Agli inizi del 1600, William Shakespeare, il grande drammaturgo inglese, era all’apice del successo. La sua ultima opera, l’Amleto, aveva avuto una accoglienza strepitosa nei teatri di tutto il mondo di allora. Il suo famoso “Essere o non essere”, era diventato il sinonimo di uno stato esistenziale caratterizzato dal dubbio, dalla incertezza, da istanze conflittuali profonde dell’animo umano.

Fu allora che, come narrano le biografie, Shakespeare decise di prendersi un breve periodo di vacanza e di relax, facendo un viaggio in Francia e in Italia.

E fu così che nell’autunno del 1614 si trovò a passare alcuni giorni sul lago di Como, ospite nella villa di un suo ammiratore. Questi gli aveva preparato un giro delle principali attrattive del lago, i paesaggi e le bellezze naturalistiche di cui è ricca la zona, dall’isola Comacina all’orrido di Bellano.

Il padrone di casa era un noto personaggio del luogo, un ricco industriale che produceva tessuti e abbigliamenti di seta venduti in tutta Europa.

A quel tempo, infatti, la lavorazione della seta costituiva una attività fondamentale per tutta la zona del comasco. Era una attività a 360 gradi, che partiva dall’allevamento dei bachi da seta per proseguire in tutte le fasi successive: la tessitura, il disegno e la produzione di abbigliamenti di seta, la loro commercializzazione in Italia e all’estero, nelle regge e nelle famiglie benestanti di tutta Europa.

Oltre a tutte queste attività, la seta aveva coinvolto anche l’agricoltura. Infatti i bachi da seta si nutrono esclusivamente delle foglie dei gelsi. Pertanto, nel corso degli anni, la coltivazione e la cura di questi alberi era diventata una delle attività agricole fondamentali della zona, con notevole impiego di risorse e mano d’opera.

L’industriale aveva illustrato al suo ospite queste attività peculiari della zona e gli aveva fatto visitare la sua grande filanda e fabbrica di tessuti.

Discorrendo con lui, gli aveva parlato anche di un grosso recente problema che lo stava preoccupando.

Il problema era questo. I bachi da seta erano arrivati da noi molti anni prima dall’Estremo Oriente, dalla Cina, portati da avventurosi viaggiatori che si erano spinti in quel lontano paese. In seguito si era stabilito un canale continuo di rifornimento di queste larve allevate in quella parte del mondo. C’era quindi un flusso di carovane che percorrevano quella che veniva chiamata la via della seta.

Recentemente, però, gli ultimi arrivi avevano introdotto un grave problema: i bachi erano infatti affetti da un virus che li portava rapidamente alla morte, prima ancora che sviluppassero il bozzolo da cui si ricavava il filo di seta. Il problema era aggravato dal fatto che il virus si trasmetteva con estrema velocità, infettando tutti gli altri bachi. Si profilava quindi il rischio di una drastica estinzione degli allevamenti di bachi, con conseguenze drammatiche per tutto l’indotto. In sostanza, una debacle epocale per l’intero territorio comasco.

Shakespeare aveva ascoltato attentamente quanto stava accadendo nel luogo che lo ospitava e aveva preso delle note. Il suo viaggio in Italia era ormai al termine. Dopo un caloroso commiato per l’ospitalità ricevuta, salì su una carrozza e iniziò il viaggio di ritorno in patria.

Il viaggio era lungo, e lui aveva tutto il tempo per pensare e riflettere sulle cose che aveva visto e sentito durante i giorni passati. E anche il tempo per immaginare un nuovo, prossimo dramma da scrivere.

Uno spunto gli venne dagli ultimi avvenimenti a Como. Così, quando la carrozza si fermò in un ostello per passare la notte, prima di dormire prese un foglio, la penna e il calamaio che si portava sempre appresso e si mise a scrivere degli appunti per una nuova opera teatrale.

La trama prendeva lo spunto dalla crisi di cui gli avevano parlato, provocata dal virus dei bachi da seta.

La scena di apertura del dramma è la sala consigliare del municipio della città di Como. Qui è convocata una riunione urgente di tutti i produttori locali del settore tessile per discutere la situazione che si stava profilando e che minacciava drammaticamente il futuro della comunità.

Fuori soffia un vento freddo che scuote gli alberi di gelso che ornano, non a caso, il piazzale del municipio. Dirige la riunione l’industriale di cui Shakespeare era stato ospite. Questi, vedi caso, di nome faceva Amleto.

Ed è lui, la fronte aggrottata, che inizia a parlare: “Tessere o non tessere, questo è il problema”.

Shakespeare non completò mai il nuovo dramma che stava immaginando. Peccato.