Il film è basato sull’articolo del “New York Times Magazine” scritto da Nathaniel Rich sullo scandalo dell’inquinamento idrico di Parkersburg

Ben ritrovati a una nuova puntata di “Cinema Tips”, la rubrica che vi consiglia e vi suggerisce pillole cinematografiche da gustarvi in questa quarantena anti Coronavirus. Oggi parliamo di un film recente uscito in Italia a Febbraio 2020, quindi poco prima che tutto ciò iniziasse. È un lungometraggio che parla di uno scandalo ambientalista che sottolinea come la nostra Terra sia stata duramente messa alla prova con l’inquinamento umano, specie quello causato dalle multinazionali e che hanno provocato milioni di morti. Sto parlando del film “Cattive acque”.

Diretto da Todd Haynes, il film è basato su un articolo uscito sul “New York Times Magazine” nel 2016 scritto da Nathaniel Rich sullo scandalo dell’inquinamento idrico di Parkersburg, una città della Virginia Occidentale negli Stati Uniti. Nel cast sono presenti Mark Ruffalo, Anne Hathaway, Tim Robbins, Bill Camp e Bill Pullman. Il protagonista della vicenda è un avvocato che lavora per la difesa di aziende chimiche che riceve una chiamata da un agricoltore della cittadina della Virginia Occidentale. Egli vorrebbe che l’avvocato indagasse sul collegamento che potrebbe esserci tra una crescita anomala di tumori e malformazioni nelle sue mucche e la presenza di un impianto della DuPont, la quale viene accusata di aver inquinato i corsi d’acqua e il terreno gettandoci lo smaltimento dell’acido perfluoroottanoico, in quanto la multinazionale aveva scoperto il Teflon, materiale usato per la produzione di pentole e padelle antiaderenti.

La trama mostra tutte le difficoltà non solo professionali di un avvocato che prima difende le aziende chimiche e che poi si ritrova ad accusarle di un gesto orribile nei confronti della natura e dell’umanità, ma anche di quanto logorio fisico e psichico possa provocare la dura battaglia di un uomo onesto ma con gli occhi foderati che, improvvisamente, si accorge della verità e la vuole difendere per onorare la giustizia. Le conseguenze familiari e personali sono davvero pesanti e questo dovrebbe farci riflettere su come sia realmente complicato far intraprendere a una persona qualsiasi una causa contro una multinazionale che, per far aumentare i suoi profitti a dismisura, mette a repentaglio la salute pubblica di una comunità, oltre a causare ingenti danni a livello d’inquinamento e a provocare la morte dei suoi stessi operai. Il fenomeno, tra l’altro, è diventato talmente globale che una stima sostiene che il 99% della popolazione umana abbia nel sangue almeno una minima percentuale di PFAS. Da riflettere anche sul fatto che la vicenda parte nel 1998 e che ancora oggi si stanno svolgendo i processi per assegnare gli eventuali risarcimenti nei confronti della popolazione colpita dal disastro idrico.

Un film che indaga non soltanto a livello giudiziario, ma anche emotivo e interpersonale, la pericolosità dei comportamenti che l’umanità ha avuto e sta avendo nei confronti non solo di se stessa, per far sì che la ricchezza vada ai pochi e le briciole e le malattie ai molti, ma anche della natura, argomento che oggigiorno ritengo attuale visto il diffondersi del Coronavirus e di come possa essere una risposta della natura per debellarsi dal male che le abbiamo causato. Credo sia fondamentale insegnare ai nostri figli e alle future generazioni le giuste azioni per rendere questo mondo più coeso tra la nostra ingombrante presenza e la vera abitante di questo pianeta, la Madre Terra. Il cinema può e deve assolutamente cogliere quest’aspetto educativo che io da sempre cerco di sostenere e di portare avanti e ritengo che questo sia un film che merita di essere proposto nelle scuole superiori di secondo grado.

Di sicuro un lungometraggio scomodo perché vero e soprattutto disilluso. Ha avuto poca distribuzione nelle sale cinematografiche, perciò ritengo sia importante che venga recuperato in qualche modo, visto anche il momento in un certo qual modo profetico in cui è uscito al pubblico. L’umanità dovrà impegnarsi molto per salvarsi e salvare il mondo.