In questi ultimi anni , a mio avviso, in Italia si sta sviluppando un attacco allo Stato laico ed ai principi sanciti dalla Carta Costituzionale.

E’ evidente la responsabilità di forze politiche clerico-fasciste o fascioleghiste che dir si voglia (i termini sono quasi sinonimi). Forze che cercano anche di mutare la storia del Paese.

Proprio per ribadire la necessità di difendere i dettami della Costituzione, ho ritenuto ricordare Ernesto Rossi (1897-1967) , un protagonista dell’Italia civile.

Volontario nella Prima Guerra Mondiale, fu allievo di Gaetano Salvemini e frequento’ negli anni Venti il Circolo di Cultura a Firenze animato dallo stesso Salvemini , da Piero Calamandrei e dai fratelli Rosselli. Durante il fascismo Rossi sconto’ 13 anni tra reclusione e confino a seguito della sua attività di opposizione al regime nelle file di Giustizia e Libertà. Arrestato a Bergamo dove insegnava nel 1930 , torno’ libero solo alla caduta del fascismo il 25 luglio del 1943. Nel 1941 , durante il confino a Ventotene, insieme a Colorni e Spinelli, redasse il Manifesto per un’Europa libera e unita. Primo documento federalista europeo.

Nel dopoguerra Rossi collaboro’ al settimanale “Il Mondo” di Pannunzio e svolse un’intensa attività pubblicistica su temi politici,economici e sociali. Nel 1955 fu tra i fondatori del Partito Radicale, ma la sua attività politica si svolse principalmente sul piano culturale, soprattutto con i convegni tematici degli “Amici del Mondo”-

Tra le battaglie per un’Italia piu’ civile che Rossi porto’ avanti negli anni 50 e 60 ,quella per lo stato laico assunse un ruolo importante, poiché avevo lo scopo di fronteggiare l’influenza politica che il Vaticano esercitava in varie questioni che riguardavano la gestione della cosa pubblica.

Dal punto di vista politico , l’interlocutore di riferimento del Vaticano era la DC , mentre dal punto di vista economico numerosi erano gli uomini vicini agli ambienti papalini che sedevano nei consigli d’amministrazione delle principali industrie italiane. Rossi,facendo dell’autentico giornalismo d’inchiesta, indago’ a lungo su questi intrecci tra potere politico e potere economico: egli riteneva che l’opposizione al clericalismo in qualsiasi settore fosse la conditio sine qua non per fare progredire il paese. Per opporsi a questa invadenza vaticana , egli si richiamava alla tradizione risorgimentale di quello stato laico le cui fondamenta politiche erano state gettate da Cavour e dagli altri esponenti della Destra Storica. La separazione netta tra stato e chiesa , tra vita pubblica e religione privata, rappresentava per Rossi un requisito indispensabile per avviare l’Italia sulla strada della democrazia liberale e laica, impedendole di scivolare verso i regimi clerico fascisti di tipo franchista.

Per “clericali” Rossi  assumeva la definizione che ne aveva dato il maestro Salvemini, includendo nella categoria anche coloro che portavano la sottana intorno al pensiero, oltre a coloro che la portavano intorno alle gambe- Nella sua battaglia contro il clericalismo Rossi , come Salvemini, aveva scritto di riconoscersi nel codice morale di Dio, ma di rifiutare tutti i dogmi che l’apparato della chiesa vi aveva costruito intorno. Gli insegnamenti appresi da Mazzini, cioè l’interesse e la compassione per i più deboli, la costante ricerca degli strumenti della giustizia sociale, non lo ponevano culturalmente distante dai principi della solidarietà cristiana. Ma cio’ che Rossi rifuggiva era lo stato confessionale, dove la libertà era impossibile. Ne conseguiva che la democrazia  era possibile  solo laddove lo stato era laico: questo fu il filo conduttore di tutte le opere di Ernesto Rossi.

L’incompatibilità tra stato democratico e chiesa cattolica nasceva dal fatto che quest’ultima si definiva una società perfetta, ritenendosi indipendente dal potere civile: scrisse su “ Pagine anticlericali” negli anni sessanta: faccio corrispondere la linea che separa gli amanti della libertà dai suoi avversari alla distinzione tra laici e clericali.

Egli non condusse la sua battaglia anticlericale all’interno di uno schieramento politico, o non soltanto, ma dando vita ad un’ intensa attività saggistica e pubblicistica: principalmente su “IL MONDO”, “L’ASTROLABIO”, ”LA VOCE REPUBBLICANA”, per promuovere una decisa azione culturale in senso laico. Egli riteneva che il Vaticano non avesse alcun diritto ad intervenire nei vari settori della vita civile della nazione italiana. Tuttavia tutto cio’ appariva sfumato dal famigerato art.7 della Costituzione che aveva recepito il Concordato fascista.

