Per Leonardo, “Il moto è causa di ogni vita”. Secondo Fritjof Capra, in particolare, “Il moto vorticoso delle turbolenze dei liquidi disegna nello spazio – tempo la curva della spirale, una forma che Leonardo considera il codice archetipico delle forze vitali della natura, apparentemente statica ma formata da elementi in continuo movimento. (..) La curva della spirale, poi, per il fatto che si estende tra l’infinitamente piccolo, il suo centro, e l’infinitamente grande, sembra mettere in continuità fra loro le forme del microcosmo con le forme del macrocosmo. Leonardo ‘vede’ gli schemi di crescita nelle piante, il moto a spirale che guida la fillotassi delle foglie e ‘vede’ che si tratta di uno schema presente in altre forme organiche di vita” ( Leonardo e la botanica, Aboca, Sansepolcro 2018, editrice di formazione ecologista ). Ancora più specificatamente, il filosofo promotore della cosiddetta “Ecologia profonda”, docente a Berkeley, approfondisce il tema dell’archetipo, della forma universale della “vitalità”. “In considerazione della fascinazione di Leonardo per la spirale come schema archetipico della vita, non sorprende che abbia fatto particolare attenzione agli schemi di ramificazione noti oggi come ‘fillotassi a spirale’. Egli identificò diverse tipologie di queste disposizioni a spirale di foglie sul gambo, notando che in ogni caso un numero esatto di rotazioni intorno al gambo è completato dopo un certo numero di ramificazioni. Per esempio, egli fece notare che ‘ha messo la natura le foglie delli ultimi rami di molte piante, che sempre la sesta foglia è sopra la prima, e così segue successivamente se la regola non è impedita’” ( MS. G., folio 16v., in Leonardo e la botanica, cit., pp. 71 sgg. L’edizione italiana  più recente è quella del Trattato della pittura, a cura e con Introduzione di Rodolfo Papa, Demetra, Giunti 2019, pp. 446-447, al par. 831, “Del nascimento delle foglie sopra li suoi rami” ). Capra si sofferma, altresì, sulla presenza delle “spirali” nella chioma della figura di “Leda” del 1507-1508, in Coll. Windsor, vol. III, fol. 323: “mostrano la fascinazione di Leonardo per la spirale come simbolo della fecondità e del potere creativo della natura”. Ancora nell’ “Uomo Vitruviano” del 1490, una analisi più approfondita di tutte le sequenze numeriche conduce a rivelare che – secondo la regola della “Divina Proporzione” spiegata da Luca Pacioli – non solo siamo in presenza di numeri generatori per le misure del capo in rapporto ai capelli alla fronte al naso e alle labbra, e delle braccia, che non sono uguali; ma che il “cerchio non è un cerchio soltanto ma esattamente una ‘doppia spirale’”, in possesso di un significato altamente simbolico di perfezione creatrice, adottato per disegnare l’immagine della Madonna ( in Raffaello e nella “Pietà” di Michelangelo ) e della stessa “Gioconda” ( Roberto Concas, L’inganno dell’Uomo Vitruviano. L’algoritmo della divina proporzione, Giunti, Firenze 2020 ). Leonardo, “omo senza lettere”, si avvalse della traduzione di Vitruvio condotta da Francesco di Giorgio Martini; ma la ripensò e calibrò a suo modo per evidenziare il rapporto tra finito e infinito, cielo e terra, rapporto in cui l’uomo – per dirla con Marsilil Ficino – è “copula mundi”.

Tre secoli dopo, nella storia del pensiero, la spirale verrà assunta a simbolo della “morfologia delle piante” e della crescita “sprituale”, dal genio di Volfango Goethe, come simbolo e forma di una realtà al tempo stesso “mobile” e “dinamica”, ma anche “ricorsiva” e “ricorrente”: donde passò nella interpretazione dello storicismo moderno e della idea di progresso, non rettilinea e uniforme, ma arricchentesi perpetuamente e variegata dentro il continuo movimento. In generale, e non senza qualche audacia ermeneutica, la “doppia spirale” è stata messa in rapporto con la teoria della “doppia elica” dedotta nel 1953 da Watson e Crick, sulla base delle intuizioni di Erwin Chargaff e di altre esperienze, per spiegare la struttura dell’ acido desossiribonucleico (DNA); nonché con la formazione originaria delle galassie e la creazione dell’universo. Da ultimo, ma non ultimo, la spirale può essere adottata, oggi, nella ricerca di unificazione delle forze fondamentali della natura ( la gravitazionale, l’elettromagnetica, la nucleare forte di Chadwick e la nucleare “debole” del decadimento beta o del neutrino ), al posto delle “luci”, o meglio dei “coni di luce”, immaginati in alcune proiezioni dello spazio-tempo nella visione di Minkowski o del film “Interstellar” di Nolan; dal momento che sulla “spirale” meglio si possono distribuire le equazioni delle onde gravitazionali scoperte o ri-scoperte dallo scienziato Kip Thorne ( v. il mio “Da Bruno a Escher: la Biblioteca celeste di Interstellar”, in “Filosofia e Nuovi Sentieri”, 20 dicembre 2014; e Italo Calvino e Andria. Variazioni del senso del celeste, Matarrese, Andria 2016 ).

La “spirale” o “doppia spirale” rappresenta modernamente ciò che diciamo, in generale, “La physis, che potremmo definire il germinare insonne e inesausto delle forme” ( Italo Mancini, Filosofia della prassi, 1986 ).

L’archetipo ( Jung ), “forma originaria”, schema comune a varie forme di vita e campi del sapere, può costituire un ponte tra le culture, sorta di nuovo “Divano occidentale – orientale” ( Goethe ), naturalmente a condizione che si sia disposti a rimirarne le prospettive e ad assidersi per una sosta teoretica, pausa di fratellanza spirituale, nella stagione della “lotta” e della “complessità”.

Giuseppe Brescia – Società di Storia Patria – Andria