Non deve essere stata una poltrona comoda quella  di Giuseppe Conte negli ultimi tre mesi, se e’ vero che il suo è un governo poco legittimato dalla volontà popolare e figlio di un grossolano errore politico dell’attuale capo dell’opposizione Matteo Salvini, il quale era al suo fianco nel precedente governo, quale vicepresidente e ministro dell’interno. L’emergenza Covid 19, ha portato il presidente Conte a dover essere ricordato come il primo capo di governo della storia politica italiana ad aver messo tutti gli italiani …agli arresti domiciliari per oltre tre mesi!
  Come hanno lavorato Conte ed i suoi ministri durante questo sventurato periodo?
  Dal punto di vista della politica sanitaria hanno fatto quanto hanno potuto: siamo stati noi italiani i primi europei ad essere colpiti dal corona virus e, senza alcun punto di riferimento siamo andati un poco a tentoni, e con scarsa sinergia tra governi regionali e quello centrale. La figura del Premier, le sue costanti apparizioni in televisione, magari caratterizzate anche da un venatura di presenzialismo, hanno indubbiaamente un poco rasserenato gli italiani, i quali di fronte al l’evolversi di una situazione di estremo disagio, non si sono sentiti abbandonati nella loro reclusione domestica.Tuttavia se la portata della pandemia deve essere ancora ben valutata nella sua gravità, quella dell’economia si appalesa già ben chiara nella sua evidente letalità. Per certo , si deve pur dire, non sono mancate occasioni nelle quali il governo non abbia perduto la faccia :oltre ad essere risultato insufficiente l’intervento di sostegno, soprattutto se raffrontato a quello di altri Paesi europei, si è ancora una volta persa l’occasione in Italia per apportare al nostro sistema fiscale quelle modifiche che oggi incontrerebbero meno resistenze nella valutazione del parlamento europeo.
    I tanti, troppi e confusionari Dpcm, se qualcosa hanno tentato di fare da un punto di vista meramente assistenzialistico, poco o nulla hanno proposto nell’ottica di una ripresa economia post coronavirus, la quale dovrebbe invece essere di importanza primaria da collocare nell’agenda di un governo previdente per risollevare la nostra  moribonda economia. Serve un allineamento alla politica fiscale di altre nazioni europee a dispetto della tradizione tutta nostrana nell’affrontare la necessità di interventi decisori in materia fiscale. Servono norme più semplici ed un ampio taglio alla burocrazia la’ dove questa intralcia e rallenta l’iniziativa economica.
  Oggi si prospetta una caduta del Pil di circa il 10 %,  col rischio che possa anche sprofondare ad un 12-13% nel breve periodo.Questi numeri,uniti all’inerzia governativa ed alla purtroppo pronosticabile moria di una parte importante del tessuto economico-imprenditoriale nazionale, avrebbero la conseguenza di limitare, se non di rendere nullo senz’altro il conseguente “effetto rimbalzo”, che l’economia normalmente fa registrare dopo un evento economicamente traumatico come  quello patito in questo inizio 2020. Con tanto di voli a spirale dei vari falchi europei , già in attesa, e memori di avere annichilito a suo tempo ciò che restava della economia disastrata della Grecia.
  Servono manovre drastiche in materia economico fiscale, depurate dalle ricorrenti , mostruosità burocratiche, tipiche del nostro Paese; serve una cooperazione europea che senza arrivare a reinventare  quella del ‘53 , di triste memoria, preveda almeno una maggiore flessibilità, ed un più evidente avvicinamento fra nazioni ricche e nazioni in difficoltà. Cosa potrebbe fare oggi il potere esecutivo in Italia? Innanzitutto dovrebbe immaginare che facendo slittare i vari adempimenti fiscali e le relative rateizzazioni, soltanto si sposterebbero nel tempo . Si andrebbero ad aggravare problemi che in realtà non si riuscirebbe a risolvere, e si aggraverebbe in realtà la già pesante situazione economica delle imprese, creando un collo di bottiglia che rallenterà  irrimediabilmente i pagamenti erariali nell’autunno prossimo.
  Lo Stato ha bisogno di incassare, le aziende ed i cittadini hanno bisogno di sgravare la loro enormemente pregiudizievole posizione debitoria col fisco per poter ripartire liberi. Non sono incompatibili queste due esigenze. Il precedente governo, pur nei suoi limiti di visione politica, aveva individuato la necessità prima di tutto di sgravare i cittadini dai debiti pregressi, quelli per intenderci che i revisori contabili delle società indicano ai fini di una svalutazione di bilancio. È eloquente l’aborto poi  sortito dopo il  confronto con la cosiddetta “sponda gialla”, di fatto inutile e velato di incostituzionalità  .Serve un provvedimento aperto, con limiti di applicazione allargati, depurato da quell’idiozia tutta nostrana che è l’indice ISEE, il quale tiene conto delle sole poste attive(un soggetto che dispone per esempio di 30.000 euro di titoli su un conto corrente e di due conti con fidi bancari interamente utilizzati per 100.000 euro , in grazia del citato indice non ha 70.000 euro di debiti, ma 30.000 di attivo…Aiutare chi è in difficoltà. significa vAlutare tanto la sua capacità reddituale che la sua esposizione debitoria. Serve un allineamento ai parametri fiscali europei quanto agli “scaglioni fiscali”- inostri sono fra i più  alti- e quanto alle modalità  di raggiungimentodell’imponibile fiscale.
Ad oggi, fra noi e la Germania non vi sono decine di punti percentuali di differenza come con la Svizzera, ma la differenza non è reale se pensiamo che in Germania il contribuente è in grado di scaricare molti costi in più rispetto al contribuente italiano.
  Parametri fiscali insostenibili non fanno che incentivare l’evasione fiscale, quasi legittimandola…instillando nel contribuente la consapevolezza di evadere per legittima difesa.
  Se l’attuale nostro governo  salta di campo e preferisce prefiggersi l’imposizione di una patrimoniale sui conti dei cittadini e delle imprese , o con una covid tax per redditi oltre gli 80.000euro (lordi naturalmente), vuol dire che anch’esso diverrà parte attiva per predisporre il banchetto che si vorrebbe fare sulle spoglie della nostra economia. Lasciandoci gli utili sul nostro patrimonio artistico, sul demanio dei litorali…  così come accade oggi con la Grecia!
                                                 LEONARDO PAPA