Il riformismo è sempre stato un fenomeno complesso, oggi lo è più che mai, ed è un errore storico e di prospettiva vederlo limitato al campo laburista. È giusto parlare dei tanti riformismi: quello ambientalista, quello socialista, quello liberale e cattolico, ma a mio modo di vedere non è un ossimoro considerare l’esistenza di un riformismo conservatore. Ho recentemente trattato quest’ultimo tema, in concreto, a proposito dei modelli di welfare, evidenziando come l’iniziativa settecentesca del Movimento Operaio non fu l’unica, ad essa seguì quella dei Conservatori in Germania e quella della Chiesa Cattolica e delle Chiese, sempre prolifiche nei tempi. Oggi, a fronte dell’attuale crisi del Welfare State, è doveroso valutare l’integrazione in chiave riformatrice dei vari elementi delle politiche progressiste e conservatrici in Europa. Siamo ad un passaggio della storia del Paese e dell’Europa in cui le grandi questioni in gioco cambiano gli scenari di un passato che non c’è più, e le nuove grandi linee di conflitto si costituiscono intorno a: salvezza dell’ambiente, governo dell’energia, una più avanzata giustizia sociale, che non significhi soltanto equità e attenzione ai deboli e agli emarginati ma anche coesione sociale e robustezza degli assetti economico-sociali. È per questi viatici di grande riformismo che è davvero possibile coltivare una politica di pace, contro ogni neo-imperialismo, tema sul quale è giusto oggi riconoscere quanto l’Europa si sia fatta trovare impreparata dall’aggressione russa. Su questi temi va organizzata una grande proposta riformatrice con radici popolari, capaci di determinare uno spartiacque, decisivo per il futuro dell’Italia e dell’Europa: da una parte sovranismo, populismo, improvvisazione demagogica e piccole logiche di fazione, dall’altra la proposta riformatrice fondata su senso di responsabilità, dialogo europeista, difesa e sviluppo dei valori costituzionali, grande e diffuso consenso popolare. Questa non è una divisione manichea, bensì una matura consapevolezza della posta in palio, sulla quale, è giusto ribadirlo, sarebbe stato fondamentale giocare d’anticipo, con una più accorta e lungimirante politica di pace e un grande ruolo dell’Unione Europea. Ma vado oltre nel ragionamento, superando schemi classici. La stessa visione classista di matrice laburista e marxista può avere nuova declinazione, dentro una necessaria nuova coscienza: viviamo una nuova realtà sociale e geo-politica, che supera quella novecentesca; serve una nuova visione del mondo, nuovi progetti di governo, nuova cultura dell’egemonia e della leadership, nuove politiche di alleanze. Temi complessi che meriterebbero sedi opportune, ma i partiti politici faticano e i tempi sono scaduti, il 25 settembre l’Italia va al voto e le nostre élites politiche non hanno trovato soluzioni utili e adeguate a fermare la deriva sovranista e populista. Sullo sfondo la tragedia della guerra in Ucraina; il grande ricatto energetico di Putin che si specchia con i ritardi dell’UE di essere compiutamente Europa. La parola va al popolo, gliela consegniamo in modo maldestro, soltanto il senso di responsabilità degli elettori potrà dare un colpo di reni nella giusta direzione, fondamentale una grande partecipazione al voto delle donne e dei giovani. Non indico un partito, siamo tutti in qualche misura corresponsabili delle attuali precarietà, di governo e di prospettiva storica, ma ragioniamo con lucidità, guardiamo come e perché stiamo correndo caoticamente alle elezioni, con tanti provvedimenti del Governo Draghi in fase di realizzazione, soprattutto a favore delle fasce socialmente più deboli, concordati con l’Europa, addirittura condivisi con i Sindacati, intorno ai quali vasto si è manifestato il consenso popolare. Guardiamo alle responsabilità palesi di questa situazione, non perdiamo collettivamente la memoria proprio adesso. Guardiamo con realismo alla qualità delle proposte del governo improvvidamente fatto cadere, in piena guerra, in piena estate, in una fase ancora non definita della pandemia Covid, a pochi mesi dalla fine naturale della legislatura. Guardiamo alle capacità di relazioni internazionali dimostrate dal nostro Paese, in questi ultimi mesi, in un momento così difficile, guardiamo all’autorevolezza di chi ci ha governato. Rivolgo questo appello ai tanti elettori delusi, a quella grande parte di italiani che, in sofferenza, ha scelto il non voto, sono loro che hanno in mano la partita, non più i partiti politici, e preciso che anch’io, come la maggioranza degli italiani, sono indeciso sul come votare ma la soluzione sta nel votare con lucidità, esprimendo un voto attento e moderato, serio e riformista, questa partita si vince con le forze della responsabilità contro le forze dell’avventurismo e del declino.