono in una notte del febbraio ’45 tutto questo. “Tritolo e bombe incendiarie sterminarono in una sola notte di sangue più persone di quelle che morirono nell’intera Battaglia d’Inghilterra… Contro i nostri avieri le difese di Dresda spararono una dozzina di colpi.” Vonnegut e i soldati americani prigionieri passarono la notte nella cella sotterranea di conservazione delle carni di un mattatoio. “Fummo fortunati, perché era il miglior rifugio della città. Sopra la nostra testa, dei giganti calpestavano la terra… andavano avanti e indietro: bombardamento a tappeto… Bruciati vivi, soffocati, schiacciati: uomini, donne e bambini uccisi indiscriminatamente”. Di fronte a tanta apocalittica strage gli stessi concetti di libertà e di destino sono messi in discussione e perdono il valore e il senso che siamo usi attribuirgli. “Se non avessi passato tanto tempo a studiare i terrestri”, disse il tralfamadoriano, “non avrei la più pallida idea di cosa intendete per ‘libero arbitrio’. Ho visitato più di cento pianeti abitati nell’universo. Solo sulla Terra si parla di libero arbitrio”.