Molti analisti politici non si sa bene in base a quali considerazioni – la storia non si ripete mai – prevedevano il riproporsi in Italia del Fascismo a distanza di cento anni dalla sua nascita . Ed hanno sostenuto questa tesi con vigore, vedendo nel pericolo nero una minaccia alle istituzioni repubblicane. La stessa Commissione Segre venne istituita con lo scopo di arginare questa minaccia. Il Coronavirus ha cambiato il corso della politica e non c’è più nessuno che parli del virus fascista. Neppure l’ANPI che si diletta di esibirsi in manifestazioni faziose che snaturano il senso vero di un antifascismo non rituale, non ha continuato a gridare al lupo. In conseguenza del virus sembra invece che sia risorto il Socialismo. Il Sindaco di Milano si dichiara di estrema sinistra e propone l’ipotesi socialista come panacea di tutti i mali. Romano Prodi (che svendette le proprietà pubbliche ai privati) oggi propone la presenza dello Stato nelle imprese come azionista e quindi controllore. Lo studioso di storia delle dottrine politiche Pier Paolo Portinaro ritiene che il ruolo del privato vada totalmente ridiscusso, parlando in occasione della festa della “Repubblica al tempo del Coronavirus”. Anche i Cinquestelle vorrebbero ricondurre la vita del maggior numero di italiani ad un reddito statale ed assistenzialistico e la politica del Governo Conte, incapace di dare appoggio alle imprese private, sta mettendo le basi per un declassamento sociale ed economico di molti che avevano saputo fare impresa e produrre ricchezza. A questo proposito c’ è stato chi assurdamente ha detto che produrre più ricchezza (che sempre genera maggiore benessere ) alimenta più povertà. Un paleo – socialismo si sta profilando all’orizzonte. Un pauperismo da decrescita infelice sta crescendo come una sinistra minaccia al nostro futuro. Non sono queste la vie giuste per affrontare la crisi. La ricchezza prima va prodotta o riprodotta e poi eventualmente redistribuita secondo i meriti e non secondo i criteri dell’assistenzialismo. Anche cento anni fa, con la nascita dell’ultimo Governo Giolitti, entrava in crisi comatosa lo Stato liberale e i socialisti e i comunisti pensavano di ripetere in Italia la rivoluzione bolscevica del 1917 in Russia . La storia non si ripete mai perché i contesti sono sempre diversi ed essa non è mai un paradigma per il presente. Certo, cent’anni fa lo Stato liberale non resse all’ urto di bolscevichi e fascisti . Oggi questo Stato appare uscito non indenne dal disastro del virus al di là delle apparenze. C’è una crescente sfiducia da parte di tanti cittadini . Vorrei denunciare la deriva a sinistra che si sta intravvedendo e che ritengo una minaccia al quel pochissimo di democrazia liberale rimasta. Non sono un liberista senza regole alla Bruno Leoni. Nella polemica che divise Croce ed Einaudi sul liberalismo e sul liberismo mi sarei schierato con Croce, che difendeva il primato del liberalismo rispetto al liberismo economico einaudiano. Ma oggi in Italia sono in gioco le fondamenta stesse dello Stato liberale che vanno difese con un’iniezione di liberismo economico, l’unico capace di far riprendere il Paese. L’ipotesi egualitaria e giacobina che sta emergendo, mi fa venire un brivido dietro la schiena quasi come la pandemia. La giustizia sociale nella libertà, il socialismo liberale di Rosselli e la socialdemocrazia di Saragat sono tutt’altra cosa.
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