Da una osservazione dell’intero percorso spirituale e intellettuale del genere umano è possibile affermare come questi si sia fondamentalmente concentrato su di un rapporto sussistente tra la sfera del divino e della ragione umana, ossia, nel rapporto tra religione e ragione.
In questi ultimi cento anni (o poco più) di grandi scoperte scientifiche e tecnologiche, l’uomo si è reso conto, a poco a poco, che il benessere socio-economico, derivante dal progresso, portava in seno il progressivo distanziarsi dalle realtà spirituali. E, a questo lento “divorzio” tra religione e ragione, le Confessioni religiose (millenarie e moderne) hanno cercato di porre, in qualche modo, diversi e disarticolati rimedi, adattandosi talora al corso degli eventi, ovvero alle dinamiche sociali, nonché ai livelli di coscienza degli individui. Tutto ciò comprendendo il pericolo sussistente nell’assoggettamento delle verità c.d. divine alla ragione, ossia il pericolo di renderle schiave dell’uomo e della volontà di quest’ultimo, per scopi manipolatori e lesivi delle libertà e dei diritti fondamentali dell’uomo.
Difatti, nel caso di assoggettamento pieno e totale, la Religione sarebbe privata della sua propria “verità positiva” e ridotta a mera questione di opinioni.
Ad oggi non si è ancora trovato rimedio a tale “divorzio” e al costante tentativo di assoggettamento da parte della ragione ai danni della religione; infatti è indubbio che attualmente quest’ultima non sia più un collante della società, attuandosi un sostanziale distacco della dimensione pubblica dai valori del sacro.
Fino al secolo scorso, nei Paesi d’Occidente, il Cristianesimo (nelle sue varie manifestazioni) ed i suoi valori erano la Legge di tutti ed hanno modellato la struttura civile della società. Questo meccanismo, a onor del vero, non è avvenuto solo in Occidente, bensì anche sotto altri cieli, sotto l’influenza di altre Religioni, come ad esempio quelle Induista e Buddhista, le quali hanno modellato le strutture delle società d’Oriente.
Queste società, nel corso dei decenni, come anzidetto, si sono progressivamente distanziate dalla dimensione del sacro, assorbendo e facendo propri i principi (estrinsecati in diritti e libertà fondamentali) originati da quest’ultimo.
Tale appropriazione ha ingenerato poi un progressivo disconoscimento della paternità sacra di tali principi, con un’operazione manipolatoria e distorsiva della realtà storica che appare tutt’altro che scevra da risvolti pericolosi.
Difatti, nel rendere tali principi, diritti e libertà sconnessi dalla loro reale genesi (sacra) e, quindi, nel renderli in buona sostanza vaghi, questi vengono posti nella condizione di potersi in qualche modo disgregare in un vasto mosaico di opinioni.
La ragione umana, occorre considerare, è fondamentalmente caratterizzata dal relativismo, in cui vige, prima di tutto, il soggettivismo individualista e, pertanto, assoggettare la dimensione del sacro (e tutto ciò che da esso è derivato) alla ragione comporta inevitabilmente risvolti sociali di una certa gravità.
Le conseguenze negative, però, vengono ad estrinsecarsi, prima che sul piano sociale, sul piano individuale.
Infatti, la ragione esercitata in maniera inconsapevole e senza gli strumenti adeguati, in un campo minato come quello del sacro, ingenera inevitabilmente degli arroccamenti su convincimenti erronei che portano conseguentemente al non superamento di limiti individuali ed alla necessità di operare divisioni.
A conferma di tale assunto vi è la società attuale, bisognosa di barriere proprio perché gli individui sono privi di certezze (tutto è messo in discussione dal predominio della ragione).
Quando si ha a che fare con il sacro, però, è basilare la consapevolezza dei limiti della ragione, nonché maturare un atteggiamento di umiltà. Questo per ricominciare a relazionarsi in maniera corretta al sacro (che, per sua stessa natura, oltrepassa la ragione).
Con ciò non si vuole affermare che le dottrine del sacro debbano essere accettate con atteggiamento succube della mente (e, quindi, col ritorno al predominio della Religione sulla Ragione), anzi, si vuole affermare che la mente debba reimparare a relazionarsi con il sacro in modo equilibrato e, grazie a tale rinnovata relazione, riconoscere i propri limiti e cercare di superarli costantemente.
In buona sostanza è necessario riappacificare Religione e Ragione per giungere ad un rinnovato ordine individuale e sociale.
La Ragione, infatti, non è antitetica alla Religione e ridisegnare gli equilibri in un’ottica di non predominanza è assolutamente possibile.
Tali nuovi equilibri, però, inevitabilmente dovranno considerare la mutata società attuale, sempre più connessa e, quindi, multiculturale e multicultuale.
Occorre, quindi, in questo auspicabile nuovo percorso umano, intraprendere una via che sia anche un ponte di dialogo tra le Confessioni religiose differenti e le diverse culture a contatto.
Sul punto molto si è fatto sin ora da parte di Sociologi delle Religioni e leader religiosi, ma la strada risulta essere lunga e tortuosa.
Soventi, infatti, risultano essere le occasioni in cui vengono evidenziati punti di unione tra i culti e le culture, a livello dottrinario e storico, nonché delle problematiche che vengono affrontate nei vari Stati del mondo per le ragioni anzidette.
Degne di nota, sul punto, sono le INTERNATIONAL RELIGIOUS FREEDOM ROUNDTABLE. In Italia tali incontri sono arrivati alla terza edizione (il 19 dicembre 2019, a Roma, nel Palazzo Giustiniani – sala Zuccari – del Senato della Repubblica), tutti organizzati dal CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni) sotto la coordinazione del Prof. Massimo Introvigne.
L’ultimo incontro ha visto la numerose partecipazioni da parte di rappresentanti delle diverse Confessioni Religiose presenti sul territorio italiano, nonché esperti Sociologi e Professori (di diritto canonico e diritto ecclesiastico) delle Università di Roma e Napoli.
La tavola rotonda è stata occasione di confronto sulle diverse problematiche inerenti la libertà religiosa in Italia e nel mondo e la necessità promuovere un dialogo costante di tipo interculturale ed interreligioso capace di creare una società non conflittuale. Obiettivo principale, in tal senso, è la formazione delle nuove generazioni ad una cultura di pace e la corretta veicolazione di informazioni legate alle Confessioni religiose.
Tra le proposte avanzate in questa sede spicca quella di creare un luogo di condivisione di conoscenza e di confronto paritetico fra Confessioni religiose, capace di sensibilizzare gli individui e formarli correttamente. Il luogo di cui si parla è un Museo delle Religioni.
Per la realizzazione di questo progetto, il CESNUR si è dichiarato disponibile a contribuire donando i suoi 70.000 testi sul tema religioso (la più grande collezione d’Europa), per la creazione di una biblioteca interna al museo.
Il progetto del MUSEO DELLE RELIGIONI verrà elaborato nei prossimi mesi per poi essere proposto al Comune di Torino e Regione Piemonte.
La realizzazione di questo ambizioso progetto non sarà semplice, ma è certamente un passo fondamentale per la creazione di una cultura di pace, di rinnovato equilibrio tra dimensione sacra e ragione.