La religione della Libertà prese Nello e Carlo Rosselli, Giulio Butticci, Aldo Capitini; Leo Valiani e Aldo Garosci; Guido Calogero e Carlo Ludovico Ragghianti; Leone Ginzburg e Franco Antonicelli; Ernesta Bittanti Battisti e Michele Cifarelli; Giorgio Bassani ed Eugenio Montale. La religione della Libertà conquistò tutti quei giovani, giornalisti letterati o uomini politici, le cui famiglie era state di origini mazziniane, socialiste o repubblicane. Per dirne una, la promettente allieva francesista del filosofo Antonio Banfi ( tra i primi firmatari del “Contromanifesto” Croce del 1° maggio 1925 ), che era Lorenza Maranini, di famiglia socialista bolognese, fu la prima in Italia a pubblicare un libro importante su “Marcel Proust: Arte e conoscenza” ( libro nel 1933 già letto e lodato dal Croce, per la mediazione di Antonio Banfi ). E soprattutto di origini risorgimentali era l’onorevole Guido Albertelli, parmense, padre del “purissimo Pilo Albertelli, il quale, atroce ricordo che in noi mai si cancellerà, fu nel 1944 in Roma martoriato e trucidato dai tedeschi alle Fosse Ardeatine”, come scrisse epigraficamente il Croce nelle “Nuove Pagine Sparse” ( Napoli, I – 2^ed, 1947, p. 417 ).
Né può esser accreditata certa versione gravemente ideologizzata, che ancora ricircola a volte nel mondo della editoria e della scuola, onde la Resistenza al nazifascismo sarebbe stata pressocché esclusivo appannaggio di comunisti e “brigate Garibaldi”, espungendone il vigoroso contributo dato alla stessa ( sia sul piano del pensiero che su quello dell’azione ) da liberali e azionisti. Proprio il giovane Pilo ( il cui nome derivava dalla fedeltà paterna alla tradizione risorgimentale, gli altri due fratelli essendo Ippolito Nievo e Francesco Nullo ), nato a Parma nel 1907 e trasferitosi a Roma quando la casa di famiglia in via Aurelio Saffi fu devastata dalle squadre fascistiche il 5 novembre 1925, ne costituisce fulgido esempio. Dopo aver profittato delle lezioni di Vladimiro Arangio Ruiz, suo docente di filosofia nel Liceo “Romagnosi” di Parma e della preparazione privata di Vittorio Enzo Alfieri, solo per un anno “major natu”, Pilo Albertelli si iscrisse a Filosofia, dove conobbe sì Giovanni Gentile ma anche il prete modernista Ernesto Buonaiuti, Mario Vinciguerra, Guido Calogero, Guido De Ruggiero, Umberto Segre e Ugo La Malfa. Soprattutto, con crescente adesione politica, leggeva Croce e la “Rivoluzione Liberale” di Piero Gobetti. Introdotto dall’ Alfieri, nel frattempo divenuto normalista a Pisa, in casa Croce, quando uscì la “Storia d’Italia dal 1871 al 1915”, proiettò il proprio entusiasmo nella idea di una rivista di storia del Risorgimento come organo di promozione dell’idealità liberale, idea che si concretizzò nella collaborazione alla rivista “Pietre” di Umberto Segre. Ma nell’aprile del 1928, l’attentato di piazzale Giulio Cesare a Milano, attentato cui i giovani pensatori erano affatto estranei, portò all’arresto di circa duecento persone, del gruppo degli “amici di Croce”, che solo a fatica vennero scarcerati dopo qualche mese per l’intervento del filosofo presso Alberto Cappa, il cognato di Filippo Tommaso Marinetti, ben vicino al regime ( cfr. Armando Gavagnin, “Una lettera al Re”, La Nuova Italia, Firenze 1951; Vittorio Enzo Alfieri, “Pilo Albertelli. Filosofo e martire delle Fosse Ardeatine”, Spes, Milazzo 1984 ).
