“Nessuna donna dovrebbe dire: ‘Io sono solo una donna!’ Ma dovrebbe dire: ”sono una donna! Cosa si può chiedere di più? ” (Maria Mitchell – pioniera delle donne astronome).

Nell’autunno del 1946, una bambina sudafricana che aspirava a diventare una scienziata scrisse a Einstein e concluse la sua lettera con imbarazzo: “Spero che lei non mi sottovaluti semplicemente perché sono una ragazza!” Einstein rispose con parole di rassicurante saggezza, che risuonano tali anche oggi: “Non mi dispiace che tu sia una ragazza, ma la cosa principale è che tu stessa non ti dispiaccia per questo. Non c’è motivo per dispiacersi”.

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Eppure le ragioni non sempre provengono dalla ragione. La storia della scienza, come la storia del mondo stesso, è la storia di irragionevoli asimmetrie di potere, le cui conseguenze repressive hanno significato che le relativamente poche donne, che sono salite in cima a molti campi, non solo scientifici, ci sono riuscite per merito esclusivamente della loro abilità e tenacia.

Tra le donne pionieristiche più eccezionali, e ancora oggi sottovalutate (infatti poco conosciuta), c’è la fisica austriaca Lise Meitner (7 novembre 1878 – 27 ottobre 1968), che guidò la squadra che scoprì la fissione nucleare, ma fu esclusa dal Premio Nobel per questa scoperta.

Questa minuscola donna ebrea, che si era salvata la vita dai nazisti, fu definita da Einstein come la Marie Curie del mondo di lingua tedesca (1).

Anche se la Meitner dimostrava un dono per la matematica fin dalla tenera età, c’era poca correlazione tra attitudine e opportunità per le donne nell’Europa del XIX secolo. Alla fine della sua lunga vita, avrebbe raccontato, non amaramente, ma malinconicamente: “Ripensando al tempo della mia giovinezza, mi rendo conto con un certo stupore di quanti problemi esistessero allora nella vita delle normali giovani ragazze, problemi che oggi sembrano quasi inimmaginabili. Tra i più difficili di questi problemi c’era l’impossibilità di un normale addestramento intellettuale”.

Quando le università austriache iniziarono ad ammettere le donne nel 1901, Lise ne ottenne la certificazione per l’ammissione all’età di ventitré anni; dopo aver compresso, in venti mesi, otto anni di logica, letteratura, matematica, greco, latino, botanica, zoologia e fisica; studi appunto necessari per sostenere l’esame di ammissione. Ricevette il suo dottorato di ricerca nel 1905: a quei tempi era una delle poche donne al mondo ad aver conseguito un dottorato in fisica.

Ma quando la 29enne Meitner si recò a Berlino, sperando di studiare con il grande Max Planck, le università tedesche avevano ancora le porte ben chiuse alle donne; e dovette chiedere un permesso speciale per partecipare alle lezioni di Planck.

Nell’autunno del 1907, conobbe Otto Hahn, un chimico tedesco di quattro mesi più giovane, interessato alla radioattività e che, in linea di principio, non si opponeva al lavoro con le donne. Però alle donne era proibito entrare, e tanto meno lavorare, presso l’Istituto Chimico di Berlino; quindi, per collaborare, Meitner e Hahn dovevano lavorare in una vecchia falegnameria trasformata in un laboratorio nel seminterrato dell’edificio.

I due scienziati colmarono le lacune reciproche con le rispettive attitudini: la Meitner, addestrata in fisica, era una brillante matematica, che pensava concettualmente e poteva progettare e costruire esperimenti altamente originali per testare le sue idee; Hahn, addestrato in chimica, eccelleva in un accurato lavoro di laboratorio. Nel corso dei trent’anni di collaborazione, Meitner e Hahn emersero come pionieri nello studio della radioattività. Alla fine, Meitner ottenne l’indipendenza da Hahn; e pubblicò cinquantasei articoli da sola tra il 1921 e il 1934.

Ma mentre la sua carriera stava decollando, i nazisti iniziarono ad occupare l’Europa. Il terzo collaboratore di Meitner e Hahn, uno scienziato junior di nome Fritz Strassmann, si era già messo nei guai per essersi rifiutato di unirsi alle organizzazioni naziste. Nel 1938, proprio mentre i tre scienziati stavano eseguendo i loro esperimenti più visionari, le truppe naziste marciarono in Austria. Meitner si rifiutò di nascondere la sua eredità ebraica; e la sua unica opzione doveva essere quella di andarsene, ma i nazisti avevano già messo in atto leggi antisemite che vietavano ai professori universitari di uscire dal paese. Il 13 luglio, con l’aiuto di Hahn e di alcuni altri amici scienziati, Meitner fuggì comunque attraverso il confine olandese. Dall’Olanda, emigrò in Danimarca, dove rimase col suo amico fisico Niels Bohr. Alla fine trovò una sistemazione professionale permanente presso il Nobel Institute for Physics in Svezia.

