Sicuramente sarete rimasti con il fiato sospeso, dopo aver letto La riapertura delle scuole: una tragicommedia all’italiana. Vi sarete chiesti: “Ma alla fine sarà arrivata la mitica app per verificare se i lavoratori della scuola hanno il greenpass attivo senza costringerli a esibirlo tutte le mattine ai bidelli?”. La risposta dal 20 settembre è sì, ma anche no. Infatti, questa app a disposizione delle segreterie può attingere solo ai dati sanitari dei dipendenti statali di ruolo. Sono quindi esclusi i seguenti soggetti: supplenti e dipendenti esterni (cioè operatori delle mense, assistenti agli alunni diversamente abili, esperti di lingua, musica o per altri progetti, ecc…). E che cosa accadrebbe se costoro dimenticassero il green pass? I supplenti verrebbero sanzionati e verrebbe loro decurtato lo stipendio, gli altri perderebbero la giornata. È ancora presto per valutare quale ricaduta sulla pandemia potrà avere il possesso di greenpass da parte dei lavoratori della scuola. Ma, in ogni caso, anche prima di quest’anno scolastico gli insegnanti e gli educatori (eccetto quelli dell’infanzia) erano ritenuti contatti non stretti degli studenti, quindi non venivano messi in quarantena se in una delle loro classi si palesava un caso di Covid19. Ciò significa che, allora come adesso, la classe non poteva frequentare in presenza per una decina di giorni, mentre i docenti dovevano andare a scuola per le altre sezioni in cui lavoravano e, contemporaneamente, fare lezione via meet a chi era costretto temporaneamente a casa. Questa è la situazione della scuola con la pandemia in corso. Ma ci sono vecchie tradizioni che stentano a morire. Anche con il governo dei migliori in carica posso annunciarvi che non tutte le cattedre hanno ricevuto un titolare. E anche con il ministro Bianchi e il ministro Speranza perfettamente operativi prosegue l’annoso balletto delle ore di sostegno. Non vorrei sollevare un polverone, ma da tempo le ore di sostegno, da assegnare anche a casi difficilmente gestibili senza il rapporto uno a uno, sono state diminuite. Questo ha comportato un aumento delle ore degli assistenti educatori (assunti dai comuni tramite le cooperative e pagati la metà o un terzo degli insegnanti) sui casi più bisognosi. Ma, nonostante la generosità dei sindaci, spesso accade che il monte ore settimanale di questi ragazzi non venga coperto totalmente. Allora la scuola deve fare ricorso alle compresenze, che, in teoria, dovrebbero servire per la valorizzazione delle eccellenze o per fare corsi di potenziamento ai neoarrivati in Italia o per i dsa, che ormai difficilmente ottengono un insegnante aggiuntivo. E, invece, queste ore in più si devono utilizzare per colmare le lacune nelle ore di sostegno. A questo aggiungerei un altro dettaglio: da anni le segreterie possono nominare supplenti solo per assenze che superino i dieci giorni. Quindi se un professore è assente perché deve andare a fare un esame in ospedale o perché ha l’influenza cosa accade? La scuola deve pescare dalle ore di compresenza (sempre più risicate) o deve chiedere agli insegnanti di fare ore aggiuntive (da recuperare, perché spesso non ci sono i fondi per pagare gli straordinari) o deve dividere le classi (si mandano due o tre studenti per classe a sentire le lezioni degli altri, con buona pace del sig. Covid, che non dovrà permettersi di passare da un alunno ospitante a un alunno ospite). E così ci si ritrova come in una squadra di calcio, dove, se uno si azzoppa, non si può sostituirlo perché non c’è nessuno in panchina. Chiudo con una curiosità. Quest’anno, come lo scorso, alcune classi troppo numerose hanno avuto l’onore di bisecarsi o trisecarsi per ridurre il numero di alunni per aula garantendone il distanziamento. Per fare ciò è necessario nominare oltre ai supplenti ordinari, anche i supplenti covid. I primi stanno arrivando, a fatica, un po’ per volta. Dei secondi si è sentito finora molto parlare. Aspettiamo di vederli presto all’opera. Possibilmente prima del termine dello stato di emergenza.