Tuttavia restò a carico dei giovani perseguitati il provvedimento dell’ ammonizione, con l’obbligo di tre anni di sorveglianza e tutti i vincoli vessatori a ciò connessi. Ciò peserà alla fine per il caso della tortura cui sarà sottoposto e coinvolgimento nell’arresto durante la retata che porterà alla strage delle Ardeatine.
All’ultimo anno di Università, nel 1930, Albertelli si laurea con Guido Calogero, sui “Problemi della gnoseologia platonica”. I. “Sensazione e opinione”. II. “Identità e alterità nella filosofia platonica in generale e nel ‘Timeo’ in particolare” ( tuttora inedita, forse da riprendersi dopo gli studi sulla gnoseologia e genesi della dialettica sviluppati da Livio Sichirollo, Raffaello Franchini, Gennaro Sasso o Mauro Visentin ). Grandeggiano la disposizione filosofica, il dominio del greco, l’ancoraggio di filologia e filosofia, l’appello in favore della libertà e dignità del filosofare ( contro la massa, come nel “Teeteto”, formata da “uomini piccoli di animo, e non retti” ). Dal ’30 al ’35, dopo un breve periodo di supplenza a Formia, Pilo Albertelli insegna nel Liceo “Tasso” di Roma, al Liceo di Livorno e all’ “Umberto I” di Roma. “Maestro veramente socratico, poneva in second’ordine lo svolgimento del programma e le relative nozioni, ma discuteva e ragionava coi ragazzi cercando di accendere le loro anime”, pur mantenendo sempre ferma la distinzione tra maestro e allievo, libertà del discente e autonomia del docente, autorità e autoritarismo ( come rileva l’Alfieri ). Per ciò stesso, in questo periodo pubblica “Le antinomie dell’educazione” ed il “Rousseau”, nell Enciclopedia dei Maestri, Milano, Anonima Edizioni Viola, 1931. Solo nel ’39 riesce a pubblicare “Il problema morale nella filosofia di Platone” ( Roma, Tipografia Sallustiana ) e la traduzione con commento e cura, originalissimi, degli “Eleati” ( nella Collana dei Filosofi Antichi e Medievali del Laterza ), edizione che il Calogero esiterà a recensire e il Covotti disdegnerà per la risoluta indipendenza di giudizio del giovane studioso.
Tra i fondatori del Partito d’Azione, nel cui programma vede operante la sintesi tra il socialismo paterno e il liberalismo crociano e gobettiano, scrive su “Italia Libera” il corsivo del 25 luglio 1943, ponendosi in prima linea nella difesa di Roma e nella organizzazione militare clandestina ( corse in bicicletta, trasporto d’armi, riunioni cospirative, segno del filosofare vissuto come testimonianza e impegno di vita ). In questo senso, si leggono il suo Kant, il suo Croce, il suo Platone: “Le concezioni morali, invece che possesso, sono conquista; e questa conquista noi dobbiamo operare continuamente nel nostro animo” ( “Il problema morale nella filosofia di Platone”, cit., 1939, p.69 ). “Un uomo senza ideali non è un uomo ed è doveroso sacrificare quando è necessario ogni cosa per questi ideali” ( lettera alla fidanzata da Bedonia, paesino dell’appennino parmense, del 2 agosto 1930 ). E lo stesso immanentismo del Croce non elide “una invincibile aspirazione alla trascendenza, che sola gli pareva poter dare un fondamento assoluto alla moralità” ( Vittorio Enzo Alfieri, op. cit., p. 22 ). Non sappiamo se la insistenza crociana negli anni Trenta e Quaranta, a proposito della “perennità e storicità delle categorie”, della universalità dei “principi costitutivi” della coscienza ( e non meramente “regolativi” ), del “Non cangiamento” dei principi pur storicamente attuantisi – insistenza che c’era sempre stata ma che assume indubbio particolare risalto in “Filosofia e storiografia” e negli svolgimenti dalla “Storia come