Prendono il via nella sua città dell’anima le celebrazioni per il centenario dalla nascita di Michele Prisco, “ artista aristocratico – lo ha definito Antonio Ghirelli – che per sognare i suoi sogni non aveva bisogno, come tanti di noi, di quella partecipazione collettiva, di quella costante immersione nella realtà e magari anche nella polemica che ci sono state così necessarie”. Un distacco dalla querelle che non si è mai trasformato in mancanza di impegno sociale e indifferenza. Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il turismo ha istituito, con decreto del Ministro Franceschini, un comitato nazionale presieduto dal prof. Carlo Vecce che, d’intesa con il Centro Studi Michele Prisco, ha affidato all’Istituto Universitario Orientale l’organizzazione di un intenso programma di eventi previsti a livello nazionale tra Napoli, Roma, Milano e Torino. Il convegno inaugurale, intitolato “Michele Prisco tra radici e memoria”, si terrà nei giorni 19 e 20 maggio 2020, contemporaneamente all’apertura presso la Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III di una mostra di libri e autografi, e la proiezione di un documentario sulla vita e l’opera, basato su materiali di repertorio RAI, sequenze del film Una spirale di nebbia, foto e documenti inediti. Il volume “Michele Prisco tra letteratura e cinema”, presentato nella sede dell’Istituto di Cultura Meridionale a Palazzo Arlotta, è edito dalla Compagnia dei Trovatori, curato da Piero Antonio Toma, disegnato e impaginato da Vittorio Bongiorno, e arricchito con i contributi di Giulio Ferroni, storico ordinario di Letteratura Italiana all’Università La Sapienza di Roma, di Valerio Caprara, critico cinematografico e docente di storia del cinema, e di Alessia Pirro, docente di Letteratura italiana all’università di Dublino. Il libro contiene diciannove brani tratti dai romanzi e dai racconti, e nella seconda parte, ventitré critiche cinematografiche pubblicate sul quotidiano Il Mattino fra il 1975 e il 1979. Un focus sullo stile di Prisco che sintetizza le doti professionali e umane dello scrittore, tra i più recensiti e indagati durante gli anni di attività, poi lungamente trascurato. Sia dagli articoli di giornale sia dalle pagine di narrativa traspare, pur nella differenza dei registri stilistici, il filo conduttore di un impegno militante, quello di una scrittura testimone del suo tempo. Non fu facile per “il signore del romanzo”, nella sovrabbondanza di produzioni, tra film d’autore, commedie all’italiana e pellicole commerciali, restare estraneo a una retorica a tutti costi, rimanere fedele al compito alto dell’intellettuale, osservatore critico di gusti e valori di una società. Rappresentante di una generazione a cavallo di un’epoca storica e letteraria, Prisco sentì fortemente la responsabilità di cercare una nuova via per il romanzo che sembrava ormai incapace di raccontare, attraverso la vecchia strada naturalistica, i cambiamenti profondi prodotti dalla guerra e dalla ricostruzione. “Il ruolo dello scrittore – ha sempre affermato – non è quello di suggerire delle soluzioni perché la sua missione è ad un tempo più modesta e più alta: il romanziere deve forzare il lettore ad interrogare su se stesso e sul senso del suo destino“. Scelse la via riflessiva, dunque, in sintonia con la narrativa europea e americana del Novecento, divenendo indagatore di un mondo apparentemente compatto che, tuttavia, dalle fessure della sua corteccia scheggiata, lasciava trasparire una materia oscura e intricata. Non a caso dalle pagine dell’antologia, faticosamente estratte dai suoi libri, emerge la realtà opacizzata della provincia partenopea e della borghesia. Scrittore complesso e dal lungo respiro, Prisco, ha sottolineato Matteo Palumbo, “mette le mani in una realtà opacizzata, in cui i sentimenti sono soffocati da una nebbia che li rende inconsistenti”. Pagine dense in cui il centro d’interesse è l’uomo, i suoi problemi, il suo essere morale e sociale. Il percorso dedicato al “poeta delle estenuanti malinconie del vivere borghese” e della “vivissima meridionalità”, si preannuncia, quindi, come un fondamentale lavoro di scavo dentro la cultura letteraria del secolo appena trascorso e di quello attuale. Attraverso il suo racconto fatto di atmosfere rarefatte e sottigliezze psicologiche, le problematiche di una società che non c’è più diventano una riflessione sulla dimensione esistenziale della nuova realtà che ci circonda, a conferma dell’immortalità della grande letteratura che in contesti differenti è sempre capace di raggiungere l’intima essenza dell’animo umano.