Quel novembre, Hahn e Meitner si incontrarono segretamente a Copenaghen per discutere di alcuni risultati sconcertanti ottenuti dopo aver bombardato un nucleo di un atomo di uranio (numero atomico 92) con un singolo neutrone: erano infatti finiti con l’ottenere un nucleo di radio (numero atomico 88), che appariva comportarsi chimicamente come il bario, un elemento con quasi la metà del peso atomico del radio: una trasmutazione apparentemente magica che appariva non avere senso chimico. Che un piccolo neutrone potesse destabilizzare qualcosa di robusto come un atomo, abbattendo il suo numero atomico e alterando il suo comportamento chimico, sembrava mitico come un Davide che abbatte Golia con una fionda.

La Metner riuscì a dare un senso a risultati insensati: definì e descrisse la “fissione nucleare”; il termine venne usato per la prima volta nel settimo paragrafo dell’articolo che venne pubblicato il mese successivo. L’idea che un nucleo potesse dividersi e trasformare l’atomo in un altro elemento era rivoluzionaria: nessuno l’aveva mai immaginato prima. Meitner aveva fornito la prima comprensione di come e perché ciò era accaduto.

La fissione nucleare, come si sa, sarebbe diventata una delle scoperte più potenti (e pericolose) nella storia dell’umanità; un potere che ha ceduto alle nostre doppie capacità di bene e di male: era infatti fondamentale per l’invenzione dell’arma più mortale della storia umana, la bomba atomica. In effetti, più tardi nella vita, la Meitner fu crudelmente definita “la madre ebrea della bomba atomica”. Ma la sua scoperta era puramente scientifica, e precedeva di molti anni questa malvagia applicazione (una volta che la vide messa in pratica a fini distruttivi, rifiutò categoricamente di lavorare sulla bomba).

Ma torniamo alla scoperta: essa era un esempio supremo di alta collaborazione nell’ottenere questi meravigliosi risultati scientifici. I risultati empirici “insensati” erano stati ottenuti da Hahn, ma il significato scientifico-matematico che ne venne tratto è opera dell’interpretazione della Meitner: essa aveva scoperto, nel senso proprio di “scoprire” qualcosa di oscuro alla vista, il principio alla base di molta della ricerca odierna sulle particelle.

Hahn che fece? Prese l’intuizione rivoluzionaria, e corse con essa a pubblicare la scoperta senza menzionare il nome della Metner. Il dubbio, come vedremo, è se le sue ragioni fossero le gelosie personali, o, molto più probabilmente, una codardia politica; che, per incensare le autorità naziste, gli suggeriva di non menzionare il nome di una ebrea (donna) come co-autrice della scoperta.

La Meitner si sentì profondamente tradita dall’ingiustizia. Scrisse a suo fratello Walter: “Sono molto scoraggiata… Hahn ha appena pubblicato cose assolutamente meravigliose basate sul nostro lavoro insieme … questi risultati mi rendono felice per Hahn, sia personalmente che scientificamente, però molte persone penseranno che io non ho contribuito assolutamente a nulla in questa scoperta, e questo mi scoraggia.

Nel 1944, alla scoperta della fissione nucleare fu assegnato il premio Nobel per la chimica; solo a Hahn.

Sime scrive: “La distorsione della realtà e la soppressione della memoria sono temi ricorrenti in qualsiasi studio della Germania nazista. Secondo qualsiasi normale standard di attribuzione scientifica, non ci sarebbero stati dubbi sul ruolo della Meitner nella scoperta della fissione. Perché è chiaro dai documenti pubblicati e dalla corrispondenza privata che questa è stata una scoperta alla quale Meitner ha contribuito dall’inizio alla fine; una scoperta intrinsecamente interdisciplinare che, senza dubbio, sarebbe stata molto probabilmente riconosciuta come tale, se non ci fosse stata la paura di dispiacere politicamente a qualcuno. Anche questa scoperta scientifica, quindi, non rimase indenne dalla politica della Germania nel 1938. Le stesse politiche razziali che portarono la Meitner fuori dalla Germania, le resero impossibile far parte della pubblicazione di Hahn; e pericoloso per Hahn riconoscere i loro continui legami. Alcune settimane dopo la scoperta, Hahn la rivendicò infatti solo per chimica; in poco tempo, represse e negò non solo la sua collaborazione nascosta con un “non ariano” in esilio, ma anche il valore di quasi tutto ciò che aveva fatto prima. Era autoinganno, provocato dalla paura.