pensiero e come azione” in poi – ; non sappiamo se codesta speciale “cura”, in senso teoretico ed esistenziale, non sia debitrice verso le tragiche esperienze della storia, le vite spirituali dei tanti amici ed allievi in combattimento per la libertà. Lo stesso Alfredo Parente, cui il filosofo affiderà l’incarico di tenere le lezioni di Filosofia nell’ Istituto Italiano per gli studi Storici, prenderà parte alle giornate di Napoli e alla rifondazione del Partito Liberale, avendo sempre netta e chiara la percezione ed affermazione della “perennità delle categorie”. Ma per tornare a Pilo Albertelli, dopo la Fondazione del Partito d’Azione nel 1942 e la collaborazione a “Italia Libera”, egli fu arrestato il 1° marzo 1944 a seguito di denuncia di un traditore, torturato a lungo nella Pensione Oltremare di via Principe Amedeo e quindi nella villa prigione di via Tasso, a Roma. Tentato per due volte dall’idea di suicidio, si rifiutò di fare i nomi degli aderenti alla organizzazione militare clandestina, spiegando a un amico: “Ho voluto smentire la fama che noi siamo soltanto dei pennaioli”. Il 20 marzo fu portato a Regina Coeli; e di là, a seguito dell’attentato di via Rasella, fu tolto il 24 marzo con la moltitudine di politici e non politici, combattenti e innocenti, ebrei e non ebrei, per il barbaro macello delle Fosse Ardeatine
Gli arrise, “alla memoria”, la Medaglia d’oro al valor militare. Nel decennale della strage, fu scoperta una lapide alla casa romana di via Sambucuccio d’Alando 19: “Abitò in questa casa / Pilo Albertelli / Medaglia d’oro della resistenza / Professore di filosofia / Insegnava ai giovani / La fedeltà socratica / Alla Verità e al Dovere”. E Il Ministro liberale Gaetano Martino lesse sul basamento del busto nel Liceo che era stato il ‘suo’ “Umberto I” ed ora assumeva il nome di “Pilo Albertelli”, in via Manin, le seguenti parole: “ A Pilo Albertelli / Maestro di vita nella scuola / e assertore di Libertà innanzi al nemico / L’Istituto / Che s’illuminò nella sua luce / E si santificò nel suo martirio / Nel decennale / Delle Fosse Ardeatine / 24 marzo 1954”.
Come scrisse a caldo l’amico Mario Del Viscovo nell’opuscolo curato dal Partito d’Azione all’anniversario dalla morte: “In questo faticoso liberarsi era per Pilo Albertelli lo scopo della vita; nella vittoria della volontà su se stessi, il premio di aver lottato; in ogni atto la spiegazione di esso portava soddisfazione per il conquistato, ma anche irrequietezza per il manchevole. Io credo che nell’attimo della morte Pilo Albertelli avesse sul volto la pace serena di non poter rimpiangere nulla: Egli, in quel momento, sapeva che non perdeva la vita”. E così recava nobile testimonianza dell’ eternità che ha per sé la “religione della libetà”, la “libertà liberatrice”.
Bibliografia essenziale
Opere di Pilo Albertelli: “Le antinomie dell’educazione”; e “Rousseau”, ne “La cultura magistrale” – Enciclopedia dei maestri, Milano, Anonima Edizioni Viola, 1931; “La dottrina parmenidea dell’essere ”, in “Annali della Scuola Normale Superiore” di Pisa, II Serie, 4, 1935, pp. 327-334; “Gli Eleati”, Laterza, Bari 1939; “Il problema morale nella filosofia di Platone”, Tipografia Sallustiana , Roma 1939; collaborazione a “Italia Libera”, dicembre 1942 – 25 luglio 1943.
Opere su Pilo Albertelli: Benedetto Croce, “Nuove Pagine Sparse”, Napoli 1947, I, 2^ ed., p. 417; Vittorio Enzo Alfieri, “Pilo Albertelli . Filosofo e martire delle Fosse Ardeatine”, Spes, Milazzo 1984; Ugo La Malfa – Giancarlo Tartaglia – Piero Craveri, “Scritti 1953-1958”, Fondazione Ugo La Malfa, Roma 2003.