Gian Paolo Pansa e’ stato uno dei più grandi giornalisti contemporanei . Simili a lui io ricordo solo Indro Montanelli e Oriana Fallaci anche perché Pansa ,oltre ad essere un giornalista che sapeva scrivere come pochissimi altri, ebbe sempre un’indipendenza di giudizio che gli fa molto onore e che risulta essere un’eccezione nel giornalismo d’oggi.
A scoprire in lui il grande inviato fu Giulio Debenedetti ,il grande direttore irascibile de “La stampa” che regno ‘ incontrastato per vent’anni e non esito ‘ a bistrattare Enzo Bettiza ed a cestinare con crudeltà articoli scritti da gente importante.
Dopo esperienze al “ Giorno” e al “Corriere “ di Ottone ( una parentesi nefasta per il giornale di via Solferino), Pansa rispose all’appello di Scalfari e fu da subito una firma di punta di “ Repubblica “. Ma non appartenne mai al club radical- chic di quel giornale perché veniva da un mondo totalmente estraneo ad esso.
Pansa era un piemontese di Casale Monferrato,figlio di gente modesta, laureatosi a Torino in storia con Sandro Galante Garrone .
Il gruppo di quelli” la sera andavano in via Veneto “non annovero ‘ mai Pansa, come non ebbe mai trai suoi frequentatori Giorgio Bocca.
Ma anche Bocca nel suo faziosissimo giellismo ebbe molto poco da spartire con Pansa che, ad un certo punto ,si rese conto – dimostrando un’assoluta onesta ‘ intellettuale -come certi rituali di una sinistra obsoleta, fatti di intolleranza e di bigottismo ideologico, non erano più proponibili. E capi ‘ anche che certa vulgata antifascista che ignorava il dramma della guerra civile che insanguinò l’Italia dal 1943 al 1945, non era più sostenibile perché il fluire degli anni imponevano ragionamenti storici e non esaltazioni acritiche ed edulcorate. Il presidente Napolitano parlò di eccessi durante la Resistenza che andavano denunciati . Quello che accadde nel “ Triangolo della morte “ e non solo, non poteva più ‘ essere nascosto e Napolitano e persino lo stesso Fassino ebbero il coraggio di trarne alcune conseguenze .
Pansa con” Il sangue dei vinti “ diede voce ai fascisti e ai non comunisti ammazzati in modo truculento dopo il 25 aprile’45, quando invece si sarebbero dovute deporre le armi.
Claudio Pavone aveva parlato di guerra civile e Pansa ha dimostrato che quella guerra civile era continuata in modo terribile anche dopo. Già Mario Pannunzio aveva denunciato nel suo “ Risorgimento liberale “, subito dopo la fine della guerra, i delitti orrendi commessi dai comunisti. Abbiamo saputo ufficialmente da lui che il padre di Nicola Matteucci e di Vittorio Mathieu furono uccisi dai comunisti, anche se i loro figli mi dissero di quella autentica tragedia famigliare.
Forse Pansa non seppe contestualizzare quei fatti,spiegandoli anche con i misfatti di fascisti e nazisti commessi durante la RSI. Il sangue chiama sempre sangue e quella legge terribile valse anche per quel periodo della storia italiana.
Pansa non era uno storico, ma solo un giornalista e si limitò ad elencare dei fatti che non vennero mai smentiti. In sintesi Pansa ha raccolto materiali per la storia che fino ad allora erano rimasti nascosti.
Per questo suo lavoro venne fatto oggetto di una campagna di odio senza eguali in cui si distinse anche Giorgio Bocca.
Tentarono di impedirgli di parlare con la violenza, ma i milioni di libri venduti fecero giustizia dei facinorosi che, invece di confutare le sue tesi, tentarono di impedirgli di presentare i suoi libri. Pansa ha avuto dei grandi meriti ed ha consentito agli Italiani di conoscere una parte della loro storia rimasta occultata per decine anni. Questo e’ dato incontrovertibile.
Poi forse esagerò, scrivendo anche su giornali che erano indegni del suo livello e della sua storia e io cessai di seguirlo. Ma il nostro dialogo iniziato una sera al “ Cambio “ quando uscì “ Il sangue dei vinti “, non subì interruzioni.
Pansa e Bocca ebbero ambedue il Premio “ Pannunzio “, ma non ho dubbi sul fatto che il gigante del giornalismo italiano sia stato lui e non Bocca.
Il coraggio dell’incoerenza e’ infatti molto spesso una grande, rarissima virtù civile .