So che con questo scritto mi attirerò addosso “le ire funeste” degli animalisti, ma come chi mi legge sa, amo parlare in modo lucido e provocatorio dei fenomeni umani.

In questo momento molto delicato della nostra storia, quella umana intendo, ovunque impazza la pets-mania, cioè l’esposizione, l’esaltazione, l’antropizzazione insomma degli animali, la tendenza a considerarli umani e spesso a sostituirli agli umani stessi. I Social sono pieni di profili che hanno foto di cani e gatti, nonché altri animali di uno zoario molto nutrito, come immagini di copertina; innumerevoli sono i post che lanciano campagne di sensibilizzazione per adozioni, ricerche di bestiole smarrite e auguri di morte e sofferenze terribili verso chi si è macchiato di violenze sui poveri animali. Da dove arriva tutto questo trasporto verso di loro e, in modo direttamente proporzionale, il disinteresse verso l’Uomo? Non prendete per cinico il mio atteggiamento critico verso il fenomeno, sono da sempre innamorata degli animali, mai gli farei del male, ma conosco bene quali sono i rispettivi ambiti. A otto anni mi feci regalare l’enciclopedia della Fabbri e a dieci conoscevo qualunque cosa su di loro, anche la tassonomica linneiana e la suddivisione in Ordini. Il mio amore crebbe al punto che mi iscrissi a Biologia e il primo esame sostenuto fu quello di Zoologia, per il quale presi un ovvio 30 e lode. Con questo voglio sgombrare il campo da accuse di insensibilità, ne so mille volte di più sulle care bestiole dell’utente medio gattaro o canaro di Facebook.

Torniamo a noi, si noi umani; già dai tempi di Esopo e Fedro, passando poi per La Fontaine, sino ad arrivare a Walt Disney, ci abbiamo provato a rendere umani gli animali, con la differenza però che i grandi Autori appena citati usavano le bestiole solo per fare morale e per parlare dei topoi comportamentali umani; noi facciamo di più, li abbiamo antropizzati, sostituiti a noi, cioè resi umani tout court, vestendoli, acconciandoli, trattandoli da nostri pari, anzi molto meglio. Cani e gatti sono membri della famiglia, festeggiamo il loro compleanno con torte di carne, cappellini, regali e candeline, li vestiamo con ridicoli pagliaccetti, li portiamo ad acconciare, persino gli dipingiamo le unghie e li tatuiamo, nei casi più folli. Esistono passeggini per cani, cliniche di riabilitazione, piscine, alberghi, persino pompe funebri per animali, i cui addetti vengono a prelevare il piccolo estinto, ne curano le esequie con grande onore e restituiscono le ceneri, che dichiarano con orgoglio professionale, essere state ottenute esclusivamente dalla nostra bestiola, non in un orgia collettiva di cremazione da inceneritore veterinario. Ho recentemente scoperto che in una provincia del Nord Est operoso e produttivo è stata aperta una pasticceria per animali domestici, dove si possono acquistare il Candoro e il Canettone, non dico altro… 

Giusto per dare i numeri, metto al corrente chi legge che in Italia il giro d’affari che ruota attorno ai Pets è di quasi due miliardi di euro annui, dati dell’Osservatorio Nazionale dei Consumi, circa mezzo miliardo in più di quello che si spende per i bambini e la prima infanzia. Per gli appassionati di Ecologia e per i Vegani modaioli e non, riporto i dati del World Watch Intitute americano, che evidenziano come due cani di grande taglia, pastori tedeschi, husky, labrador etc. etc., in un anno consumino più risorse terrestri di un abitante del Bangladesh, a voi i commenti.

Cosa ci è successo? Che cosa ci ha portato ad amare più gli animali dei nostri simili? Non facciamo più figli ma trattiamo gli animali come tali, anzi li paragoniamo ai bambini senza ricordarci che non sono la stessa cosa, che l’uno non vale l’altro.

Li consideriamo a tutti gli effetti umani, li facciamo sedere a tavola nei ristoranti, a tal proposito ci sono locali dove cani o gatti fanno parte dell’arredamento e si possono consumare cibi o bevande accarezzando Fuffy o Fido. Non è inusuale vedere persone condividere cibo bocca a bocca con gli adorati amici, dimenticando che sino a due minuti prima avevano annusato cacche sull’asfalto, apparati escretivi di altri cani o appena pulito il proprio (non si permettano gli animalisti ortodossi a dirmi che i batteri degli amici a quattro zampe aiutano il nostro sistema immunitario, sono una biologa clinica e conosco molto bene le centinaia di microbi, virus, parassiti che popolano i genitali di cani e gatti, e vi assicuro che non sono per nulla innocui).

