Oggi se n’è andato Michel Piccoli. Un leitmotiv della mia vita. Sono cresciuto di pane e cinema. I miei genitori andavano al cinematografo due pomeriggi alla settimana, anche per vedere il cinegiornale che precedeva la proiezione dei film e che in quei tempi era l’unico mezzo di informazione visiva disponibile. La tv era appannaggio di una sola famiglia su tremila in Marocco.Il Western, il cinema francese d’autore e le grandi produzioni di Hollywood erano i preferiti di mio padre, mentre mia madre prediligeva i musical e i grandi classici arabi, allora quasi tutti di produzione egiziana.Quando i due non si mettevano d’accordo sul cosa vedere, entravano in due diverse sale cinematografiche e si rincontravano dopo la proiezione. Allora non era cosa insolita vedere donne da sole al cinema. Il Marocco, uscito da pochi anni dalla morsa del colonialismo, era si povero e arretrato, ma la mentalità era più aperta e rispettosa di quella di oggi. Le piaghe sociali del sessismo, dell’oscurantismo e i problemi di sicurezza arriveranno molto più tardi. Mio padre era talmente di casa ai cinematografi di Casablanca che riuscì a farmi assistere da ragazzino “clandestinamente” a grandi classici come “L’esorcista”, allora rigorosamente vietati ai minori.Avevo solo dieci anni quando assieme ai miei vidi il mio primo film con Michel Piccoli affiancato da altri mostri sacri come Marcello Mastroianni, Ugo Tognazzi e Filippe Noiret. Il titolo era “La grande abbuffata” (La grande bouffe), e da allora mi sono sempre piacevolmente “abbuffato” di film con Michel Piccoli, fino all “Habemus Papam” di Nanni Moretti qualche anno fa.Da ragazzino non conoscevo ancora l’italiano, ma il grande cinema italiano si. Non avrei mai immaginato che il mio destino mi avrebbe portato un giorno a vivere proprio nel paese di Federico Fellini.Ma come si dice in arabo, è il “Maktūb” (lett. ciò che sta scritto), ovvero, il futuro che non ci è dato conoscere, ma che è già scritto nel nostro destino sin dalla nascita. Voilà.
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