Sulla grave crisi morale e comportamentale che investe la magistratura, il 27 maggio 2020, leggo su “Il Giornale” l’intervista a Giulio Sapelli che parla della magistratura che ha scalato lo Stato e si è impadronita del potere, invadendo il campo della politica, e denuncia l’instaurazione in Italia di una Repubblica Giudiziaria. E di questa “presunta” Repubblica Giudiziaria ne trovo emblematica conferma nell’articolo su “La Stampa”, dello stesso giorno, di Vladimiro Zagrebelsky.
Zagrebelsky, ovviamente, minimizza sul caos e la corruzione che investe i magistrati e dà conferma di essere appunto uno dei più rappresentativi ideologhi e demiurghi di quella presunta “Repubblica Giudiziaria”, rilanciando sul ruolo salvifico e totalizzante dei magistrati. Queste sono sostanzialmente le sue parole: “… Il magistrato non è solo soggetto alla legge nella sua interpretazione e applicazione, ma deve orientarne la lettura in modo da renderla compatibile con la Costituzione e le Carte Europee e Internazionali dei diritti fondamentali ed anche capace di concretizzarne principi e valori … Nelle controversie circa l’applicazione della legge anche nella magistratura si sviluppano orientamenti diversi, legittimi, fondati e fecondi …”
Di fronte ad un proclama del genere (che da tempo è già nell’ordine delle cose), vengono le vertigini, cresce lo smarrimento e la paura circa le possibilità che ancora restano alla Giustizia per ritornare nel suo alveo costituzionale. Non ci rimane che invitare tutti a leggere o rileggere quel mirabile libro che è “Storia della Colonna Infame” di Alessandro Manzoni, ed ispirarsi ad esso per una seria riforma della Giustizia. E ne cito, in particolare, come illuminante esempio quel passaggio riferito al “Potere discrezionale dei magistrati”, che dice: “… Ciò che essi chiamavano arbitrio, fu poi chiamato “Potere discrezionale”: cosa pericolosa, ma inevitabile nella applicazione delle leggi, e buone e cattive, e che i savi legislatori cercano non di togliere, che sarebbe una chimera, ma di limitare ad alcune determinate e meno essenziali circostanze, e di restringere anche in quelle, più che possono …”
(Salvatore Vullo)