Gli animali domestici non sono persone, abbiamo dovuto scomodare il Papa, Francesco il Rivoluzionario, per ribadirlo; il pover’uomo, che per aver affermato che mostriamo più Pietas verso gli amici domestici che verso i nostri simili (soprattutto immigrati e poveri del mondo, n.d.r.), è stato brutalmente attaccato sui Media per la sua insensibilità ed è stato tacciato di anti-animalismo.

 Diceva Jean Paul Sartre: “quando amiamo più gli animali, li amiamo a spese degli uomini”.

Di che si tratta: moda, commercio?

Credo sia l’una che l’altro, ci aggiungerei anche l’inarrestabile perdita dei valori universali, che ha permesso che questa scelleratezza si compisse. Conoscete la mia vis polemica verso  l’industria, in questo caso devo rivolgerla a quella dei prodotti per animali, che rappresenta uno dei pochi settori in crescita nel nostro Paese, che propone ogni possibile prodotto ed ausilio per rendere piacevole la vita di padroni e pets, che semplicemente alimenta bisogni sino a qualche decennio fa sconosciuti e produce fatturati da capogiro. Per quello che concerne la moda, di sicuro sfoggiare un tremante cagnetto nel  trasportino fashion, vestito da piccolo lord e con il collarino brillantato, ci fa sentire molto cool, appartenenti ad un  ceto sociale grintoso ed emergente, che poco ha di animalista ma che trasmette un modello socialmente vincente.

Quando si parla di valori la faccenda si complica.

Mi piacerebbe individuare il punto esatto in cui qualcosa si è rotto, il momento preciso in cui gli esseri umani hanno smesso di amarsi e rispettarsi e hanno traslato questi sentimenti sugli animali. Penso esistano diverse motivazioni, da un lato la delusione verso i propri simili, cosa che trovo inspiegabile poiché i nostri simili siamo noi, dall’altro la facilità di manipolazione degli amici a quattro zampe. Occuparsi di un figlio, partorirlo, crescerlo, educarlo, garantirgli un futuro richiede uno sforzo duraturo, proiettato in termini di programmazione, gestione, energie educative, pratiche e uno sforzo emotivo che un animale non richiede. Se ci stufiamo di portare la bestiolina a fare i bisogni o a tenere pulita la lettiera, possiamo abbandonarla con maggiore facilità, al limite ci attiriamo qualche anatema sui Social. Un animale non chiede nulla, è facile da gestire, ci solleva dall’impegno educazionale, non ha bisogni se non quelli basici del cibo e delle necessità fisiologiche, basta un po’ di affetto e lui è felice; molto più complicato occuparsi di un figlio o gestire complesse relazioni umane, in cui ci sono contraddittori, esigenze evolute e, soprattutto, capacità di reazione e interazione dell’altro. Non lasciamoci travolgere dall’incondizionato trasporto emotivo verso gli amici a quattro zampe, rispettiamo anche i nostri simili, non assumiamo l’atteggiamento garantista all’opposto, obbligando tutti a sopportare la presenza dei nostri protetti, al ristorante, al mare, ovunque. Non guardiamo in cagnesco il vicino di ombrellone se protesta di avere Fido che scava accanto alla sdraio o se al tavolo dopo c’è un volpino seduto come un cristiano, con tanto di bavagliolo.

In tutto questo egoismo, perché per me il trattare gli animali come esseri umani questo è, ci scordiamo di loro, degli oggetti del nostro amore incondizionato, non ci rendiamo conto di ridicolizzarli, di creare dei pupazzi animati da sfoggiare come accessori delle nostre vite. Perché se solo ci restasse un briciolo di animalismo, quello vero, e se davvero fossimo capaci di provare sentimenti profondi, ci accorgeremmo degli sguardi tristi delle bestiole, della loro paura quando li portiamo ad imbellettare o gli facciamo fare cose da umani e ci vergogneremmo di sentirci più trasportati emotivamente dalla notizia di un cane bastonato a morte, piuttosto che vedere la foto di Omar, un bimbo di neppure due anni, affogato in uno dei naufragi dell’immigrazione.

Non è un banale confronto il mio, purtroppo quel che scrivo è abbondantemente e tragicamente supportato dalla realtà.

Qui non si tratta di elidere un comportamento a favore di un altro, si tratta di recuperare umanità e buon senso; se teniamo davvero agli animali non trasformiamoli in umanoidi muti e supini ai nostri voleri, salvaguardiamo gli habitat in cui vivono, cerchiamo di non violentare oltremodo la Natura; per gli animali domestici serbiamo il giusto rispetto, trattiamoli come compagni di vita, non nostri simili, rispettiamo le loro peculiarità, che non sono umane; amiamoli senza ridicolizzarli e conserviamo pietà e dolore anche per gli uomini meno fortunati, la cui unica colpa sembra essere di non avere peli sul corpo, non abbaiare e non saper scodinzolare.

Bau a tutti.