La dottrina delle
idee di Platone è ascrivibile alla seconda fase o fase della maturità della sua
teorizzazione filosofica: è possibile apprezzare una originalità nella sua elaborazione
filosofica che rivela il superamento della dottrina socratica, la
diversificazione concettuale rispetto ad alcuni filosofi presocratici appartenenti
alla scuola eleatica e il forte contrasto con il pensiero dei sofisti. Affiora
in Platone il problema dell’ontologia come scienza dell’essere che rappresenta
un argomento di assoluta novità rispetto ai filosofi naturalisti presocratici abituati
a spiegare i fenomeni naturali attraverso l’archè
o principio di tutte le cose. Infatti, particolarmente veemente è la sua polemica
nei confronti dei filosofi della scuola sofista come Protagora e Gorgia che
avevano contribuito a diffondere nella società greca la relativizzazione dei
valori, l’utilità come criterio di scelta, l’agnosticismo in campo religioso. Platone,
al fine di fornire certezze agli uomini, costruisce la teoria delle idee che si
oppone al relativismo sofistico. Ma quale è il significato del termine idea? Alla luce di quanto scrive Ferrari
“[…] le idee sono per Platone realtà unitarie, autoidentiche, eterne, inestese,
immutabili, perfette e intelligibili, ossia conoscibili grazie alla facoltà
noetica dell’anima”[1]. La
definizione di idea – a parere di Abbagnano e Fornero – è “il modello unico e
perfetto delle cose molteplici e imperfette di questo mondo”[2].
Come scopre la teoria delle idee, Platone? Egli parte da due problemi che è
possibile sintetizzare così: noi constatiamo che ogni cosa, nel mondo, diviene e che le cose che costituiscono
il mondo sono molte. Perché queste
due constatazioni sono problemi?
Perché se una cosa diviene, per poter divenire, essa deve essere; ma se è, ha
detto Parmenide, essa non può divenire. Inoltre se una cosa è, è una, non molte. Eppure noi vediamo che
non esiste l’albero, ma gli alberi. Ci troviamo di fronte a due
contraddizioni nella nostra esperienza della realtà: le cose sono e divengono; le cose sono unità emolteplicità. Ci deve essere qualche
cosa grazie alla quale ciò che diviene, è e grazie alla quale ciò che è uno è
anche molteplice. Questo qualche cosa
è denominato da Platone idea. L’idea
per Platone è una entità con i caratteri dell’immutabilità e della perfezione intesa
come una ous ossia come una sostanza o realtà
autonoma. La scienza si configura come una conoscenza stabile,
duratura e perfetta in quanto riflette le idee che sono immutabili e perfette.
Al contrario la conoscenza legata all’opinione presenta i caratteri
dell’imperfezione in quanto le cose sono mutevoli, molteplici e imperfette[3]. Possiamo affermare
che, con l’occhio del pensiero, della scienza, le cose sono immobili e
unitarie, mentre con l’occhio delle sensazioni esse sono divenienti e
molteplici. Le idee affondano le loro radici nella scienza e pertanto l’oggetto
della scienza sono le idee: emerge la natura ontologica sia della
scienza che delle idee che presentano come minimo comun denominatore la
stabilità, la immutabilità e la perfezione. La teoria delle idee – scrive Trabattoni – afferma “[…]
l’esistenza di un mondo di oggetti immateriali e intellegibili,
qualitativamente diversi da quelli sensibili, che intrattengono con questi
ultimi un rapporto di unità a molteplicità, di universale a particolare. Ad
esempio, accanto alle molte cose grandi, belle o giuste che compaiono nel mondo
empirico esisterebbero nel mondo intellegibile (talvolta chiamato da Platone
“mondo iperuranio”, cioè sopra-celeste) una grandezza in sé, una
bellezza in sé, una giustizia in sé: tali oggetti, unici e universali,
sottratti al tempo, allo spazio e ad ogni forma di divenire, rappresenterebbero
ciò che sono davvero, nella loro essenza pura e incontaminata, la grandezza in
quanto tale, la bellezza in quanto tale, la giustizia in quanto tale”[4]. L’iperuranio,
inteso come regione sovraceleste – secondo Abbagnano – “[…] è la sede
dell’essere. In questa regione sta la “vera sostanza” (ousia), priva
di colore e di forma, impalpabile, che può essere contemplata solo da quella
guida dell’anima che la ragione, la sostanza che è l’oggetto della vera
scienza. Questa sostanza è la totalità delle idee …”[5]. All’interrogativo
“quali sono le idee?” Platone risponde delineando le coordinate di tre
principali famiglie di idee. La prima famiglia è quella delle Idee-Valori che fa riferimento alla dimensione
etica e politica contenente i concetti del Bello, del Buono, del Giusto. La
seconda famiglia riguarda le idee
degli enti matematici tipo uno, quadrato, angolo, solido. La terza
famiglia comprende le idee dei
relativi che sono le coppie dimensionali come uguale-diverso, grande-piccolo,
doppio-metà, veloce-lento. Per
quanto concerne la funzione delle idee è possibile affermare che esse sono da
intendersi sia come criteri di giudizio
delle cose [significato
gnoseologico] che consentono all’uomo di formulare un giudizio nei
confronti degli oggetti del mondo fenomenico ovvero rappresentano la condizione
di pensabilità delle cose, sia
come cause delle cose [significato ontologico] che tendono ad
imitare i modelli ideali presenti nell’Iperuranio. Un problema complesso è
rappresentato dal rapporto fra il mondo delle idee e quello delle cose: se le
idee – come sostiene Fronterotta – sono interpretabili come causa della realtà
fisica e delle cose sensibili, è necessario riconoscere una relazione fra le
idee e le cose sensibili: essa viene realizzata, per Platone, attraverso una “partecipazione
(méthexis, metálepsis) o comunicazione (koinonia):
le cose sensibili “partecipano” delle idee o “comunicano”
con esse. Tale partecipazione può essere intesa nei termini di una
“presenza” o di una “congiunzione” dell’idea, che si rende
quindi presente nelle (pàrestin, énestin) o “aggiunta alle” (prosgenomene) cose sensibili, che, di
conseguenza, la “possiedono” (échousin)
o la “ricevono” (déchontai)[6].