In un convegno nell’aprile del 1957 gli “AMICI DEL MONDO” avevano chiesto l’abrogazione del Concordato, ricordando la tradizione laica del Risorgimento che aveva posto fine al potere temporale del Papa. Rossi e gli “Amici del Mondo” furono duramente criticati dai clericali , ma anche dal PCI per questa posizione ritenuta troppo intransigente nei confronti del Concordato.

Contro Rossi venne scatenata una fortissima campagna di stampa , ma lui non si fece fermare e continuo’ la sua battaglia contro il clericalismo scrivendo nell’ estate del ‘57  una serie di articoli sulle relazioni pericolose del Vaticano con il nazismo e con il regime di Franco. Svelo’ la comunione di interessi tra Vaticano e fascismo , denuncio’ i silenzi di PIO XII nei confronti della persecuzione ebraica, cerco’ di dissipare la cortina d’incenso in cui era stata avvolta l’Italia negli anni ‘50, grazie all’azione politica dell DC. Questi articoli erano confluiti nel libro dal titolo “Il manganello e l’aspersorio” pubblicato nel 1958.

Ma Rossi non si occupo’ solo della storia recente . Prima del 1959 aveva portato alla ribalta anche alcuni aspetti ottocenteschi dei rapporti tra stato e chiesa. Particolare attenzione aveva portato a quel documento con cui PIO IX aveva cercato di arginare i cambiamenti della parte centrale del 1800: IL SILLABO, uno dei documenti pontifici piu’ criticati nella storia della Chiesa. Con il quale il Pontefice aveva condannato il Risorgimento ed i modernisti.

 Rossi aveva curato una ristampa del documento del 1864 insieme ad altri scritti papali. Il titolo del volume completo era “Il Sillabo: gli errori del secolo”. Per Rossi Il Sillabo era la causa di tutti i successivi errori della Chiesa di Roma: la proposizione 55 che negava la separazione tra chiesa e stato,la 15 contro la libertà di coscienza, la 77 e 78 contro la libertà di culto, la 45,47,48 contro la scuola laica, la 79 contro la libertà di stampa.

Tutti principi contrari alla modernità, oltre che alla democrazia liberale.

Per Rossi tutto cio’ dimostrava come la chiesa fosse atavicamente contraria ai processi innovativi e ricordava che soltanto nel Risorgimento i clericali fossero stati tenuti , seppure faticosamente , ai margini della vita pubblica. Lo slogan “ libera Chiesa in libero Stato” era diventato una delle idee forza del Risorgimento.

Al “Sillabo” Rossi aveva contrapposto alcuni passi del discorso di Minghetti alla Camera nel 1873 che aveva posto all’apertura de “La Conciliazione” pubblicata nei primi mesi del 1959. Nel suo intervento Minghetti aveva sottolineato come la libertà che la Chiesa chiedeva per sé non si basasse sul diritto comune, bensì mirasse ad arrogarsi il privilegio dell’indipendenza dalle leggi dello Stato: quindi l’esatto contrario del diritto comune. Il capo del governo della Destra non riconosceva stato e chiesa   come due entità parificate e parallele , poiché riteneva che la sovranità dello stato fosse prevalente.

Nelle parole di Minghetti si ritrovava  la strenua difesa delle libertà individuali (tra cui la libertà religiosa) , la stessa che Rossi aveva appreso da Salvemini.

La laicità di Rossi, quindi, si esprimeva nella sua opposizione alla chiesa (o alle chiese) come istituzioni secolari, ma non alla professione della religione. E la difesa della libertà religiosa  per Rossi  correva parallela alla forte denuncia della presenza politica delle alte gerarchie vaticane in senso antidemocratico. Per lui il 20 settembre 1870 era una data simbolo perché aveva segnato la fine del potere temporale dei papi. A conferma di cio’ era solito citare il passo di Machiavelli in cui il fiorentino aveva sostenuto che la chiesa aveva ostacolato ogni forma di unità italiana, mentre altre nazioni cattoliche quali la Francia e la Spagna erano divenute unite ;cio’ nel timore di perdere il controllo politico sul territorio dello Stato della Chiesa, situato anche geograficamente nel cuore della penisola. 

Mi sono chiesto  spesso perché un uomo che si fece 13 anni di carcere e confino per la sua eroica opposizione al fascismo, che non volle per sè,dopo il regime, nessun privilegio, che resto’ tutta la vita fedele ai suoi ideali di Giustizia e Libertà, sia stato troppo in fretta dimenticato dall’Italia che conta. E mi sono dato la risposta: non era comunista e, anzi fu spesso in polemica con la bigotta dirigenza togliattiana e , soprattutto, sfido’ il potere immenso del Vaticano…… e questo non glielo perdonarono mai…. Ne’ in vita ne’ in morte!