Oggi, più che mai, la scuola deve guardare al futuro, restituire speranze e fiducia, porre le basi per costruire e produrre Cultura, il segno distintivo del genere umano. Per raggiungere questi macro obiettivi, l’attuale tendenza alla tuttologia non rende e neppure la chiusura in ristretti ambiti di autoreferenzialità professionale. Nell’era del “pensiero complesso”, che è un pensiero “articolante e multidimensionale” (Morin, 2003), occorrono dialogo, incontro costruttivo e propositivo, ascolto, messa in opera di strumenti e metodologie provenienti da diversi campi di studio e di ricerca, sinergia. La finalità è restituire il legittimo ruolo di protagonismo e dignità a ogni persona. Nessuno escluso. Aggiunge Morin: «Un’educazione che mirasse a una concezione complessa della realtà e facesse su questa una riflessione complessa, collaborerebbe anch’essa con gli sforzi che hanno per obiettivo quello di attenuare la crudeltà del mondo». Ricordiamo che “complessità” è un termine che non si riferisce a qualcosa di insondabile, inspiegabile o indecifrabile; essa comprende e abbraccia una moltitudine di trame: umane, sociali, culturali, etniche, politiche e via dicendo. La complessità investe anche e soprattutto la scuola visto che l’apprendimento stesso risulta essere un cammino in continua evoluzione, errante. Educare al pensiero complesso è la vera sfida, consente di non cadere nelle trappole del determinismo, di rendersi consapevoli che la verità è un cammino “itinerante ed errante” e che ogni teoria non rappresenta la conoscenza ma permette la conoscenza. Ce lo ricorda il centenario Edgar Morin, sociologo e filosofo di grande saggezza, umanità e competenza.

Brevi riflessioni per introdurre alcune considerazioni sull’annoso problema dell’inserimento dello psicologo e del pedagogista nelle scuole a fianco di docenti e famiglie. Non è un problema di poco conto e riguarda tutta la comunità, seppure sia stato oggetto, finora, di semplificazione e di luoghi comuni che hanno creato confusione, rigidità e incomprensioni. Così, anziché cooperare, si è potenziata un’insana competitività anche tra le figure educanti, soggiogate, a loro volta, al fenomeno di aziendalizzazione sociale. Non è più il momento di magnificare l’una o l’altra professione. Chiunque operi nel campo dei processi educativi e formativi deve assumersi la responsabilità di agire nel rispetto della persona, rifiutando ogni forma di mercificazione del sapere, quella che Paulo Freire aveva definito “pedagogia bancaria” che va affermandosi anche attraverso il linguaggio: debiti, crediti, risorse, spendibilità del titolo di studio, imprenditorialità, capitale umano e via dicendo. La cooperazione educativo-formativa rappresenta l’imperativo categorico perché «nessuno educa nessuno, nessuno si educa da solo, gli uomini si educano insieme, con la mediazione del mondo». (P. Freire)

Il 5 agosto scorso sul sito di Sanità e informazione è stata pubblicata la proposta alla Camera di un ddl da parte del CNOP a nome del deputato Emilio Carelli, che ha per oggetto l’inserimento nelle scuole dello psicologo scolastico e si afferma: «Servono interventi tempestivi. Mettere questa figura a sistema sarebbe importante. I ragazzi hanno risentito della psicopandemia».[1] Siamo senza dubbio d’accordo sugli effetti devastanti prodotti, in ogni fascia di età, dalla pandemia e ritengo che alcune situazioni richiedano uno specifico intervento psicologico.

Ma la frammentazione è, ormai, un fenomeno epocale. Infatti, pochi giorni prima, nelle scuole della Lombardia, con la legge regionale approvata il 28 luglio scorso, è stato istituito il Servizio psico-pedagogico che costituisce il risultato di un lavoro sinergico svolto dalla consigliera Gigliola Spelzini con la CUNSF e con l’Ordine degli psicologi della Lombardia, presieduto da Laura Parolin, docente di psicologia dinamica di Milano-Bicocca.[2]  Si tratta del risultato di un bel “lavoro sinergico”. Sinergia: un termine tanto usurato quanto eluso nei fatti. Dal gr. synerghía, deriv. di synérghein ‘collaborare’, comp. di sýn ‘sin-’ ed érghein ‘agire’, significa letteralmente “cooperazione tra più elementi per il raggiungimento di un risultato comune”. Finalmente una buona legge. Che cosa si aspetta a estenderla?