Un’altra relazione di partecipazione è rappresentata da una somiglianza o eikázein oppure una imitazione o mímesis delle cose sensibili nei confronti delle
idee intellegibili: le cose sensibili si configurano come delle copie delle
idee che invece si comportano come modelli o paradigmi o paradéigmata universali[7]. Nel dialogo platonico Timeo
il filosofo elabora una visione mitica del rapporto fra mondo delle idee e
realtà sensibile: un artefice divino, il Demiurgo, avrebbe modellato lo spazio vorticante
(chòra, hŷle) secondo i modelli
eterni delle idee plasmando i vegetali, gli animali e gli uomini. Ma, come
avrebbe obiettato poco dopo Aristotele, questo è un mito, cioè un racconto, non
un’argomentazione razionale. Vediamo più in dettaglio la questione: il
Demiurgo, il dio-artigiano (demiourgòs),
modella la materia caotica e disordinata (il divenire) sulla base delle idee,
le quali, al contrario, sono espressione di ordine, di stabilità, di simmetria
e di bellezza. L’azione plasmatrice del Demiurgo agisce sulla materia
disordinata (il divenire) per conferirgli una sua forma ad imitazione delle
idee; affiora, dunque, la connessione tra le idee che hanno la funzione di
modello e le cose che hanno la funzione di copie. Un nodo filosofico di particolare complessità, come si è
visto, è il rapporto tra l’unicità dell’idea e la molteplicità delle cose. Platone
affronta criticamente la teorizzazione di Parmenide riguardante il concetto
dell’essere che l’eleate aveva descritto come unico, ingenerato, immutabile,
eterno e finito; l’unicità dell’essere parmenideo si scontra con la
affermazione di Platone che le idee sono molteplici.
Se Parmenide sosteneva che solo l’essere
è, mentre il non essere non è, Platone giustifica
la molteplicità dell’essere proponendo una nuova concezione del non essere che
ora viene inteso come essere diverso.
Al fine di elaborare la propria visione delle idee – sostengono Reale e
Antiseri – costituita da una molteplicità strutturale Platone deve risolvere il
problema di “[…] come possano esistere i “molti” e come possa esistere un “non
essere”[8]. Platone critica la concezione
dell’unità di Parmenide sostenendo che non è possibile pensare l’uno alla luce
di un criterio di assolutezza negando la presenza del molteplice. Il problema della esistenza della molteplicità
viene approfondito nel dialogo Sofista; Parmenide era nel giusto nell’istante
in cui sosteneva la inesistenza del non-essere interpretato come negazione
assoluta dell’essere, ma sbagliava nel credere che questa fosse l’unica forma
di non essere. Il non essere viene interpretato da Platone come diversità o
alterità. Le idee sono diverse ma ogni idea contiene una certa quantità di
essere. Il mondo delle idee è strutturato secondo un modello gerarchico al cui
vertice c’è l’idea del Bene descritta nella Repubblica.
L’idea del Bene è il principio che conferisce ordine, armonia a ogni ente
sensibile e che è responsabile della forma che esso ha, cioè della impronta
ideale che in ogni ente sensibile si può cogliere[9]. La
dottrina delle idee rappresenta una teorizzazione filosofica di ampio respiro
con caratteri di unicità e di novità in campo filosofico che va ad affiancarsi
alla proposta politica contenuta nel testo Repubblica
dove il modello ideale dello Stato (che esiste nell’Iperuranio) si scontra con
una realtà politica e sociale in via di trasformazione che riflette la crisi
del modello tradizionale della polis
verificatasi in Atene dopo la sconfitta militare nella guerra del Peloponneso.
[1] F. Ferrari, Introduzione a Platone, il Mulino, Bologna, 2018, p. 84.
[2] Abbagnano N. Fornero G., I nodi del pensiero. 1 Dalle origini alla scolastica, Paravia Pearson Italia, Milano-Torino, 2017, p. 172.
[3] Abbagnano N. Fornero G., I nodi del pensiero, cit., pp. 172-173.
[4] Trabattoni F., Platone, Carocci editore, Roma, 2014, p. 61
[5] Abbagnano N., Storia della filosofia, vol. I, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino 1974, p. 105.
[6] Fronterotta F., Platone in Cambiano G., Fonnesu L., Mori M. (a cura di) La filosofia antica. Dalla Grecia ad Agostino, Bologna, Il Mulino, 2018, p. 96.
[7] Fronterotta F., Platone in Cambiano G., Fonnesu L., Mori M. (a cura di) La filosofia antica. Dalla Grecia ad Agostino, già cit., p. 96.
[8] Reale G., Antiseri D., Il Nuovo Storia del pensiero filosofico e scientifico, 1 A Filosofia antico-pagana, con la collaborazione di R. Radice, Editrice La Scuola, 2016, p. 178.
[9] Reale G., Antiseri D., Il Nuovo Storia del pensiero filosofico e scientifico, 1 A Filosofia antico-pagana, con la collaborazione di R. Radice, Editrice La Scuola, 2016, pp. 178-179.