Aveva 90 anni ed è stato uno dei più grandi scrittori italiani del Novecento, tuttora un modello di scrittura per molti. Foto Il sole 24 ore

È morto Alberto Arbasino, uno dei più grandi scrittori italiani del Novecento, oltre che giornalista, critico teatrale e poeta. Arbasino, nato a Voghera nel 1930, aveva compiuto 90 anni il 22 gennaio.

Arbasino era diventato famoso e apprezzato per una scrittura umoristica che prendeva in giro perfidamente e bonariamente costumi e vizi, fondendo narrativa e saggistica, mescolando generi letterari, espressioni popolari, vocaboli raffinati, e che si appoggia su un atteggiamento generalmente divertito, scherzoso, borghese e leggero nella forma come nel contenuto. Il suo primo libro, Le piccole vacanze, uscì per Einaudi nel 1957, con l’editing di Italo Calvino: è una raccolta di racconti ambientata ai tempi della guerra, sulla vita in provincia di chi passava il tempo in attesa che la guerra finisse; molti erano stati scritti quando Arbasino aveva poco più di vent’anni e dimostrano già un’impressionante sapienza nella scrittura.

Altre opere importanti sono il romanzo L’Anonimo lombardo, uscito per Feltrinelli nel 1959; Fratelli d’Italia, pubblicato nel 1963 con Feltrinelli, poi ampliato nel 1967 per Einaudi e poi ancora nel 1991, quando uscì per Adelphi con 1.400 pagine: mette in primo piano le avventure di due omosessuali che girano l’Italia e l’Europa e ritrae sullo sfondo l’ambiente culturale e artistico italiano dell’epoca; La bella di Lodi, un racconto sul boom economico poi diventato un film con Stefania Sandrelli nella parte della protagonista; Super Eliogabalo del 1969, la sua opera più surrealista, definita pop, kitsch, camp e quant’altro, che racconta il weekend di un giovane imperatore romano di allora, tra ville, orge, spettacoli folli a Ostia, nel tentativo di fuggire famiglia, debiti e responsabilità.

Nel 2014 pubblica con Adelphi Ritratti italiani, nel 2016 Ritratti e immagini: due raccolte di biografie, incontri e dialoghi con eminenti personaggi della cultura italiana e internazionale, da Federico Fellini a Nabokov, da Gianni Agnelli a Truman Capote.

Scrisse sui giornali per tutta la vita – sul Corriere della Sera, sul Giorno e sulla Repubblica – dove si occupò soprattutto della narrazione, sottilmente perfida, crudele, pessimista e divertita, dei costumi del tempo. Fu anche deputato come indipendente per il Partito Repubblicano Italiano, tra il 1983 e il 1987.

Arbasino fu esponente di punta della Neoavanguardia e in particolare del Gruppo 63 ed è considerato l’erede letterario di Carlo Emilio Gadda. Il suo stile di scrittura, il suo gusto e il suo sguardo sulla società hanno fatto scuola e ora sono in molti – sia romanzieri che giornalisti di cronaca e di costume – a considerarlo un maestro e a imitarlo.