 La fase storica che viviamo è senza dubbio una tra le più eccezionali e delicate ed è per questo che richiede massima attenzione e…sinergia, soprattutto tra coloro che si definiscono professionisti dell’educazione e del benessere psico-fisico della persona. Le professionalità educative in generale hanno al centro la “persona”, ciò implica il naturale superamento di ogni forma di personalismo associativo e/o di categoria, o di autoreferenzialità. È una questione di deontologia professionale quando sorretta da valori imprescindibili di umanesimo. È necessario, oggi più che mai, assumere un autentico atteggiamento scientifico che significa anche riconoscere che sono necessarie pluricompetenze professionali per provare a rispondere ai nuovi e imprevisti bisogni di un’intera cittadinanza, in nome del principio: “la persona al centro”. Soltanto con la compartecipazione, la co-progettazione, la corresponsabilità, la condivisione, è possibile offrire sostegno e strumenti alle scuole e alle famiglie, vittime, peraltro, di decennale delega educativa.

Quando la scuola o la famiglia non funzionano, quando un adolescente ricorre al suicidio (come spesso accade, purtroppo), quando si inasprisce oltremodo il fenomeno dell’abbandono scolastico, quando un adolescente cade nel retaggio della violenza, ogni adulto è responsabile, da nord a sud del Paese, a prescindere dalla specificità professionale.

Le professioni dell’ambito delle scienze umane e sociali hanno enormi responsabilità, tanto quanto i politici, gli economisti, gli scienziati. Almeno loro dovrebbero dare prova di impegno sinergico e sintonico per superare frammentazioni e divisioni pubblicamente evidenti. La scuola è il motore del presente e del futuro e c’è molto lavoro da fare, sia che riprenda in presenza, sia che ritorni in DAD o in DDI. Occorre intervenire in modo mirato, oltre l’emergenza, quindi nell’ottica della prevenzione e, soprattutto della promozione dell’agio. Non ci sono professionalità più indispensabili o più efficaci di altre. Semplicemente sono richieste diverse e specifiche competenze psicologiche, pedagogiche, didattiche, metodologiche. Siamo abituati a intervenire quando ormai è troppo tardi e così ci si concentra sui fenomeni del disagio, del disadattamento e della devianza, senza chiedersi se non sia stato trascurato il “prima”, ovvero se sia stato fatto tutto il possibile per creare e realizzare le condizioni del benEssere della persona, di qualunque età. Oggi, che la scuola sembra essere al centro del dibattito, più tecnicistico che pedagogico in realtà, è necessario sostenere i docenti e, insieme a loro, porsi e analizzare le domande, visto che la scuola non è solo una questione di programma e valutazione. Come devo relazionarmi con l’alunno in presenza o da lontano, che io sia docente e/o genitore?  Come ricreare un clima empatico in classe? Come recuperare lacune che sono cresciute mese dopo mese? Come sostenere il genitore e creare una buona relazione di fiducia reciproca? Come aiutare gli adolescenti che hanno abbandonato la scuola? Come spiegare la morte ai bambini che hanno perso un parente? Quali strategie didattiche utilizzare per recuperare autenticamente i vuoti accumulati? Come gestire lo spazio fisico delle aule senza penalizzare la relazione educativa? Come valutare gli alunni alla luce di siffatti cambiamenti? Come gestire le linee guida che impropriamente vengono ancora considerate “programmi ministeriali”? Come far giocare i bambini ricreando la serenità dei rapporti? Come sostenere i docenti che finora hanno dato il massimo di sé facendo leva sulla propria preparazione e sulla inesauribile creatività, ma che ora sono stanchi? Come gestire le emozioni degli uni e degli altri? Questo e molto altro ancora. Come rispondere? La scuola non può tramutarsi in esclusivo terreno dei tamponi, del distanziamento, del green pass, della sicurezza sanitaria. Si dice che la scuola deve riprendere in sicurezza: quasi uno slogan di questi tempi. Sorge il dubbio che sia poco chiaro che la sicurezza non è solo sanitaria ma relazionale, emotiva, apprenditiva, sociale. Dimensioni quasi in secondo piano.

