Spettabile Redazione
la Politica, impegnandosi per l’interesse nazionale o il bene comune ha sempre cercato, chi più chi meno, di fare gli interessi del Paese e della sua gente. Nella prima Repubblica ciò è avvenuto a volte bene, ad esempio quando l’Italia ritornò un interlocutore essenziale dell’Occidente creando crescita economica e lavoro fino al boom economico, che gli storici hanno definito il periodo più bello della Storia d’Italia, perché tutti, soprattutto la gente più modesta, era riuscita a mettere qualcosa da parte.

Con la caduta del Muro di Berlino, la fine del Comunismo, la creazione del mercato globale, Tangentopoli, l’esplosione del nostro debito pubblico e l’ingresso nell’euro le cose sembrano cambiate in peggio, prima per la svendita delle aziende pubbliche poi per la delocalizzazione all’estero di tante aziende, per l’indebolimento della Fiat ma non solo. Antonio Polito ha detto che da dopo Tangentopoli l’Italia cresce meno della media europea. Dal 2001 il Piemonte cresce meno della media italiana. In questa situazione già difficile arriva la crisi che peggiora tantissimo le cose. Le aziende che hanno innovato si rivolgono ai mercati esteri e aumentano le esportazioni, e ci tengono a galla, le altre declinano, molti lavoratori vengono messi in cassa integrazione, molti perdono il lavoro. L’azzeramento della crescita economica porta alla diminuzione dei consumi. L’arrivo di Amazon e dei supermercati mette in crisi il commercio tradizionale. Molte piccole aziende non assistite dalle banche che danno il credito solo  alle migliori aziende, chiudono e la loro chiusura si ribalta sui dipendenti, sui consulenti etc.

È vero che a Torino c’è la solidarietà sociale ma cresce anche l’egoismo di quelli che non avendo subito gli effetti della crisi continuano a andare a teatro due tre volte la settimana e pensano che la città vada bene così, mentre la parte di popolazione che ha visto diminuire le entrate, brucia tutti i risparmi, va in difficoltà con le banche etc. Nel 2016 il 40% degli italiani aveva bruciato tutti i risparmi, un dato poco discusso.

Nella prima Repubblica i partiti avevano le sezioni  che erano centri di discussione ma anche di ascolto, dei senza lavoro e dei meno fortunati che lì trovavano ascolto. Oggi le sezioni non ci sono più, i partiti hanno diminuito la loro attività, le sezioni sono quasi tutte chiuse, la comunicazione si limita al web.

I sindacati e la sinistra non hanno più il lavoro come argomento primario. Nascono tanti Caf per l’assistenza alle pratiche pensionistiche ma per i cittadini o le piccole aziende in difficoltà non c’è più nulla. La speranza di trovare sostegno per uscire dalle difficoltà diminuiscono. Le associazioni produttive per continuare a dialogare con Comune e Regione addolciscono le loro analisi e poi prestano più  interesse alle nomine nelle fondazioni bancarie che ai problemi.

Non è un caso che se noi non avessimo salvato la Tav, per Torino il futuro sarebbe stato durissimo. Il prossimo anno Chiomonte sarà il più grande cantiere d’Europa. La speranza per Torino è al fondo di quel tunnel. 

Francamente pensavo che la Regione intervenisse, invece mi pare che stiano studiando ancora i problemi. Il Governo è quel che è. La Grande Azienda (FIAT n.d.r.) mi pare che lentamente porti via tutto perché la sede fiscale è andata a Londra senza che Fassino si opponesse, e ci lascia in mano francesi. Torino dispone di grandi capitali ma mi pare che non ci sia intenzione di investire. I giornali dedicano molta attenzione alle banche anche se non chiedono alle banche di fare di più per il futuro di Torino. Se la banca aumenta in modo esponenziale gli utili e  valori di Borsa, il territorio che invece soffre sempre di più pensa di essere figlio di un Dio minore.

*Mino Giachino, Sì Tav Sì Lavoro