La Meitner era comunque una grande scienziata, e ricevette innumerevoli riconoscimenti durante la sua vita; ebbe persino un elemento chimico, il Meitnerium, denominato con il suo nome, in maniera postuma; ma la fosca luce su questo Nobel non fu mai corretta. E la Meitner ne rimase fortemente abbattuta: sebbene avesse superato ogni blocco immaginabile posto davanti a lei nel perseguire un’educazione scientifica, fosse sopravvissuta alla persecuzione nazista e avesse sopportato l’angoscia dell’esilio, considerò l’omissione Nobel il dispiacere più irrinunciabile della sua vita.

Sime scrive (1): “A parte alcune brevi dichiarazioni, Lise non fece una campagna per suo conto; non scrisse un’autobiografia, né autorizzò una biografia durante la sua vita. E non parlò quasi mai della sua emigrazione forzata, della sua carriera distrutta o delle sue amicizie interrotte. Avrebbe preferito che gli elementi essenziali della sua vita fossero ricavati dalle sue pubblicazioni scientifiche. Scienziata quale era, ha conservato i suoi dati. E la sua ricca raccolta di articoli personali, oltre al materiale d’archivio di altre fonti, fornisce le basi per una comprensione dettagliata del suo lavoro, della sua vita e del periodo eccezionalmente difficile in cui è vissuta”.

Data l’eco dell’opinione interpretativa che chiamiamo storia, la posizione di Hahn fu prontamente riecheggiata dai suoi seguaci e, a sua volta, da generazioni di giornalisti e commentatori della storia della scienza. L’esclusione dal Nobel fu la più ovvia discriminazione; ma la cancellazione dell’eredità della Meitner non è finita qui. L’apparato per la fissione, ad esempio, lo strumento che ella stessa aveva costruito e usato nel suo laboratorio di Berlino per fare le sue scoperte, fu esposto al museo della scienza in Germania per trentacinque anni senza menzionare il suo nome. Poi fu corretto.

E, probabilmente, l’ostacolo a questa pubblicità non era solo che fosse ebrea; ma anche che fosse donna. Infatti questo non è l’unico caso in cui una donna sia stata esclusa da un premio Nobel per una scoperta da lei fatta o resa possibile con il suo contributo significativo: c’è, forse il più famoso, di Jocelyn Bell Burnell con la scoperta delle pulsar, quello di Vera Rubin, la cui conferma dell’esistenza della materia oscura ha fornito un grande balzo nella nostra comprensione dell’universo; e tuttavia rimane, decenni dopo, privo di un Nobel. E sono comunque parecchie le scienziate pioniere cui non sono stati attribuiti riconoscimenti di sorta.

Ma come ha scritto il fisico e romanziere Janna Levin sulle debolezze dell’acclamazione scientifica, “gli scienziati non dedicano la loro vita a un’indagine a volte solitaria, angosciante e faticosa di un universo austero, perché vogliono un premio.” E La stessa Meitner, pur amareggiata, articolò lo stesso sentimento in un discorso che tenne a Vienna all’età di 75 anni: “la scienza fa sì che le persone raggiungano altruisticamente la verità e l’oggettività; insegna alle persone ad accettare la realtà, con meraviglia e ammirazione, per non parlare della gioia profonda e del timore reverenziale che l’ordine naturale delle cose porta al vero scienziato”.

Meitner morì pacificamente nel sonno il 27 ottobre 1968, pochi giorni prima del suo novantesimo compleanno. Otto Robert, uno dei suoi più cari amici, scelse l’iscrizione per la sua lapide: “Lise Meitner: una fisica che non ha mai perso la sua umanità”.

PS: Chi è interessato al tema discriminazione delle donne nella scienza può leggersi qualcosa di Vera Rubin (2), la scopritrice della materia oscura, che ci fa capire, forse meglio, come lo studio della scienza sia stato precluso alle donne. Dove? Nella nazista Germania? No, negli USA, Stato di New York! Ai primi ‘900? No, fino al 1975!

E come non ricordare il bellissimo film “The WIFE”? Dove il marito si prende il Nobel per la letteratura, ma è la moglie che gli ha scritto i libri. Perché, dice lei, a una donna non avrebbero mai dato il Nobel!

  1. https://www.amazon.com/Lise-Meitner-Physics-California-Studies-ebook/dp/B008BTNGV2
  2. http://www.lescienze.it/news/2016/12/28/news/vera_rubin_1928_2016-3363332/