La scuola è educazione e formazione, è integrazione e inclusione. La scuola è Cultura. Per questo tutte le scienze umane e sociali possono e devono attivarsi, al di là delle teorie e delle posizioni ideologiche. Nessun professionista è tuttologo: sarebbe un atteggiamento di superficialità e pochezza scientifica. Così il pedagogista non è psicologo e viceversa.

Le proposte di legge ci sono e tanto si è lavorato negli anni per affermare la legittimità delle figure pedagogiche. Ricordiamo che il primo gennaio 2018, dopo un lungo iter parlamentare è entrata in vigore la «Legge Iori» che riconosce e tutela le figure professionali di educatore socio-pedagogico e di pedagogista. Che cosa aspettiamo? Non si fa che parlare delle ingenti somme di denaro del Recovery Plan, degli investimenti sulla scuola come grandi e uniche opportunità. Ebbene, per una volta, proviamo ad andare oltre i tecnicismi (peraltro piuttosto disattesi), partiamo dalla persona al centro. I giovani studenti non possono ancora aspettare, rischiamo di perdere culturalmente intere generazioni. Velocizziamo i farraginosi iter burocratici per garantire una scuola che sia per tutti, così come recita la nostra Costituzione. È tempo!

È ormai sotto gli occhi di tutti la crescita delle scuole parentali, per esempio, scuole richieste da genitori accorti e con disponibilità economica, che chiedono altro per i propri figli. È certamente legittimo. Così come si ha l’impressione che si incrementi la differenziazione tra scuole di serie A e quelle di serie B, ma silenziosamente legittimata, così come i tanti giovani talenti scarsamente riconosciuti e impiegati. Ci sono giovani plurilaureati che rappresenterebbero un patrimonio prezioso per il nostro paese, non riconosciuti. Altri dispersi. Parrebbe una situazione prodromica a politiche di esclusione sociale. Basti leggere il documento realizzato dal Centro nazionale di documentazione e analisi per l’Infanzia e l’Adolescenza[3] per farsene un’idea.

Il suicidio costituisce la seconda causa di morte nei giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni (la prima sono gli incidenti stradali) e l’autolesionismo colpisce in Europa circa 1 adolescente su 5[…]. La cronaca del primo giorno di scuola in Lombardia (il 13 settembre) ha restituito la tragica notizia di tre casi di suicidio tra ragazzini con due 15enni morti e una 12enne gravissima.[4]

È inammissibile e non possiamo più permettere che ciò accada. È una questione etica e morale.

Le nuove parole/espressioni che devono attraversare i contesti educativi, senza se e senza ma, sono:

  • promozione di agio
  • prevenzione
  • intervento sul disagio conclamato

Occorrono pedagogisti, psicologi, educatori in diretto e proficuo contatto con sociologi e filosofi dell’educazione, che operino in sinergia per un obiettivo comune, che uniti intorno a un tavolo, sappiano mettere a disposizione strumenti, metodi, teorie e studi, se vogliamo ripartire per davvero. La compattezza tra le professioni psicopedagogiche e non la parcellizzazione, può rappresentare lo strumento ideale per riportare “la persona al centro”, a maggior ragione quando si tratta di soggetti in età evolutiva. I politici, in questo modo, potrebbero convincersi che la ricerca pedagogica e psicologica richiede nuovo ossigeno. Sinergia e ancora sinergia per restituire il diritto all’Educazione come empowerment, ovvero il suo principio vitale, e al futuro.


[1] https://www.sanitainformazione.it/lavoro/psicologo-scolastico-cnop-chiede-il-rinnovo-del-protocollo-con-il-mur-e-alla-camera-arriva-un-nuovo-ddl/

[2] https://bnews.unimib.it/blog/scuola-nasce-il-servizio-psico-pedagogico-studenti-famiglie-e-personale

[3] http://famiglia.governo.it/media/2362/covid-e-adolescenza_report_maggio2021.pdf

[4] https://www.corriere.it/salute/neuroscienze/21_settembre_16/tentativi-suicidio-adolescenti-pandemia-covid-697d1772-16e0-11ec-8284-145049fd3f8d.shtml