Sembra sia stato detto tutto su Pompei eppure, dopo duemila anni la città rievoca suggestioni ancestrali, curiosità, ammirazione, nostalgia che si trasformano in sogno, in leggenda, in quel sottile “mal d’antico” che ancora contagia il mondo. Tutto ci riporta a quando il destino fermò il corso della sua storia: la vita sembra essersi interrotta un istante fa. L’eruzione non ha distrutto la città, ha solo fermato il tempo per restituircela con l’aspetto che essa aveva in quel giorno del 79 d.C. Pompei continua a incantare coloro i quali sono disposti a compiere un viaggio artistico ed emozionale nella lunga storia della fortuna di questa città, alimentata da romanzi di scrittori, aneddoti di ciceroni, quadri d’artisti, dall’entusiasmo di studiosi, di sovrani e intellettuali che fin dal momento della sua scoperta, nel 1748, ne hanno fatto un mito. Lasciato alle spalle il “tempo sospeso”, con la consapevolezza di dover affrontare nuove modalità di fruizione della cultura e dell’arte, si possono esplorare le rovine del sito archeologico, oppure percorrere le sale dei musei, come quelle del MANN, uno degli scrigni più ricchi di reperti pompeiani. Nel rispetto delle nuove disposizioni di prenotazione e d’ingresso, anche con prezzi molto convenienti, sarà possibile, fin dal 3 giugno, visitare la collezione degli oggetti della vita quotidiana esposta in cinque sale, dalla n.85 alla n.89, che ospitano oltre cinquecento reperti databili tra la fine del I sec. a.C. e l’eruzione del 79 d.C. Un grande lavoro di riallestimento che ha arricchito la raccolta con nuovi oggetti, ma ha anche aggiornato l’apparato didattico e divulgativo, provvedendo al restyling delle antiche vetrine. Alcune opere non sono mai state mostrate, come il bellissimo vaso in vetro cammeo bianco e blu, o la padera ritrovata nella celebre Casa del Poeta Tragico di Pompei, una scodella decorata con motivi dionisiaci che aveva, probabilmente, un valore decorativo e denotava lo status e il prestigio del suo proprietario, le terracotte votive, gli oggetti in osso e avorio, gli strumenti chirurgici, lucerne, elementi di arredo, vasellame bronzeo e argenti dalla casa del Menandro, vetri dal design essenziale e modernissimo. Molte suppellettili sono letteralmente “emerse” dai depositi del museo, vero e proprio serbatoio di meraviglie e di studio, nonché laboratorio sul campo di Restauro. E’ una continua scoperta di stoviglie, vasi, bicchieri appartenuti a uomini e donne di oltre 2000 anni fa che restituiscono le suggestioni di una vita comune, intima, concreta.
Sorprese che continuano con gli affreschi e gli stucchi dipinti provenienti dalle città vesuviane, appena ricollocati, secondo parametri più aggiornati, non tanto dal punto di vista scientifico, quanto per una maggiore efficacia comunicativa. Si tratta del più ampio e importante repertorio di pittura romana conservato al mondo, composto di circa 1500 esemplari, in mostra nell’edificio monumentale sin dal 1826. La nuova esposizione disegna un quadro della pittura romana tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. secondo canoni, sia temporali sia storico-artistici, presentando, allo stesso tempo, alcuni particolari ambienti pittorici. Una vera e propria immersione nel senso della bellezza che parte dai primirinvenimenti effettuati durante gli scavi borbonici nei siti vesuviani nella seconda metà del Settecento: dipinti su marmo, il primo affresco con festoni, il quadretto con la Venditrice di amorini, i pannelli staccati con danzatrici, Satiri funamboli e Centauri e Centauresse. Si prosegue con gli splendidi apparati pittorici dalla villa di P. Fannius Synistor a Boscoreale e poi gli eleganti affreschi dalla villa di Agrippa Postumo, quelli dalla Casa di Giasone di Pompei, gli intonaci e gli stucchi dipinti in IV stile dalle case di Meleagro e dei Dioscuri. Ai temi mitologici è dedicata la sala 73 con gli affreschi dalle case del Poeta Tragico e di Gavio Rufo, e poi ci sono le nature morte e i paesaggi dai Praedia di Iulia Felix. Splendidi gli affreschi dalla Villa Arianna di Stabia con le famose vignette dal cubicolo raffiguranti Flora, Leda con il cigno, Medea e Artemide, per finire con la pittura “cosiddetta popolare”, come la famosa scena con la Rissa tra Pompeiani e Nucerini nell’Anfiteatro, rinvenuta in una casa privata di Pompei, e sei “ritratti”, con espressivi volti di giovani e donne, nonché i busti di Ercole e di Ercole e Onfale. Un percorso emotivo e culturale che lascia senza fiato, che non rappresenta una moda, né una semplice disposizione intellettuale, “quella segreta attrazione per le rovine” che tutti gli uomini provano, che “placa il senso della fugacità della vita umana, consola la nostra pochezza, anche dinanzi alla morte”, piuttosto ereditano e concretizzano le parole di Edwuard Bulwer-Lytton, autore del romanzo “Gli ultimi giorni di Pompei”, che nel 1834, dopo aver visitato le rovine della città campana, scrisse: “… popolare nuovamente quelle strade deserte, ricomporre quelle affascinanti rovine, infondere nuova vita in quei corpi sopravvissuti; attraversare quell’abisso di diciotto secoli e donare una seconda vita alla Città dei Morti.” Un museo, e la direzione del MANN ne è pienamente consapevole, non deve solo custodire la bellezza, piuttosto riallacciare i fili tra passato, presente e futuro, ricordarci cosa è stato e ciò che potrà essere, che spetta a noi contemporanei lasciare un’eredità altrettanto preziosa.