Da un po’ di tempo a questa parte, io e il mio amico e collega Riccardo Ferrero, ci divertiamo a scrivere dello stesso argomento, affrontandolo da due punti di vista differenti, ognuno attinente alla propria attività professionale. Così abbiamo deciso di fare con lo stress coronavirus-mediato, e quindi mi sono messa al lavoro.

Da Biologa devo fare una premessa evoluzionistica e spiegare che cosa lo stress rappresenti negli animali, del cui Regno siamo la massima evoluzione. Per milioni di anni, anche per gli ominidi quindi, la reazione alle avversità dell’ambiente e l’eterna lotta tra l’essere predatore o divenire preda, ha segnato la quotidianità; proprio l’evoluzione ha permesso di approntare una serie di meccanismi per salvaguardarne la sopravvivenza e lo ha fatto sotto forma di stress positivo, cioè di preparazione alla fuga. Quando la preda si sente in pericolo, tutto l’organismo si attiva: il cuore aumenta il battito, la vista e l’udito si acuiscono, l’intestino e la vescica si svuotano per alleggerire l’animale nella fuga, viene rimosso il grasso per fornire zucchero ai muscoli: insomma il corpo è vigile e pronto a darsela a gambe per sopravvivere.

Scampato il pericolo, tutto nella bestiola torna alla normalità, cioè lo stress dura solo il tempo necessario. Questo meccanismo di risposta istintivo si manifesta tuttora in noi uomini, che pur non avendo più nemici naturali, rispondiamo alle sollecitazioni con gli stessi meccanismi; per noi però il pericolo non proviene dal predatore ma da stimoli fisici ed emozionali, in risposta a situazioni ritenute pericolose o per il perseguimento di un obiettivo. La differenza con gli animali sta nel fatto che in noi la sollecitazione stressogena non si esaurisce con lo scampato pericolo, ma dura tutto il giorno e oltre, perché lo stimolo è continuo, proprio come le notizie sull’epidemia, che in questi giorni riempiono i Media televisiva, i Giornali e i Social.  

La parola stress in inglese significa “tensione, sforzo, sollecitazione” e qualunque sia la sua natura, i meccanismi di adattamento che si innescano sono sempre gli stessi.

Questo perché si tratta di una risposta biologica primaria legata alla sopravvivenza, un meccanismo difensivo vecchio milioni di anni con cui l’organismo si sforza di superare una difficoltà, per poi tornare al suo normale equilibrio. Gli animali, quindi gli uomini, davanti al pericolo mettono in atto una reazione di “attacco o fuga”. Questo implica il coinvolgimento degli apparati che forniscono ossigeno e glucosio (quindi nutrimento) alle cellule in questa condizione di bisogno, oltre a provocare un incremento dell’attività cerebrale e sensoriale ed uno stato emotivo di paura-aggressività.

 Nella risposta attacco-fuga viene coinvolta l’area cerebrale dell’Ipotalamo, cioè la zona più antica del cervello, da qui parte una segnalazione nervosa molto rapida, che attiva tutto il cervello (aumento dell’attenzione) e gli apparati muscolare, cardiocircolatorio, endocrino e gastro-intestinale. Insomma tutto l’organismo è pronto a reagire. Tra gli organi che vengono stimolati in questo processo, il più importante è la ghiandola surrenale, che libera adrenalina e noradrenalina, neuro-ormoni che amplificano l’effetto dello stress. Contemporaneamente si attiva una segnalazione chimica parallela che fa produrre cortisolo. Il cortisolo è l’ormone che agisce su vari organi con effetti sostanzialmente metabolici. La stimolazione ipotalamica inoltre fa liberare endorfina, un neurotrasmettitore che abbassa la soglia del dolore, il senso di stanchezza e la fatica. Lo stress quindi non è necessariamente un male: c’è infatti uno stress buono, che consente al nostro organismo di far fronte a piccole e grandi emergenze, che ci fornisce una forza e una resistenza inaspettate.

Ma se la situazione di stress si protrae troppo a lungo e non è seguita da una fase di rilassamento, come avviene negli animali, si ripercuote in una serie di ricadute dannose, sino ad arrivare all’esaurimento psico-fisico.

Il problema dell’emergenza virus di questi mesi ci fa vivere ritmi e tensioni sconosciuti in passato o agli animali; accumuliamo ansia e preoccupazioni di continuo, leggiamo le notizie che ci procurano allarmi e paure.

Da quanto detto si comprende come lo stress prolungato sia una condizione di disagio psico-fisico; di questa condizione cronica percepiamo il livello di eccitazione nervosa e organica e per le spinte biochimiche prodotte, inconsciamente cerchiamo negli alimenti ricchi di zucchero lo strumento per rilassarci. Questo ci porta a mangiare in continuazione, per un naturale tentativo di aumentare la produzione di serotonina, neurotrasmettitore che provoca rilassamento, benessere e calma psico-fisica. Purtroppo però le sollecitazioni stressanti sono continue e, pur mangiando zuccheri, non otteniamo il  rilassamento desiderato.

La produzione di cortisolo varia durante le 24 ore: il picco si presenta appena prima del risveglio e serve a fornire ai muscoli l’energia per affrontare la giornata; dormire poco impedisce questo meccanismo, deprime il metabolismo dei grassi, fa aumentare di peso ed espone al rischio di ipertensione e di malattie cardiovascolari. Lo stress cronico altera questo processo, impedendo la naturale discesa del picco e mantenendo alto il livello di cortisolo sino a fine giornata. L’ormone alto ha anche effetti apparentemente positivi, stimola infatti le funzioni cerebrali e fisiche e quindi ci consente di essere attivi intellettualmente e di rendere meglio, ma ostacola il sonno e, a lungo andare, ne modifica il ritmo naturale. Il risvolto negativo del cortisolo alto tutto il giorno è che al mattino ci sentiamo stanchi, perché i suoi livelli sono bassi, a causa della prolungata secrezione avvenuta durante tutta la giornata precedente. Tutto succede al contrario di quello che dovrebbe accadere in una condizione di normalità: insomma non se ne viene fuori!

Allora vi consiglio di leggere l’articolo del Dott. Ferrero per gestire al meglio lo stress mentale di questo periodo.